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Invisibile

Sociale e Cronaca

INVISIBILE

Sally capiva quelli che vogliono sparire, che decidono di andarsene, rinunciando a tutto e a tutti. Quelli che poi li cercano i carabinieri, le squadre di soccorso, le trasmissioni televisive e non li trovano più.

Centinaia di persone ogni anno se ne vanno nella terra degli scomparsi. Molti di loro lo decidono spontaneamente e Sally comprendeva la loro scelta; dire ‘ basta’ una buona volta, non voler più dare una centesima possibilità a qualcuno che se ne approfitta sempre, che ti ignora, che non ha tempo per parlarti. Che non vuole perdere neppure un minuto della sua vita per la tua che è ormai vita fottuta.

Ci pensava qualche volta, ma ancora non si sentiva pronta. Perché se avesse deciso di andare via, non sarebbe stato per farsi ritrovare un giorno o l’ altro, con le telecamere che ti riprendono, con il giornalista deficiente che ti vuole intervistare, sapere, curiosare in quella tua fottuta vita che continua a rimanerti pesantemente addosso.

Sally se ne sarebbe andata, ma non per togliersi la vita buttandosi da qualche dirupo o da qualche ponte.

Quel tipo di fuga non le piaceva, ne aveva paura. Sarebbe stato come farsi assassinare dalla disperazione personificata, e lei, se si fosse trovata davanti un aggressore armato, sarebbe fuggita con tutto il suo debole fiato, roba da farsi scoppiare il cuore in quella corsa forsennata.

Pensava di partire portando con sé uno zainetto con l’ essenziale e la sua carta di credito. Quella sì, perché aveva lavorato una vita per avere quella pensione, pochi soldi, ma sufficienti per andare così, all’ avventura. Alla sua età era tardi? Non per lei, che non si sentiva ancora una vecchia babbiona. Niente telefono cellulare, però: basta con quell’ aggeggio infernale, con le tracce che lascia agganciandosi alle celle… Sarebbe diventata una nomade, una senzatetto, oltre che una scomparsa.

L’ idea era proprio quella di andarsene senza una meta, su un autobus, su un treno, e poi a piedi, attraversare paesi mai visitati e altri familiari, senza dormire per strada sui cartoni, perché aveva paura di essere aggredita. Meglio un dormitorio pubblico, oppure chiedere ospitalità in un convento, ma non ci sperava che l’ avrebbero accolta. I preti e le suore non accolgono che a pagamento: avrebbe dovuto sborsare per entrare.

Per mangiare si sarebbe arrangiata, non alle mense Caritas, perché erano per i veri poveri e lei non si sentiva così, aveva pur sempre un reddito, anche se piccolo.

Avrebbe camminato sotto la pioggia battente, o con il vento che ti entra fin nelle ossa, oppure con il sole che ti spacca in due, per sentirla, prima di morire, la vera fatica della vita. Come la sente gran parte della gente che sta su questa terra.

Non come quelli che aveva incontrato, frequentato conosciuto, quelli non approverebbero mai una scelta così radicale. Che ne può capire la gente benestante, proprietaria di appartamenti, che ogni anno parte per la settimana bianca e ad agosto fa le vacanze su un’ isola del Mediterraneo, che va in palestra, mangia biologico, ama gli animali, ma non ci convive, vota giusto, e qualche volta va anche in chiesa? Gente che ha il conto in una banca all’ estero, perché ‘ il tasso d’ interesse è più conveniente’ e intanto evade il fisco come può, che affitterebbe la seconda casa in nero e siccome non ci riesce si lamenta sempre degli inquilini o delle tasse; quando parla dei migranti dice che dovrebbero starsene a casa loro, che le guerre se le sono cercate, che non si lavano, puzzano e diffondono malattie.

Ecco da chi voleva fuggire Sally.

Non ne poteva più di quella forzata convivenza, di non rispondere male a certi commenti, di fare finta di non sentire certe espressioni.

I suoi parenti? Pochi, ma anche quelli bisognava lasciarli stare, perché ovviamente non conoscevano niente altro che le loro ‘ esigenze’, i loro ‘ bisogni’. Poverini! Purtroppo dovevano comunque vivere la loro vita, possibilmente al meglio, sempre pronti a chiedere, a pretendere. Infondo avevano pure ragione: lei non avendo più un cazzo da fare per tutto il giorno, poteva, anzi doveva aiutarli, no?

Come se prima, quando lavorava, non avesse già impegnato tutto il suo tempo ad accontentarli, assecondarli, compiacerli. Senza ricevere mai un ‘ grazie’ vero, di quelli che lei avrebbe desiderato.

Perché a dire ‘ grazie’ ci vuol poco, sono sei lettere, quanto ci vorrà a pronunciarlo? Ecco, due secondi. Il tempo minimo, perché il tempo, si sa, è prezioso e nessuno te lo regala; ma due secondi sono il minimo del riconoscimento, la dose di gratitudine che soddisfa chi la riceve e siamo tutti a posto con la coscienza. Che poi, a guardare bene e a dirla tutta, a che serve oggi la coscienza?

Sally aveva letto il romanzo di Svevo e si era pure divertita, perché quel narratore certo scriveva da dio e usava l’ ironia giusta parlando di ‘ coscienza’. Una roba già fuori moda, astrusa e stravagante nel 1923, figurarsi nel terzo millennio!

La coscienza era una parola da ritrovare dentro dizionari polverosi, mica su un motore di ricerca. Lì ti rimandano a Svevo, al suo romanzo, oppure ad una serie di stupidi aforismi, cioè frasi estrapolate da contesti, pronti per essere usati in un blog, sulla pagina di un social, per fare colpo sugli ‘ amici’, magari associandole a foto e disegni.

Perché si sa che le immagini fanno più colpo delle parole, sì, ma solo per qualche istante, forse tre o quattro secondi, dieci al massimo. Poi tutto viene azzerato, in nome della preziosità del tempo- vita, e delle mille ‘ cose inutili’ da fare e da dire, come dice una canzone che lei canta spesso.

Di mestiere Sally aveva fatto la maestra e le era piaciuto molto lavorare con i bambini. Loro parlano tanto, vogliono sempre comunicare i loro piccoli pensieri, e poi non hanno la fissa del tempo- vita. Certo, perché per un istinto naturale sanno che ne avranno tantissimo di tempo e allora possono anche ‘ perderne’ un po’. Ma le cose che dicono e fanno i bambini non sono mai inutili, questo Sally lo aveva sempre creduto fermamente.

Ciò che fa un bimbo non è mai superfluo: intanto lo aiuta a vedere meglio il mondo che lo circonda e poi è come una carezza data alla natura, che queste cose lei sola, sì, le apprezza e tanto. Gli adulti se ne accorgono poco o niente, raramente s’ inteneriscono, perché vengono immediatamente fagocitati dal tempo- vita.

Ne erano passate di generazioni da quando aveva cominciato a lavorare. Aveva appena diciotto anni quando si era diplomata maestra e dopo due anni già lavorava in una scuolina di un paese sperduto tra i monti della provincia.

Lì c’ erano solo cinque classi e i bambini vivevano tutti in un contesto sociale di quasi povertà, ma erano sempre allegri e scoppiavano di energia.

La chiamavano ‘ signorina maestra’ e quando le chiedevano il suo nome, rimanevano tutti a bocca spalancata.

“ Mica sei straniera?” chiedevano incuriositi. Allora Sally doveva per forza raccontare loro un pezzetto della sua storia, che prima di emigrare in America, dove lei era nata, suo padre Francesco faceva il pescatore a Sant’ Isidoro, in provincia di Lecce e non riusciva a mantenere nemmeno Lucia con cui si era appena sposato.

In America, vicino New York, avevano lavorato per dieci anni, la madre come cameriera, il padre come manovale e poi si erano decisi a tornare, ma non al proprio paese, dove di sicuro avrebbero trovato poco o niente da fare.

Così si erano stabiliti in quella regione del nord, ottenendo ciascuno un posto in fabbrica, per tirare su cinque figli, che poi i due maschi se n’ erano ripartiti a diciotto anni per Cardiff, dove facevano gli operai, le sorelle, sposate con due militari di ferma, stavano in altre città del nord, e lei, l’ unica che s’ era diplomata maestra, se n’ era rimasta a vivere con i genitori anziani e malati, fino a che non erano morti.

Questo pezzetto della sua storia aveva sempre affascinato i bambini delle prime classi, ma solo nei primi anni del suo lavoro, quando i suoi alunni dicevano ancora “ Grazie, signorina maestra”, a merenda mangiavano ancora pane e salame, facevano le ‘ orecchie’ a libri e quaderni, li macchiavano con l’ inchiostro dei pennini e con le dita unte; quando lei era contenta lo stesso, si interessava di quello che le raccontavano e scrivevano sui loro ‘ quadernini di parole’, come li definiva lei, perché l’ espressione ‘ pensieri’ le sembrava eccessiva per dei ragazzini di otto o nove anni. Diceva “ Bambini, per favore, state attenti!” e loro spesso la guardavano preoccupati da quei rimproveri. Qualcuno di loro allora aggiungeva “ Però non ci picchiare anche tu”, lasciando intendere che in famiglia i genitori ci andavano pesanti con le punizioni.

Poi, nel giro di pochi anni molte cose cambiarono, i bambini cominciarono a disinteressarsi del suo nome, lei non rivelò più nulla di sé e delle sue origini, mentre loro continuavano a parlare delle loro cose importanti, i giochi che possedevano, quelli che desideravano; mangiavano merendine già pronte, di quelle che le mamme compravano in pacchi offerta al supermercato, non macchiavano più i libri, ma continuavano a bistrattarli, con strappi ai fogli, disegni strani e parolacce.

Li aveva amati tutti ugualmente, come fossero stati suoi figli, anche quando di figli suoi ne ebbe due.

Non si sposò mai, ma ebbe il suo uomo, neppure un compagno di vita, Mauro, uno ‘ di passaggio’, non solo perché faceva come lavoro il trasportatore e quindi viaggiava per lunghi periodi, ma soprattutto per il fatto che era già sposato, aveva la sua famiglia e altri figli.

Con lui aveva messo al mondo Vincent e Frank, poi se l’ era cresciuti da sola, senza mai lamentarsi con Mauro e la loro storia era andata avanti, perché era lui l’ unico uomo a cui Sally volle davvero tanto bene.

Anche a Mauro non dispiaceva rimanere ‘ di passaggio’ nella vita di Sally, che non chiedeva mai nulla né per sé né per i piccoli. Quando rimase incinta la prima volta, lui le disse subito che non poteva lasciare la sua famiglia.

“ Lo capisci, vero, che non è possibile? Quella mi ammazza se sa di te e del bambino.”

‘ Quella’ era la moglie, che poi comunque seppe tutto, perché, anche se abitava in un altro paese, qualcuno glielo andò a riferire di Sally, che era incinta, ma lei preferì tenersi il marito e tutte le corna che le metteva, perché Mauro aveva una donna in ogni posto dove sostava anche per una sola notte. Sally l’ aveva intuito subito, quando gli lavava qualche indumento e trovava certe tracce inequivocabili, ma lo stesso continuò a voler bene a quell’ omaccione grande grosso ed egoista e ci volle fare anche un altro figlio, tenendoselo come ‘ uomo di passaggio’.

In città, dove si era trasferita con il piccolo Vincent, la gente spettegolava, perché nel quartiere era come stare in un paese dove tutti si conoscevano e di lei sapevano che era maestra, che non era sposata e neppure aveva un convivente, ma uno di fuori che faceva il trasportatore per una ditta di salumi.

Alla seconda gravidanza Mauro non le disse nulla, perché cosa c’ era da dire ad una a cui stava bene tutto?

Mauro non le dava un centesimo, solo a Natale e per i compleanni faceva qualche regalino a lei e ai ragazzini, roba da poco che comprava alle fiere e ai mercatini.

Alla gente ed anche ai suoi figli Sally raccontava sempre la solita bugia, che il loro padre se n’ era andato senza dare più notizie e che Mauro era lo zio e gli dovevano voler bene. Purtroppo un giorno Mauro morì in un incidente stradale e per lei fu un grandissimo dolore. Volle andare al funerale e per tutto il tempo pianse come una fontanella, ma la moglie di Mauro non la degnò neppure di uno sguardo.

“ E’ morto lo zio Mauro! Che disgrazia infinita per me!” lo scrisse a Vincent e Frank, che finite le scuole di periti tecnici, se n’ erano appena partiti entrambi, uno per il Canada, l’ altro per la Germania, a cercare lavoro.

“ Tanto tu hai la scuola” le aveva detto Frank, prima di partire. Due ‘ grazie’ in meno, pensò Sally, anche se quella parola l’ avevano detta di rado: si sa come sono i giovani, poi specialmente i maschi; è proprio raro che si ricordino di ringraziare per qualcosa.

La sua unica amica Emma le diceva di non aspettarsi nulla dal prossimo, a cominciare dalle colleghe che si erano comportate come estranee verso di lei fino al giorno in cui si era pensionata.

Tutti sapevano che era nata in America e la gente non l’ aveva mai considerata bene e spesso e volentieri faceva allusioni alla sua condizione di donna madre senza un marito né un compagno. Del resto un’ emigrata, figlia di meridionali, doveva essere grata di abitare in quella provincia del nord, di averci lavorato per una vita, insomma si aspettavano che dicesse lei ‘ grazie’ di tutto quello che aveva ricevuto per lei e per i suoi figli.

Sally spesso pensava che Vincent e Frank avessero deciso di andarsene via proprio a causa di una specie di disagio che si erano sentiti addosso in tutti quegli anni, per un padre mai avuto, per le cattiverie che forse avevano sentito sul conto della madre e del suo amante. Neppure si erano confidati con lei se qualcuno li aveva chiamati ‘ terroni’, si erano tenuti tutto dentro, per non darle dispiaceri.

Erano passati già tre anni dalla morte di Mauro e a parte mettere i fiori sulla sua tomba, e poi scoprire che la moglie li buttava nel bidone dell’ immondizia, non le restava che il ricordo di quel poco di tempo trascorso insieme.

Le mancavano le volte in cui lui decideva di passare la notte con Sally e lei mandava i suoi figli a dormire a casa di una vicina, e quando doveva tornare a casa, oppure era in partenza per lavoro, e allora, per qualche ora di pomeriggio, se la portava in un alberghetto vicino alla stazione, in una stanzuccia senza pretese con una vecchia brandina matrimoniale mezza scassata su cui la faceva sdraiare e la ricopriva di baci.

Ci pensava e ci piangeva su, come se Mauro fosse stato suo marito, e, guardando la foto fatta insieme, diceva sempre ‘ grazie, amore mio’ per tutto quel bene che s’ erano dati.

Se almeno ci fosse stato qualche vedovo disponibile e che le volesse un po’ di bene, ma Sally avrebbe dovuto accettare ancora qualche altro ‘ di passaggio’, un pensionato ammogliato e annoiato, che l’ avrebbe tenuta come una specie di passatempo, per quando non sarebbe andato al circolo a giocare a carte… Così no, Sally non voleva, non se la sentiva più. E nemmeno poteva andare a vivere vicino a Vincent o a Frank, che avevano la loro vita, ragazze, amici; non sarebbe stato giusto: una madre tra i piedi non la volevano di certo. Non le restava che la fuga, o meglio sparire. A questo pensava, mentre metteva in una sacca qualche indumento, lo spazzolino e il dentifricio, la foto dei suoi figli, un giaccone per l’ inverno che si avvicinava.

Ecco che di colpo si sentiva pronta per il grande salto.

Sì, lo vedeva come un gettarsi da un costone di roccia, per provare l’ ebbrezza del volo, non per uccidersi.

Il suo paracadute era la sua pensione e non avrebbe mai potuto tradirla. Considerò che quando sarebbero arrivate le bollette, nessuno avrebbe pagato e le avrebbero staccato tutto, ma cosa le importava, se ormai in quella casa non ci sarebbe più tornata?

Ed era anche difficile che ci potesse entrare qualcuno per abitarla in sua assenza, però non si poteva mai dire.

Del resto in quel modo sarebbe stata ancora utile e lei Sally non era un tipo possessivo, specialmente nei confronti di quel piccolo bilocale, comprato a buon prezzo e sistemato senza pretese.

Lo zaino era pronto. Le sembrò che non mancasse nulla. Aveva preso con sé anche le due scatole con le compresse per la pressione.

Se si fosse sentita male, qualcuno l’ avrebbe portata in un ospedale e lei avrebbe finto di non ricordare più chi fosse. Ma i figli l’ avrebbero cercata, si sarebbero preoccupati e questo le dispiaceva un po’, anche se era convinta che, passato un po’ di tempo, un anno o due, senza più trovarla, si sarebbero rassegnati, pensandola morta. Del resto cos’ era la morte se non una scomparsa definitiva dall’ esistenza degli altri, di quelli con cui sei entrata in contatto?

Lei stava per scegliere una morte ‘ non morte’, un modo per non esistere, ma continuando a vivere. La differenza con i veri morti era che per loro c’ era la tomba, un posto in cui sarebbero rimasti, semmai i vivi se ne volessero ricordare; lei, invece, sarebbe andata in giro per il mondo, vivendo una vita senza radici e senza rimpianti, facendosi dimenticare del tutto, perché non avrebbe avuto che una sepoltura anonima, o forse neppure quella, se per caso fosse deceduta lungo il cammino. Una scelta di libertà che la svincolava per sempre dal consorzio umano.

Chiuse gli interruttori generali, prese gli occhiali da sole, anche se il cielo di quella fine di settembre era grigio e annunciava l’ arrivo dell’ autunno. Sally sorrise tra sé pensando che nessuna stagione sarebbe stata migliore per quel suo progetto di fuga.

Ora si apparteneva completamente, ora per la prima volta sentiva che tutto sarebbe stato improvvisazione, decisone del momento, il mondo sarebbe stato davvero nelle sue mani. Solo pensarlo dava una bella sensazione e, dopo aver chiuso con le solite tre mandate la porta della sua casa, infilò il viottolo di retro, sul quale a quell’ ora non avrebbe incontrato nessuno. Il sentiero era stretto e tortuoso, ma neppure troppo lungo; l’ aveva percorso forse due volte da quando aveva comprato quella sua casetta.

Si sa che quando si è abituati a muoversi con la macchina, certe stradine si evitano, ci sono le vie asfaltate, diritte e comode se si ha fretta; Sally ormai non ne aveva ed era una sensazione molto piacevole.

Così percorse tanta strada senza sentirsi affaticata, lei che non era neppure abituata alle lunghe passeggiate, pensando che passo dopo passo si addentrava anche lei come tanti altri in una terra nuova, dove si diventa invisibili agli altri, anche se la vita non si ferma, non si esaurisce, continua, ma non come prima.

Si guardò intorno stupita come una persona che aveva riacquistato la vista dopo una lunga malattia agli occhi. Vide un paio casolari di agricoltori, spiazzi erbosi e insieme arsi dal sole estivo, sentì il canto degli uccelli e la voce del vento che tra i cespugli e i rami degli alberi la inseguiva. In quel momento la cosa che più desiderava era continuare a provare stupore per tutto ciò che per lei era come nuovo e la stava accogliendo.

Dopo aver percorso forse un paio di chilometri, percepì anche un altro richiamo: lo vide da lontano, il mare, e provò l’ emozione di chi si lascia conquistare da qualcosa di grandioso. Come fosse stata la prima volta nella sua vita, era lì davanti a lei, grigio e spumoso che la salutava così, con quelle onde bianche che a distanza sembrano piccole piccole; lo vide e non ne ebbe timore, capì immediatamente che non poteva essere lo stesso mare che aveva visto tante altre volte, d’ estate, fermo come un lago tranquillo, e non era neppure quella furia scatenata che in qualche ventosa giornata invernale, a guardarlo, le metteva paura.

Quello che aveva conosciuto era il mare di una che poi sarebbe tornata indietro; questo, invece, le appariva come un vecchio amico che l’ aspettava per abbracciarla, alzando le onde per la gioia.

Sally pensò che fosse giusto ricambiare quell’ accoglienza e dire a lui quel ‘ grazie’ che lei, quasi sempre invano, s’ era aspettata dagli altri.

Comprese in un solo attimo che era molto più gradevole dirlo che sentirlo, e allora gridò: “ Grazie!” e lasciando lo zaino sulla sabbia, cominciò ad affrettare il passo.

Gli ultimi metri li fece di corsa fino a bagnarsi le scarpe, le calze, i pantaloni. Infine si tuffò, ridendo felice, per ricevere quell’ abbraccio fresco, ma di sicuro pieno di calda accoglienza. Stava per entrare nel mondo degli invisibili, là dove c’ erano mari, terre senza confini e ancora tanta vita.


Bianca M Sarlo 19/01/2016 12:31 1 1135

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Ogni giorno molte persone si perdono, non tornano a casa, non si fanno ritrovare... Il racconto prova ad immaginarne una con i suoi pensieri e il suo vissuto»

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«Scomparire senza morire, godere della sottile ebbrezza di immaginare che quando moriremo per davvero non se ne accorgerà praticamente nessuno, guardare la vita degli altri senza essere osservati da persone a noi note è forse uno dei più antichi desideri dell'umanità (probabilmente già ben riassunto nell'infantile gioco del nascondino): è su ciò che la narratrice ci invita a riflettere in questo suo bel lungo racconto, che mi ha fatto venire in mente, più che "La coscienza di Zeno", citato dall'autrice, il romanzo "Il fu Mattia Pascal" di Pirandello. Resta, per me, alla fine, un piccolo dubbio: quel mare in cui la donna si immerge la porterà verso lontane mete o la invoglierà al suicidio per annegamento?»
Antonio Terracciano

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