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Il profumo dell'amore

Amore

Già sentivo l’odore del mare dal finestrino abbassato, e la carezza calda del vento mi trasmetteva un senso di euforica leggerezza; oltre la fascia grigia d’asfalto le bouganville esplodevano in meravigliosa efflorescenza e dietro il guardrail, cielo e mare si sfioravano, confusi. Marta dormiva sul sedile accanto, o almeno sembrava che dormisse. Non avevamo parlato per quasi tutto il viaggio, da Milano, solo le solite frasi spezzate, con dei puntini lasciati sospesi o forse nemmeno quelli; più che puntini erano punte acuminate che s’insinuavano tra di noi come succedeva spesso ormai. Avevamo organizzato questa vacanza con riluttanza, sembrava strano andarcene noi due soli senza Letizia, ma nostra figlia all’ultimo ci aveva detto che sarebbe andata in Grecia con gli amici, e il ragazzo ovviamente, quello che veniva ad aspettarla sotto casa e non era ancora salito a conoscere “ i vecchi.” Meglio, e chi lo voleva già un fidanzato per casa? Letizia era ancora una bambina! O forse no, era così cresciuta, ed era bellissima! Per un attimo mi sembrò di vederla sorridere allo specchietto retrovisore, ammiccando mentre mi chiedeva “Siamo arrivati?” “Siamo arrivati?” non era Letizia. Marta si era mossa sul sedile, abbassando i grandi occhiali scuri che trattenevano i capelli castani, e guardava fuori. Sorrise. Come dopo un bel sogno. Come se non fosse Marta ma Letizia, o forse ero io che sentivo già la mancanza di mia figlia e la vedevo diversa, più giovane … “Ecco Vittorio, ci siamo!” Marta interruppe il filo dei miei pensieri, indicandomi il cartello all’ingresso del paese. Imboccammo quella che poteva essere la via principale, subito ci apparvero le casette bianche, le persiane color pastello, i fiori che abbracciavano i muri e scivolano tutt’attorno. Le stradine sembravano tutte portare al mare o forse era per via dell’odore salmastro che il vento spargeva, a farlo sentire così vicino. Alcuni gatti spaventati dalla nostra auto, schizzarono via rovesciando un bidone dietro il negozio del pesce e solo allora ricordai che non avevamo pranzato. “Ci fermiamo a mangiare qualcosa?” domandai a Marta già intenta a raccogliere alcuni oggetti nella borsa. “Cerchiamo prima la casa, poi vediamo che fare.” rispose con tono leggero. Sembrava di buon umore, più rilassata, sicuramente aveva riposato durante il viaggio. Trovammo la nostra casetta, prenotata da me in ufficio tramite internet; era identica a come l’avevo vista in foto, anzi, ancora più bella, immersa in quel giardino che straripava di piante grasse, fiori che s’erano inventati un percorso cangiante. Un’esplosione di colori, e in contrasto, il bianco a calce della villetta, le persiane accostate, due piccole seggiole di ferro battuto, ridipinte d’azzurro, e un tavolino che sicuramente aveva visto tempi migliori, i riccioli di ferro poggiati sull’erba. Idilliaca. Raccolsi le valigie mentre Marta apriva il portoncino. Mi sentivo un po’ stanco, ma con un misto di euforia dovuta al cambiamento. Marta spalancò le finestre, tirò le tende e davanti a noi apparve il mare. Rivissi una scena di tanti anni prima, lei che sorrideva e io che l’abbracciavo da dietro, la baciavo sulla nuca, tra i capelli … ebbi un brivido. “Vado a fare una doccia” annunciai, forse l’acqua fredda mi avrebbe aiutato a spegnere l’eccitazione e certe idee che mi sembravano troppo romantiche. Quando uscii Marta aveva indossato un abitino verde smeraldo, intravedevo un costume sotto. “Ho sentito Letizia, mentre eri di là, era entusiasta, mi ha detto di salutarti.” il tono di voce era leggero, ma colsi una nota di malinconia. Mancava anche a lei, o forse le dava fastidio essere da sola con me, lontano da casa, dagli amici? Non volli indagare oltre. Ci avviammo verso il mare, sicuramente avremmo trovato un chioschetto per mangiare qualcosa e non perderci lo spettacolo del tramonto. Marta volle comprare dei panini, io scelsi una bottiglia di vino, la ragazza del chiosco ci preparò una busta con tutto l’occorrente per un picnic in spiaggia, bicchieri di carta, tovaglioli e della frutta fresca. Mangiammo seduti sul telo arancione che Marta aveva steso accuratamente sulla sabbia, il pane aveva il sapore di quando ero bambino, l’origano fresco, i pomodori … Dopo il secondo bicchiere di rosso, mi sentii veramente in pace col mondo. Marta era sdraiata su un fianco, lo sguardo nascosto dagli occhiali scuri, aveva raccolto i capelli e qualche ciocca scendeva ad accarezzare la nuca.“Che meraviglia!” la sua voce era solo un sussurro, sembrava non voler spezzare l’incanto di quel momento. In effetti il sole stava toccando la superficie del mare e le onde cobalto brillavano come zirconi, la sabbia era un velluto su cui le impronte avevano un che d’irreale … Per un attimo sbirciai il viso di Marta, il sole donava ai capelli un riflesso dorato, la pelle chiara si stava arrossando sotto la gola, e i seni erano un invito muto e seducente per il mio sguardo, e non solo. Avrei voluto prenderle il mento tra le dita, baciarla, trascinarla in acqua e … cosa mi stava succedendo? - Ok, sono in ferie, sono rilassato, pardon, eccitato, è il mare!- Marta mi chiese cos’avessi “Stavi borbottando qualcosa” mi disse sorridendo sorniona. Entrammo in acqua, ci sfiorammo le mani, per sbaglio? Guardai la sua schiena, le forme morbide nel movimento delle onde, la sfiorai volutamente fingendo l’errore.. Restammo ancora un po’ sulla spiaggia, ad asciugarci, mentre il sole era colato nel mare, colorando di rosso l’acqua che placidamente cullava le onde. Al ritorno scoprimmo che c’erano alcune bancarelle illuminate da lampioncini che esponevano oggetti d’artigianato locale. Lei adorava curiosare nei mercatini, quando era con Letizia si divertivano ad indovinare a cosa servissero gli utensili più strani, giocavano come bambine che scoprono il mondo! Marta ora stava guardando una borsa di paglia, sfiorava i ricami, controllava l’interno rivestito di stoffa a fiorellini, la soppesava. Colse il mio sguardo e mi sorrise, di rimando, alzandola verso di me “Ti piace?” “ Molto!” era vero, mi piaceva da morire, mi piaceva quella donna, e volevo vederla sorridere, ridere, anche con me. Adesso.

L’aria era più fresca ora, le case scivolate nel buio, luccicavano come piccoli presepi. Dentro, le voci che si udivano dalle finestre lasciate aperte, i rumori dei piatti, l’odore del cibo sui fornelli, lo scroscio dell’acqua alla fontana. D’un tratto rimasi colpito da una donna, molto minuta, che indossava abiti scuri sbiaditi dai tanti lavaggi, però impeccabili e decorosi. Sul capo un fazzoletto annodato sulla nuca, le rughe che parlavano di fame e di racconti, e un sorriso che ti entrava dentro come una fucilata; mi era mancato il fiato per un attimo. Rabbrividii e trovai i suoi occhi, cercando quelli di mia madre … era lei che avevo visto, lei che non avevo potuto salutare, abbracciare quando era morta … Mi accorsi che la vecchina mi diceva qualcosa, mi scossi, in imbarazzo. “ Comprate le mie erbe? basilico, timo, maggiorana, sentite come profumano” Gli occhi brillarono tra le foglie odorose, sembravano un tratto di mare immerso in un lussureggiante giardino. “ Signore li vuole gli odori?” Credo che impallidii mentre afferravo il mazzetto profumato e aspiravo forte col naso. Marta tirò fuori una banconota e la depose con garbo dentro la mano della donna, chiudendole le dita. Lei la riaprì e guardando il denaro nel palmo ringraziò con stupito candore. “Dio vi benedica!” Il sorriso le illuminò il viso, gli occhi per un attimo brillarono come stelle, e senza sapere come, mi ritrovai la mano di Marta nella mia. Tornammo a casa in silenzio, mano nella mano, il profumo delle erbe era più intenso delle rose di maggio, di qualsiasi fiore avessi mai conosciuto. Quella sera Marta mi abbracciò e pianse, ed io piansi con lei. Non c’era bisogno di spiegare, le parole non avevano senso. Solo le sue braccia, il suo corpo ritrovato, l’intreccio delle gambe e dei nostri respiri nel buio della stanza esistevano. Null’altro, se non quel profumo che sospinto dal vento ci inebriava.

I giorni erano volati via, Marta era abbronzata, più sottile, bellissima! Era giunto il momento di ritornare ed ero felice di rivedere Letizia; quanto mi era mancata la mia bimba, ma avrei perduto la magia dell’amore ritrovato, tornando in città? L’idea mi spaventava e guardavo Marta colmare le valigie, ripiegando i vestiti, stipando ogni cosa nelle borse. Mi colpi il suo sguardo trasognato mentre avvolgeva qualcosa con cura in una carta azzurrina: era il mazzolino di erbe, quello che avevamo comprato dalla vecchina del paese. Lo avvolse con una sorta di rispetto e amore, con solenne importanza, quasi fosse un sacro ramo d’ulivo o una rosa rossa regalata dal suo uomo. Sorrisi.


Franca Doną astrofelia 25/11/2015 11:17 1 1212

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Questa č la mia prima esperienza con un racconto, ispirato da una mia precedente poesia. I nomi delle persone qui citate, sono di pura fantasia.»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«meno male che č la prima esperienza! !!!! ma č stupendo!!!!! scritto con una grazia, delicatezza, e anche un pochino di "suspense", coinvolge sapientemente il lettore con la fretta di sapere se marito e mogie si sarebbero ritrovati... ... dieci e lode!!!!!!!»
franca merighi 42

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LODI LODI LODI, BRAVA DAVVERO!!!! (franca merighi 42)





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