Ai miei figli non ho quasi mai parlato di mio padre, nonostante due su tre di loro non l'abbiano conosciuto (Elena era molto piccola, aveva solo due anni quando lui se ne è andato), mentre della nonna oltre ad aver avuto più tempo per conoscerla è più normale che conoscano molto di più, in quanto hanno sentito parlarne anche da mia moglie.
Tra noi figli e lui non c'è mai stato molto colloquio, usciva di casa la mattina alle 7 e rientrava verso le 14, 30, dopo il pranzo, da buon parastatale e da buon romano, andava a fare il pisolino, quando si svegliava il più delle volte noi ragazzi, dopo aver fatto i compiti eravamo già in strada o a fare qualche sport, quando non eravamo in parrocchia, ci si rivedeva la sera a cena, in casa vigeva la legge "si mangia tutti insieme quando c'è papà" e prima dell'avvento della televisione alle 21 e trenta eravamo già a letto, dopo...... uguale, perché finito Carosello a nanna.
Eppure, se debbo essere sincero, ora in età matura....., forse mi manca più la sua presenza che quella di mia madre.
Con mia madre ho vissuto e diviso tutta la mia vita fino a quando mi sono sposato, a lei confidavo i miei problemi, le mie insicurezze, le mie sofferenze, da lei prendevo gli scapaccioni quando sbagliavo, quando prendevo una nota a scuola (adesso invece i genitori vanno ad aggredire gli insegnanti), anche se poi quando tornava mio padre, spesso prendevo il resto perché lei gli raccontava tutto.
Con mio padre invece ho cominciato ad avere i primi veri scambi di pensiero quando ormai avevo già 22- 23 anni, aveva le mie stesse idee politiche nonostante non ne avessimo mai parlato, sapevo già che era tifoso della Roma, perché insieme la domenica alla radio sentivamo "Tutto il calcio minuto per minuto", o in seguito vedevamo lo sport alla televisione.
Era certamente un uomo burbero, come molti di quella generazione, molto severo, non transigeva su quelle che riteneva fossero le migliori regole per vivere, persino i nostri studi superiori sono stati decisi da lui.
Anche nell'educazione era severo e fermo, per noi era vietato rispondere sgarbati alle persone più grandi, non povevamo fare chiasso nelle scale del palazzo anche quando andavamo incontro a lui che tornava dal lavoro, mia sorella, che era la più grande, fino a 20-22 anni poteva uscire solo se accompagnata da uno di noi fratelli, all'ora del pranzo dovevamo essere a tavola, all'ora di cena non c'era problema, in quanto alle 20 , massimo, dovevamo essere tutti in casa (a Roma in genere si cena verso le 20,30), ecc. ecc., e se qualche volta "uscivamo dalle righe" le punizioni fioccavano.
Teneva molto alla forma, preferiva farsi i fatti suoi, era molto generoso ma anche diffidente, non tollerava la ruffianeria, le raccomandazioni, gli intrallazzi per non parlare della corruzione, non voleva avere obbligazioni con nessuno, sia per orgoglio sia per tranquillità, la sua frase preferita era "nella vita è meglio poter dire grazie solo a se stessi".
La principale raccomandazione "materiale" che ci faceva quando stavamo per affrontare la vita fuori di casa era "prima di sfizi e capricci ci sono tante cose da sistemare, ma se proprio volete, per toglierveli spendete solo i soldi che avete già guadagnato e che vi sono avanzati". Sembra forse banale, ma è un insegnamento che ho poi sempre rispettato ed oggi gliene sono grato.
Era stato un dipendente dell'INPS, per tantissimi anni, una buon posto fisso a quel tempo, erano retribuiti molto meglio degli statali anche se ovviamente non erano privilegiati come i bancari, tranne rare eccezioni lavorava dalle 8 alle 14, 00 circa, sei giorni alla settimana, lavorava al servizio controllo contributi aziendali, ed al suo tavolo si presentavano spesso imprenditori che gli chiedevano di interessarsi della loro pratica, di fare qualche sconto sulle sanzioni, di evitare accertamenti, ecc. ecc., promettendogli, quando addirittura non portandoli direttamente, dei regali, e mio padre andava su tutte le furie, ed il malcapitato poteva considerarsi condannato, in occasione delle festività pasquali e natalizie arrivavano a casa cesti o pacchi regalo, ma la disposizione ricevuta da mia madre era soltanto una "respingere tutto".
Credo sia sintomatico che in un palazzo con oltre 60- 70 famiglie, costruito per i dipendenti dell'Istituto, la nostra fosse l'unica che di ben quattro figli, neanche uno fosse poi impiegato nell'Inps o negli enti a questo collegati, e quando gliene chiedevamo il motivo ci rispondeva sempre con la stessa frase "non mi va di andare a bussare alle porte".
Beh secondo me era un tantino "esagerato".
Quando tornava dal lavoro, dopo il pranzo ed il pisolino, normalmente accompagnava mia madre a fare spese, e appena possibile andava al cinema di cui era un vero appassionato.
Sì, aveva senza dubbio un carattere difficile, molto rigido ed intollerante delle debolezze degli altri, aveva però anche una grandissima qualità, sapeva fare di tutto, in casa non c'era mai bisogno di chiamare i vari artigiani, l'idraulico (che a Roma si chiamava lo stagnaro), l'elettricista o il falegname, era insomma quello che oggi si chiama un esperto nel "far da se".
In casa aveva fatto dei mobili, aveva piastrellato e messo i pavimenti, installato i sanitari in bagno e cucina, dove non arrivava da solo si faceva aiutare dai cugini o dai nipoti, a cui sistematicamente ricambiava la cortesia quando non pagava direttamente le prestazioni.
E' una qualità che ci ha trasmesso e che io sono molto felice di aver imparato anche se purtroppo non al suo livello.
Non era un uomo dal sorriso facile, io per quanto ricordi, credo di aver visto per la prima volta il suo volto veramente sorridente quando è nato mio fratello più piccolo di me di nove anni.
Era un uomo assolutamente attaccato ai valori etici, morali e della famiglia, non molto religioso, spesso la domenica accompagnava mia madre alla messa, poi si siedeva dentro l'auto, mentre l'aspettava per riaccompagnarla a casa, leggeva il giornale che comprava tutti i giorni.
Ha cercato di lasciarci i suoi valori, per molti c'è riuscito, ma sono anche cambiati i tempi, forse quello che maggiormente più ci ha trasmesso è l'orgoglio e la dignità di farsi da soli e di fare di tutto per non esser costretti a dover dire grazie agli altri.
Per ciò che mi riguarda posso solo dire che nonostante non ci fosse stato molto scambio di opinioni tra noi, oggi sono certo che lui mi conoscesse molto, molto di più di quanto io pensassi, fu l'unico che quando espressi il desiderio di sposarmi, pur non opponendosi, confidò poi a mia madre che secondo lui la donna che stavo per sposare non era adatta a me, ma non mi disse mai nulla, e purtroppo dopo sei anni mi divorziai, e fu sempre lui, l'unico, che appena conobbe quella che sarebbe divenuta la mia seconda moglie, mi disse, con gli occhietti vispi e brillanti "Sono contento Enrico, questa sì che è la donna della tua vita" ed è stato un grande amore interrotto solo dal destino.
Due anni dopo la nascita di mia figlia, che lui adorava e viziava, contrariamente a quanto aveva fatto con noi, quello stesso destino ce lo ha portato via, l'unica consolazione che mi è rimasta è che ciò sia avvenuto dopo che si era coronato il suo sogno: "vedere i suoi figli sistemati e felici con le loro famiglie".
Ma perché oggi mi è venuto questo forte desiderio di parlare di mio padre? forse perché sento tanto la sua mancanza?
O forse perché vorrei tanto riuscire a saper parlare con i miei figli, dir loro tutto quello che non sono riuscito a dire in tutti questi anni, far loro capire che pur se non è sembrato mi sono sempre interessato a loro, nonostante anche io, per lavoro, fossi fuori di casa dalla mattina alla sera, e che probabilmente io li conosca molto più di quanto loro sospettino, forse perché vorrei esser stato capace di esternare tutto l'amore che provo per loro, forse perché anch'io vorrei poter morire sereno solo quando i miei figli si siano tutti sistemati e siano felici con le loro famiglie?
Già .... perché?