Quando ero bambino, in campagna, ogni volta che passavo in bicicletta lungo la strada che portava al campo da pallone, con lo sguardo incrociavo il vecchio spaventapasseri di mio zio, quando passavo all'andata era lì, immobile, col volto semi sfatto verso il cielo, e pareva che invidiasse quelle rondini che volteggiavano sopra di lui macchiando di gocce di china il foglio carta zucchero del cielo, quando passavo al ritorno, lui era sempre lì, immobile guardiano di un'era che ormai stava andandosene, senza lasciarlo accomodare, perchè di lui non c'era quasi più utilità, l'ultimo singhiozzo di sole lo colorava di arancione e sembrava nasconderlo nel tutt'uno con lo sfondo.
Mi ha sempre fatto una pena terribile. Un giorno di pioggia battente, io, sempre ultimo eroe romantico, decisi di andarlo a coprire con un nylon, perchè il vento non lo distruggesse più di quanto non fosse già..... così armato di cappotta e di stivali mi recai da lui, mi avvicinai, ed il cuore mi fece ancora più male nel vederlo da vicino, tutto gocciolante e tremante di freddo, torturato dal vento e dalla pioggia. Il volto era molto rovinato, dalle rondini che durante il giorno andavano a rubargli la paglia per farsi il nido, e quelle finte mani di secco nocciolo anzichè essere larghe, erano state spostate dal vento, quasi unite, sembravano immobili in una triste preghiera di libertà, la pioggia cadeva sul vecchio cappello da caccia che mio zio gli aveva messo per ripararlo invano dagli uccelli e per renderlo più credibile, ed in un gioco delicato di stille, si infilava negli occhi formando due laghetti e delicatamente scendeva rigando quel volto di paglia ammuffita, non credetti ai miei occhi, lo spaventapasseri stava piangendo, o meglio questo fu quello che i miei occhi di bambino videro.
Delicatamente, lo smontai, lo avvolsi nel nylon e me lo portai via, lo andai a nascondere nel sottotetto del granaio, dove nessuno lo avrebbe più trovato e dove avrebbe avuto pace per sempre, lo so che è una cosa folle, che il resto del mondo non avrebbe sicuramente fatto, ma mi diede una gioia immensa, e quando passavo in bicicletta sapevo che era al sicuro nel granaio, ed ero felice.
Mio zio diede la colpa ai vandali di averlo rubato e lo sostituì con una vecchia giacca legata ad un palo.
Ed ora a distanza di trent’ anni, ogni volta che passeggio lungo la strada che porta al campo da pallone, mi volto sulla sinistra verso i campi ormai incolti di mio zio, e tra l’ erbacce alte posso ancora notare un vecchio palo semi nascosto dalle sterpaglie, ed il cuore corre allo spaventapasseri ancora nascosto nel granaio, e mi sento felice.