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Questo racconto è inserito in:
 Parte 8 della raccolta "Giulia e la sua avventura " di Annamaria Gennaioli (20 racconti)
 La frattura del tempo

Giulia: capitolo 8, Rosina

Fantasy

Giulia si svegliò presto quella mattina, bisognava darsi da fare subito, gli altri andavano sui campi e lei cercava di conoscere gente che potesse avere bisogno del suo aiuto.

Trovò sospetto, paura, diffidenza e molta misera.

La miseria, come nella famiglia di Rosina una donna vedova che allevava i suoi figli, una ragazza e un bambino.

Gestivano un pezzetto di terra a mezzadria, appezzamento che non rendeva come dovuto, occorrevano molte braccia e attrezzi necessari per far si che producessero il voluto.

Il padrone contribuiva poco e in più voleva mandare via quelle persone, per poterlo dare a una famiglia numerosa, ma dove andava Rosina?

Una donna con una ragazza e un bambino gracile?

L’aiuto dei vicini non era possibile, anche loro stentavano a far quadrare il bilancio.
Faceva di tutto Rosina per andare avanti, la stretta del padrone era come una morsa, quando Giulia venne a contatto con quella piccola famiglia, si accorse subito della disperazione:

“cosa fare”?

Non poteva certo far fina di non vedere, già la gracilità del ragazzo la preoccupava, doveva mangiare pasti decenti e non polenta da mattina a sera,
insufficiente per crescere un giovinetto. La pellagra dietro l’angolo, si sa benissimo quando non ci si alimenta di prodotti freschi e la mancanza di vitamine del gruppo B insorge questa terribile malattia che oltre a portare a morte per lo scarso assorbimento intacca la pelle con la sua violenza, all’inizio era scambiata per la lebbra.

Doveva trovare una soluzione, il nuovo pensiero che circolava: uguaglianza, legalità e fraternità.

Belle parole! Pensò all’incontro con quel ragazzo che disertava, non sembrava un metodo democratico ma, simile a tutti i poteri assolutisti che aveva conosciuto; doveva fare qualcosa e subito, non accettava quella situazione.
Intanto i giorni trascorrevano e l’ultimatum del padrone a Rosina stava scadendo. Quest’ultimo prospettava una soluzione:

” la figlia Anna e il suo impiego in una "casa di tolleranza", il ricavato avrebbe garantito a lui una bella rendita e alla madre di stare al podere”.
Un’assurdità bella e buona, come si poteva proporre una cosa tanto brutta, la giustizia inesistente e la povera gente affamata per renderla schiava. La madre non avrebbe mai accettato una simile proposta, l’altra scelta, vendere il piccolo, l’uomo lo aveva promesso a dei turchi che lo avrebbero comprato e pagato bene al porto di Ancona, una tenaglia di dolore che soffocava Rosina.
Giulia andò in paese per parlare del problema a Roberto, sicuramente l’avrebbe aiutata a trovare la soluzione giusta.
Cavalcò come una saetta, arrivò all’ambulatorio dove Roberto stava visitando un bambino. Appena la vide:

< Buon giorno, sei arrivata a proposito, mi occorre un tuo parere su questo ragazzo, soffre di febbre, ha dolori in tutto il corpo, i sintomi sono di un’influenza.>
< Possibile!

Occorre però controllare se ci sono piccoli puntini in bocca che escludano il morbillo, ci sono diversi casi in collina.>
< Giusto rispose Roberto, non ci avevo pensato, se è come dici, è molto più pericoloso.>

< Sì! L’unica cosa da fare e cercare di controllare la febbre e l’eruzione che avverrà fra qualche ora>.
Controllarono la bocca con un cucchiaio, dentro vi erano tante piccole puntine bianche, “ il morbillo”.
Continuò dicendo: < per prima cosa dare quelle gocce di corteccia di salice che ti ho lasciato, servono a contenere la febbre, il morbillo alza molto la temperatura e può causare convulsione e altri problemi, tenere la fronte fresca con una pezza bagnata e il corpo non eccessivamente coperto, quando avverrà l’eruzione cutanea, non grattarsi e se c’è del talco ogni tanto spargerlo sulla cute per alleviare il prurito.>
< Grazie disse Roberto sei stata preziosa>.

Congedò il bambino con la madre e si rivolse a lei dicendole:

< quale buon vento ti porta da queste parti? Non sei venuta a trovare me. Hai un problema?>

< Si > rispose Giulia.

Il padrone del podere dove abita Rosina, una vedova con i suoi due figli, vuole che l’appezzamento renda di più, altrimenti se ne deve andare.

E dove? In mezzo alla strada oppure sotto i ponti?

Inaudito che un uomo arrivi a tanto per denaro, e se vuole rimanere, deve dargli sua figlia per la casa di tolleranza, oppure vendere il bambino a dei turchi che lo aspettano ad Ancona.>
Un fiume in piena, aveva iniziato e ora non la fermava nessuno.

Roberto aveva capito e si meravigliava che lei non potesse capire. Il ragazzo rispose:

< purtroppo casi simili sono frequenti.>
Giulia ancora più infuriata:

< Non si possono accettare simili ricatti, l’uomo civile non può tollerare questo>.

Roberto allora le chiese tutte le informazioni al riguardo e che si sarebbe interessato al caso.
Giulia sospirò, meno male che aveva capito, ma la differenza dei due mondi non li univa, lui era stretto nella mentalità di allora, in continuo conflitto, voleva capire ma non era semplice.

Voleva fare qualcosa per lei, ci teneva a quella ragazza, ma era troppo lontana, vedeva solo utopie con sogni difficili, muoversi con quelle idee non era semplice, poi il suo babbo che non voleva sentire nulla che conducesse a Giulia, doveva muoversi da solo e scoprire se poteva fare qualcosa.
Intanto dal mondo di Giulia, anche se con lentezza, qualcuno si preoccupava della sua assenza, i due mondi si sovrapponevano. I suoi colleghi, prima stizziti per la sua assenza non giustificata, poi preoccupati, la chiamarono al cellulare, al telefono non rispondeva nessuno e dopo irraggiungibile.
Andati a casa sua, nessuna risposta, non aveva parenti solo delle cugine che, dopo giorni di silenzio si prestarono per recarsi alla casa sulla collina dove Giulia si rifugiava. Le cugine con Guido il collega trovando la porta aperta, tutto l’occorrente che aveva portato Giulia e un libro sotto la grande quercia. Luogo disabitato e la macchina fuori, nessuno che avesse visto Giulia, in casa tracce della sua presenza e il vuoto assoluto.
Vicino all’albero, Guido mise le mani sul tronco, a un tratto sentì un trotto di cavallo e il suo nitrire, si girò di scatto e nessun cavallo nei dintorni, solo le altre poco più il là.

Chiese:

< non avete sentito nulla?>.

< No! Non abbiamo udito nulla, cosa dovevamo sentire?>.

< Un cavallo al trotto che nitrisce>

< no, nulla, forse lo avrai immaginato>

< No! L’ho sentito bene, sembrava qui.>
Preoccupato, sbalordito e incuriosito, non sapeva che pensare, quel rumore era stato forte, lo aveva sentito bene ed era lucido, non ci vedeva chiaro e si ripromise di tornare al grande albero il giorno dopo da solo.


Annamaria Gennaioli 27/06/2015 17:28 1059

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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