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Questo racconto è inserito in:
 Parte 2 della raccolta "Giulia e la sua avventura " di Annamaria Gennaioli (20 racconti)
 La frattura del tempo

Giulia: capitolo 2. Radici

Fantasy

Minuti silenziosi: poi la voce di una donna, la più anziana d’ età imprecisabile, solo i bambini erano riconoscibili anagraficamente..
Con tono tremante quasi si vergognasse:
< chi sei? Da dove vieni?> le stesse parole usate da Giulia per il cane, quante similitudini, si vive senza guardarsi intorno, il nostro pensiero è più potente di qualunque arma, non muore mai e rimane nei luoghi dove è nato, si perde, si ritrova, solo con il silenzio e l’ ascolto assoluto puoi ritrovare le parole..
Giulia nel frattempo pensava e lo faceva a ritmo sostenuto, non poteva rivelare la verità, il danno sarebbe stato maggiore e poi chi l’ avrebbe creduta? Assurdità che anche lei stentava a credere, avendo conoscenze diverse da quella povera gente, sapeva che ci si poteva spostare nel tempo teoricamente e che, a sperimentarlo davvero non voleva essere lei.
Rispose a quella semplice domanda: < mi chiamo Giulia, vengo dal paese qui vicino e sono stata aggredita da uomini, forse briganti ..
Sono scampata a quei maledetti per puro caso, mi hanno strappato le vesti e sono riuscita a trovare questo strano abbigliamento sicuramente abbandonato da soldati di Napoleone>..
Credettero alla versione, sapevano che la zona era battuta dai briganti, arrivavano spesso dal vicino Granducato di Toscana.
Napoleone era sceso fino a conquistare lo Stato Pontificio e Giulia ancora questo non lo sapeva lo aveva solo intuito e si affidò all'istinto..
Le notizie in quella casa arrivano dal vicino luogo: abitazioni sparse, un agglomerato di case con torri longobarde .
Chi se lo poteva permettere possedeva un carro per andare al vicino paese a fare provviste e la sosta obbligata alla bettola per bere e ascoltare notizie fresche.
Oppure in Chiesa la domenica mattina, il parroco ancora esistente impiantava i suoi sermoni contro Napoleone chiamandolo senza Dio.
Sempre la signora dall’ apparenza più anziana si commosse e provò pena per la ragazza, si distanziò dagli altri e le andò incontro, mettendole sulle spalle lo scialle che si tolse dalle sue, coprendola allo sguardo indecente degli uomini.
< Vieni dentro Giulia che ti do qualcosa da mettere e poi mangi con noi>, il loro vocabolario era molto ristretto e parlavano il dialetto, Giulia doveva stare attenta anche al dialogo di alcuni suoi vocaboli che in quel momento presente non esistevano.
Entrarono in casa e una delle ragazze andò a preparare il pranzo, l’ acqua bolliva nel paiolo e iniziò subito a mescolare la farina di granturco per la polenta.
Giulia era salita in camera con Regina, questo era il nome della donna appena quarantenne, Il marito di lei Olinto poco più grande, i figli, i più grandi uomini: Elio, Ruggero, Ademo, Francesco, i più piccoli altri tre maschietti: Oscar, Santi, Dino, le bambine due Vittoria e Isolina.
Una bella famiglia, ognuno di loro aveva il suo compito ben preciso, i maschi aiutavano nei campi come pure le femmine ma dopo aver fatto le faccende di casa, poi tornavano tutti insieme e le bambine iniziavano a preparare il pranzo, i maschi rimettevano gli animali nella stalla, quel giorno era un giorno diverso, la curiosità suscitata dalla straniera e poi, come era bella, il fisico statutario con quella pelle bianca, aveva fatto scatenare tempeste ormonali in quei ragazzotti..
Tornata di sotto con Regina e vestita a dovere come usava all’ epoca Giulia voleva sapere la data corrente doveva pensare bene prima di parlare per non innescare sospetti.
Il suo racconto era stato accettato, non scese in particolari dicendo che lo voleva dimenticare, non andarono oltre.
Intanto le bambine, Vittoria girava la polenta nel paiolo e Isolina legava una salsiccia al filo che scendeva dal soffitto dove mettevano l’ unico companatico e per farlo durare il più a lungo possibile.
Poi sempre Isolina tagliò fette di pane dal colore bianco sporco che emanavano un profumo buono.
< Tutti a tavola, è pronto> disse Vittoria.
Come un assalto tutti si misero al proprio posto, la madre alzò la voce richiamando l’ attenzione dicendo ai propri figli:
< Bravi, questo è il modo educato di trattare gli ospiti? Fatevi da parte per fare il posto alla citta > (chiamavano così le ragazze) alzandosi e stringendosi aggiunsero un posto.
Accomodatasi, la madre iniziò a servire, prima Giulia, le riempì il piatto di polenta, poi gli altri, infine per sé, Regina non stava alla tavola a mangiare, le madri, specialmente nelle campagne e come regola si sedevano vicino al camino, pratica molto in uso e lo sarà ancora per molto tempo a venire .
Ognuno prese la sua fetta di pane e in ordine di età e dando la precedenza a Giulia, spiegandole che il pane doveva essere strusciato nella salsiccia appesa al filo .(la salsiccia appesa, in altri luoghi c’ era un’ arringa, l’ arringa appesa)
Iniziarono a mangiare la polenta, finito quel piatto, un’ altra fetta di pane e un piccolo pezzetto di salsiccia, la priorità agli uomini poiché facevano lavori pesanti e se avanzava, alle donne, a Regina non toccava mai, lei lasciava il suo pasto ai figli, semmai mangiava qualcosa in più la domenica quando il pranzo dedicato al Signore era più ricco..
Giulia nel frattempo si guardava intorno voleva capire dall’ ambiente l’ epoca, il periodo, se riconosceva qualcosa, ormai era certo che quelli erano suoi avi, quegli avi nati subito dopo la costruzione della loro abitazione, non vide la clessidra, l'unico pezzo antico certo era mancante.
Voleva muoversi e andare al piccolo villaggio poco sotto, dove esisteva la fonte dell’ acqua, voleva andare al paese vicino, leggere qualcosa da un giornale se esistente, oppure in chiesa per parlare con il parroco e tutto con la dovuta cautela.
Si accordò con Regina se poteva rimanere con loro un po’ di giorni, (era anche casa sua), conoscere meglio quei luoghi, approfondire degli studi, disse che era orfana ed era stata cresciuta dalle suore, le clarisse cappuccine di Veronica Giuliani.
Acconsentirono e contenti di quella visita inattesa, avrebbe condiviso il letto con le bimbe piccole, un semplice patto in cambio: doveva partecipare ai lavori di casa a quelli più semplici dato che dal suo apparire, si vedeva che non era avvezza ai lavori pesanti.. Sembrava più figlia di qualche riccone del paese..
Giulia sospirò sollevata, un primo passo fatto, si andava verso gli altri passi e doveva organizzarsi per cercare di capire il più possibile.
Arrivò al piccolo borgo anche qui solito costume e facce, bambini arruffati e uomini e donne con la stenta stampata in faccia, animali ovunque e tanto verde, più di quando avesse visto, non c’ erano case nuove, solo sassi e campagna.
Conobbe il patriarca, un uomo di quasi sessant’ anni, ne dimostrava molti di più, baffi enormi, barba fino al petto, un panciotto con calzoni alla zuava, calze e scarpe con un gran fibbione, si vedeva che era fiero di quelle scarpe, segno di agiatezza, molti avevano gli zoccoli, altri scalzi....
Giulia aveva rinunciato al suo comodo abbigliamento, per fortuna la gonna lunga le copriva le scarpe, quelle se le era tenute, comode, in quell’ antico selciato non avrebbe saputo camminare altrimenti..
Con il signore si mise d’ accordo e il giorno dopo l’ avrebbe portata in paese con il carro, doveva alzarsi presto la mattina, alle prime luci dell’ alba sarebbero partiti e si doveva trovare davanti a casa sua, meglio andare per il fresco e tornare alla sera, Ginco, così si chiamava, (oppure era un soprannome) .
Tornata alla casa girò in perlustrazione e iniziò a chiedere alle piccole un po’ di storia o quello che si ricordavano, con loro era più facile e non doveva stare in guardia .
Felicissime di parlare finalmente c’ era qualcuno che le ascoltava, iniziò Vittoria la più grande, ormai quasi adolescente..
< Noi siamo venuti in questa collina da un altro colle, io sono nata qui, e anche mio padre è nato qui, ma suo padre è nato da un’ altra parte dove coltivavano la terra sotto padrone, ricavano solo il mangiare e poco anche quello, il resto era tutto del padrone, fu così che un giorno mio nonno decise di raccogliere quella poca roba che aveva e venne via con la sua famiglia..
Camminarono diverso tempo, arrivando in questo spiazzo che non era di nessuno, questa terra non aveva padroni, sembrò una manna dal cielo, andò a registrarla a suo nome, dovette fare debito, per fortuna trovò una persona che le concesse un piccolo prestito, quello che serviva per l’ atto, dicendogli che si fidava di lui a istinto e quando avrebbe avuto i soldi lo avrebbe saldato ..
Il nonno non si dimenticò mai di quell’ uomo, con il primo raccolto che era riuscito a fare e quel poco venduto portò il ricavato all’ uomo e non finì mai di ringraziare, lui gli disse:
< non mi sbaglio mai a giudicare le persone> Il nonno contento tornò alla sua dimora, vivevano in una grotta, poi piano piano la casa prese forma, vennero anche i bambini, alcuni morirono, ma il mio babbo è ancora qui.
< E tu? Disse Vittoria? Parlami di te, sembri una madonna scesa dal cielo, parlami di come sei vissuta fino ad ora, di quello che hai imparato dalle suore, vorrei anch'io imparare a leggere e scrivere, insegnamelo per favore>..
Commossa Giulia pensò di INSEGNARE a quelle bimbe, a tutte e due. Dovevano imparare a leggere e scrivere perché vivere nell’ ignoranza, è la peggiore cosa.



Annamaria Gennaioli 20/06/2015 09:36 887

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Scusate gli errori di ortografia, di forma e di punteggiatura, sono solo una piccola scribacchina che le piace volare con la fantasia...»

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