La strana coppia (tal era) si ritrovò, per fortuito caso, di nuovo insieme, quando il poeta, sparito misteriosamente da tre lustri ed un quarto, bussò alla porta di casa dell’ ingegnere.
Questi (stranamente, solo in casa) da bravo tecnico, aprì la porta di 60° e 12' e fece accomodare il poeta, facendogli, però, cenno con la mano di non parlare ad alta voce.
Seduti ad un tavolo discussero a lungo, del più e del meno l’ ingegnere, della loro vita e delle loro speranze infrante il poeta.
L’ ingegnere provò a dimostrare razionalmente le motivazioni che avevano portato alla scomparsa del poeta, il poeta confutò, soltanto, che s’ era addormentato perché contento e soddisfatto.
Ribatté, anzi, il poeta, che il suo amico lo vedeva alquanto strano ed era solo per quello che era ritornato.
Non fece domande, gli donò un cenno di sorriso e lo prese per mano.
Ancora curiosamente soli si sedettero a trequarti sul divano, l’ uno di fronte all’ altro, e stringendo entrambi miopicamente le ciglia si studiarono a lungo, finché il poeta, con l’ inganno, riuscì a penetrare profondamente nel bulbo oculare dell’ ingegnere.
Lì il poeta scovò, in fondo in fondo, l’ anima (che già conosceva bene) dell’ antico amico, nascosta e sola dentro uno scrigno di metallo, chiusa dall’ interno con chiavi che solo il poeta poteva aprire… il seguito non è noto.