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Nella mia scuola, nel giugno del 2011, eravamo in quattro ad andare in pensione (due uomini, uno dei quali io, e due donne) . Durante la triste e fiacca cerimonia di congedo, il preside ci diede la parola. Prima di me parlò una collega (aggiornatissima sull'uso del computer, ma rimasta piuttosto indietro, ancora agganciata all'utopia dell'estrema sinistra, in politica), con la quale non andavo molto d'accordo, soprattutto a causa dei suoi metodi di valutazione degli alunni (insegnante di Lettere ben poco democratica, quasi stalinista, voleva sempre imporre la sua volontà alla fine dell'anno, invadendo senza troppi scrupoli i campi delle materie "minori") . Questa collega, citando non so quale opera di Erasmo da Rotterdam, aveva alquanto retoricamente magnificato il lavoro dell'insegnante, lo aveva descritto come nobile e puro, come la professione più bella del mondo. Quando la collega ebbe finito il suo discorsino, il preside diede la parola a me. Avevo letto pochi mesi prima l'"Elogio della follia", e presi volentieri, per così dire, la palla al balzo. Dissi che Erasmo avrà pure scritto ciò che lei aveva riferito, ma non solo quello, perché nell'"Elogio" diceva praticamente che, se è vero che tutto nella vita è pazzia, e che tutti i mestieri sono pazzi, il mestiere più pazzo di tutti è proprio quello dell'insegnante! E' inutile forse aggiungere che ebbi l'approvazione, oltre che del preside, dei (pochi) colleghi e delle (tante) colleghe, esclusa, naturalmente, colei che aveva parlato prima di me...
Il brano di Erasmo che avevo letto è questo (parte del capitolo XLIX dell'"Elogio della follia", alle pagine 77, 78 e 79 dell'edizione a cura di Eugenio Garin, "Oscar Mondadori", 1992): "I grammatici (...): sempre affamati, sempre sporchi, se ne stanno nelle loro scuole, e le ho chiamate scuole, ma avrei dovuto dire luoghi dove si lavora come schiavi, camere di tortura; fra turbe di ragazzi invecchiano nella fatica; assordati dagli schiamazzi, imputridiscono nel puzzo e nel sudiciume; tuttavia (...) avviene che si ritengano i primi tra gli uomini. Sono così contenti di sé, quando col volto truce e con la voce minacciosa atterriscono la tremebonda folla degli alunni; quando le suonano a quei disgraziati con sferze, verghe e scudisci, e in tutti i modi incrudeliscono a loro capriccio (...) . Intanto, per loro, quel sudiciume è la quintessenza del nitore, quel puzzo sa di maggiorana, quell'infelicissima schiavitù è pari a un regno (...) . Ma anche più felici si sentono per non so quale convinzione di essere dei dotti. Mentre ficcano in testa ai ragazzi madornali sciocchezze, tuttavia, Dio buono, di fronte a chi (...) non ostentano sprezzante superiorità? E con non so quali trucchi riescono a meraviglia nell'intento di apparire alle sciocche mammine e ai padri scemi pari all'opinione che hanno si sé. (...) Ma la scena più divertente si ha quando si scambiano lodi e complimenti e a vicenda si danno una lisciatina. Se poi uno di loro incappa in un lapsus, e un altro più avveduto per caso se ne accorge, allora sì, per Ercole, che ne viene fuori una tragedia a base di polemiche, di litigi, di ingiurie! Possano tutti i grammatici volgersi contro di me, se mento. "
Certo, il filosofo olandese scriveva cinquecento anni fa, e da allora molte cose sono cambiate nel mondo della scuola! Gli insegnanti (i "grammatici") erano tutti uomini, ed ora sono quasi tutti donne. Essi certamente non sono più sporchi, non vivono nel puzzo e nel sudiciume, raramente hanno il volto truce e la voce minacciosa, e non usano più sferze, verghe e scudisci. Ma forse molte considerazioni di Erasmo sono ancora valide... Non proprio affamati, ma certo non ricchi, gli insegnanti devono ancora sopportare gli schiamazzi delle scolaresche, e invecchiare in mezzo a loro (come notò una volta una docente francese di cui non ricordo il nome e che scrisse un libro, la cognizione del tempo che passa è più angosciante a scuola che in qualunque altro ambiente di lavoro, perché, mentre il docente invecchia, l'età degli alunni, a causa della formazione di classi sempre nuove, non cambia mai!) Di sciocchezze messe in testa agli alunni ho qualche testimonianza (come quella volta che un'intera classe voleva correggermi perché avevo detto "perduto", e non "perso" ...) , ed esiste ancora il futile compiacimento di cercare di rendersi importanti agli occhi dei genitori degli allievi. Infine, è proprio vero che lodi, complimenti e lisciatine non si lesinano ai colleghi (alle colleghe), ma solo fino a quando essi (esse) accondiscendono alle volontà dell'adulatore (dell'adulatrice), perché poi sfociano rapidamente in litigi, ingiurie e polemiche non appena c'è un contrasto, anche di minima importanza, sul modo di operare e di comportarsi con gli alunni... |
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da docente di scuola secondaria, ho aapprezzato (Elena Poldan)
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