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Sembrava una di quelle tante casette di una volta, piccole, abbarbicate su una ripida erta a mezza costa dove da ogni finestra e da ogni balcone scendevano fiori di tanti colori e con sopra il suo bravo pennacchietto di fumo e dalle quali sgorgava limpida quell'aria colma di profumi di campo... il suo sguardo perso su quei muri sembrava non vedesse null'altro e la sua voce tornava a parlare guardandola da lontano e rievocando cose che aveva già scritto:
"Mio nonno parlava con gli alberi, e li rispettava per l'uso che ne faceva. Mi chiedeva di tenere le mani attorno alla corteccia quando la incideva per fare innesti. Era convinto, e lo sono anch'io, che in quel momento l'albero provava paura, tremava e veniva assalito dalla febbre. Le mie mani strette a lui servivano a rassicurarlo, proteggerlo, aiutarlo a sopportare il dolore che il taglio gli procurava. Fino a pochi anni fa il rapporto tra i boscaioli e alberi era di reciproco rispetto" (1)
Nonostante piovesse e facesse freddo inizialmente c'era sole poi verso mezzogiorno aveva cominciato a piovere di brutto con rovesci improvvisi e violenti e noi ci si era messi sotto la travata di un vecchio stavolo abbandonato e lui aveva ripreso, con la sua vocetta chioccia a volte anche stentorea, a rievocare i suoi ricordi:
"Una betulla, innamorata di un maggiociondolo, attendeva che il vento la piegasse per andarlo a baciare, ma, per quanto il vento soffiasse forte, le mancavano sempre qui pochi centimetri per giungere al bacio agognato. Così, in attesa dell'evento impossibile, la betulla gli parlava senza speranza. Fu il Vajont che li unì. Strappati e trascinati via dall'acqua, si toccarono per un breve istante. Così, prima di morire, anche il maggiociondolo ebbe un po' d'amore, mentre dalla rive sparivano altri alberi e la gente, e la gioia di vivere, e tutto quello che ci aveva fatto sperare in un futuro migliore." (2)
Si era messo a scrutare pensieroso la parete della montagna quasi a studiarla ed io pensavo che parlando con lui, a parte il suo modo di porsi, se ne rimane un po' sconcertati. Riesce a metterti in imbarazzo, riesce a sconclusionarti, è come un viaggiare nel tempo, ne vedi tante sfaccettature di questo tempo che imperturbabile ti scorre addosso ti marchia fino a portarti al candore della vecchiezza, fino a farti pensare che tutto si riduce ad una scalata e che quando sei arrivato sai già che è finita ... si che è finita la scalata ed anche la montagna, anche se altri stanno continuando verso un'altra vetta.
Ognuno scala le sue montagne... allora ti giri indietro e guardi la via che hai tracciato e risali alle ultime facce che hanno abbandonato il cammino prima di te e che salutandoti ti hanno detto:
"ci ritroveremo dall'altra parte e ci troverai sempre pronti per un'altra scarpinata." Questo è il suo pensiero e lui in ogni cosa vede l'anima, anche un ciottolo appena rotolato dalla scarpata, ha il suo linguaggio come ce l'ha anche quel picco solitario in mezzo alle distese di cime di larici e di abeti.
Ha imparato queste cose da suoi padri, gli hanno insegnato ad ascoltare la natura, ad ascoltare gli alberi e ogni cosa che ci circonda parla e quando non parla canta con la sua nenia sotto l'influsso della brezza leggera che è come il canto dolce di una fanciulla o nell'urlo rabbioso della bora. É stupenda la natura, ti parla e se la sai ascoltare ne resti affascinato per sempre.
Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
«(1)(2) Tratto da Mauro Corona, Le voci del bosco, Edizioni Bilioteca dell'Immagine
(3) Mauro Corona: scrittore, scultore ed alpinista.»
Commenti sul racconto:
«un bellissimo cocktail, l'amore, la natura, la vita che avanza, ed i ricordi. In queste immagini ancora vivide di saggezza contadina, di mescolanza tra l'uomo e la natura, di romanticismo e sciagure provocate dalla incuria umana, inserite in un contesto di spiritualità dove la vita copre il suo percorso accidentato accanto a quelle facce che ci hanno salutato e che ci aspettano per sorridere ancora insieme. Un testo che stride con le assurdità dell'oggi, in cui l'idiozia dell'uomo impedisce di sentire quel canto melodioso del mondo che ci circonda.»
«Ritorno su questo bellissimo testo dopo aver letto un libretto del professor Carlo Rovelli, "Sette brevi lezioni di fisica", ed. "Adelphi", dove appare evidente che la scienza moderna possa andare benissimo d'accordo con certe convinzioni antiche, come quelle del nonno di Corona. Scrive Rovelli nell'ultimo capitoletto: "Pensavamo di essere una razza a parte, nella famiglia degli animali e delle piante, e abbiamo scoperto che siamo discendenti dagli stessi genitori di ogni altro essere vivente intorno a noi. Abbiamo bisnonni in comune con le farfalle e con i larici. (...) Quanto è specificamente umano non rappresenta la nostra separazione dalla natura, è la nostra natura. (...) La natura è la nostra casa e nella natura siamo a casa. "»
«Anche gli alberi si innamorano e provano sentimenti. Bellissima questa storia dove il bosco si anima e al par degli umani sorride, si innamora e prova sentimenti di gioia, tristezza e serenità. Complimenti!»
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La bacheca del racconto:
Dev'essere stato un incontro davvero sublime! (Antonio Terracciano)
Complimenti! E' una stupenda storia (Clelia Maria Parente)
di amore e sentimenti fra alberi.Letta con piacere (Clelia Maria Parente)
Che bello, emozionante, grazie della testimonianza (Massimiliano Moresco)
Ciao Rasi, ennesima piacevole scoperta. Un saluto. (Enrico Baiocchi)
Bella storia. Compimenti (enza fontana)
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