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"Un'altra vita" cap. 31

Amore

Le era di certo chiaro come fra lui ed Irene vi fosse del tenero, eppure gli parlava di lei come se per lui fosse un'estranea, e quasi col piacere di saggiare ancora ed umiliare la sua incapacità di reazione. Mai come in questa situazione Sergio si era sentito sofferente per questa inerzia di carattere che si riconosceva e che in fondo si era accettato e quasi scelto, facendone quasi una filosofia di vita. Questo modo di essere si era lentamente solidificato in lui, ma non era sempre stato così; per tanto tempo, e magari con disordine, zigzagando fra le tante contraddizioni dell'esistere, che non smettevano mai di disorientare la sua rigidità psicologica, aveva vissuto in un clima di conflitti e rabbia e cercato nella lotta la soluzione di quelle per lui inaccettabili contraddizioni. Ma lentamente si era rassegnato alla vanità della sua lotta ed aveva compreso quanto quelle per lui insopportabili contraddizioni fossero intrinseche alla realtà e che era puramente utopia il pensiero di una realtà che ne fosse priva; ma, sentendo la linearità come imprescindibile da sé stesso, per come si era andato formando, e pur rinunciando a sentirla possibile dentro il groviglio del completo gioco di società, ugualmente per sé stesso non aveva nessuna volontà di desistere da quel suo diritto percorso, e per farlo non sentiva altra possibilità che una quanto più perfetta estraniazione da tutto quanto ciò che, con le sue contraddizioni, avrebbe violentato quel suo modo d'essere. Per farlo si era di fatto educato ad equilibrarsi fra due dimensioni, e in questo si era fatto così sofisticato da rendere questa separazione quasi perfetta, netta e precisa, tanto che gli pareva di poter entrare ed uscire dall'una all'altra quasi a comando, quasi con la facilità di accendere o spegnere un interruttore. Ora neppure più, come aveva cercato di fare per molto tempo, cercava interazioni fra queste due dimensioni; ogni compromissione fra le due sarebbe stata dentro di lui solo distruttiva confusione, una confusione che lui non si sentiva più in grado di sopportare. Le grandi lotte e sofferenze, soprattutto interiori, con cui per tanto tempo aveva convissuto, lo avevano completamente stremato, e sentiva adesso ogni conflitto insopportabile, si sentiva come carne viva e come se ogni minimo attrito lo invadesse di dolore, desiderava solo riposare, trovare in sé stesso una quiete quasi assoluta ed estraniata da tutto quanto di esterno la avrebbe potuta turbare. Poi gli mancavano le parole, si sentiva completamente spiazzato rispetto alle aggressioni ben inquadrate nelle ragioni della conformista realtà, dove tutto era codificato, anche quando, più spesso, mancava completamente delle ragioni più profondamente umane; si sentiva impotente rispetto a quel sistema di leggi, per lui fondate sulla stabilizzazione della violenza, e gli sembrava ormai, tanto ci aveva provato, una fatica vana cercare di smantellare quel sistema di convinzioni, gli sembrava che lui da fuori non avrebbe potuto smantellare alcunché e che questo non sarebbe potuto avvenire che dall'interno di ogni singolare coscienza e per questo si sentiva muto, il suo modo di procedere, lentamente riflessivo, era sempre fuori tempo, rispetto alla velocità spietata delle convinzioni codificate; ma mai, come questa volta, si era sentito colpevole della sua inerzia caratteriale, non si sopportava nel vedersi muto testimone di quella aggressività contro Irene; tutto il suo cuore si ribellava a questo, avrebbe voluto trovare la forza, e soprattutto le parole, per tacitare con efficacia Augusta; ma questi moti del suo animo non riusciva a tradurli in un'azione concreta e capiva bene che tutta la sua più buona volontà non sarebbe servita a renderlo diverso. Si sentiva semplicemente un vile, ma sentiva questo come qualcosa di ineluttabile, una specie di marchio che si era trovato impresso, e contro cui si sarebbe infranta qualsiasi sua volontà contraria, e nel rapporto con sé stesso questo neppure più gli pesava, gradualmente era riuscito ad accettarsi anche in questo limite, e spesso, anche magari con una sorta di autoinganno, lo aveva trasformato quasi in un valore, ma in questo momento, quando con energia avrebbe voluto prendere le difese di Irene, non riusciva a perdonarsi per questo, ed avrebbe voluto essere radicalmente diverso, quello che si dice “ un uomo”. Ma non ci riusciva, e sapeva bene che se anche avesse provato a dar sfogo alla sua rabbia, si sarebbe trovato così aggrovigliato nelle sue emozioni, tanto da perdere ogni efficace chiarezza, e da sentire quella rabbia impossibile da esprimere e tale da ricadergli interamente addosso. Il suo istinto lo avrebbe spinto ad uscire subito da quella stanza ed anche da quella casa, come sempre tendeva a fare, ogni volta che sentiva aleggiare atmosfere di incomprensione e scontro, e per questo quasi metodicamente cercava di evitare ogni occasione di incontro con Augusta; ma si sforzò, e cercando una sorta di compromesso con la sua viltà, con un'espressione distaccata e dura lasciò Augusta sola nella stanza e salì veloce da Giovanni, dove sapeva avrebbe trovato Irene. Entrò nella camera con discrezione, senza che lei neppure se ne avvedesse, e per un lungo attimo restò fermo, a guardarla. Lei era assorta intorno a Giovanni, osservava il suo respiro, attenta ad ogni movimento che potesse indicare agitazione, o sofferenza; ma Giovanni sembrava tranquillo, immerso nel sonno; Sergio non aveva dubbi di come l'allarmismo di Augusta non fosse stato solo un pretesto per la sua aggressività. Era emozionato, mentre silenzioso continuava a guardare Irene, in quella sua concentrazione dignitosa, dove sembrava agire più con un senso di missione che non di dovere, per nulla turbata o arrabbiata, per quello che certo ingiustamente sentiva di aver subito. Sergio avrebbe voluto sfiorarle i capelli e cingerla all'improvviso col più amorevole degli abbracci; ma non osava, si sentiva colpevole per la sua apatica inerzia, che gli faceva sentire incrinata la loro istintiva anche viscerale confidenza; si limitò a chiamarla sperando, attraverso le parole, di riuscire a spiegarsi, ed anche di capire quello che in quei momenti lei poteva provare. “...Irene" gli piaceva tanto dire il suo nome "come ti senti? Mi dispiace per tutto, mi dispiace per Augusta, ma non prendertela, ti prego... penso avrai capito che prepotente lo è per natura..."Lei si era girata verso lui, dolcemente, non era sorpresa di trovarlo lì."...ma cosa di più mi spiace..." continuò lui sottovoce, voleva parlare ma avrebbe anche voluto sentire quella qualità speciale di silenzio che a volte avvertiva, con lei." è il mio tacere, il mio non sapermi opporre, che mi dispiace. E' come se qualcosa di imponente, una diga, mi impedisse di aver reazioni, e su questo non può nulla la mia volontà...” Si interruppe, Sergio, quasi trasalì per il tonfo in lontananza della porta di casa, richiusa sembrò con deliberata violenza da Augusta, che evidentemente aveva deciso di andarsene. Irene gli toccò le mani, poi gli sfiorò una guancia. Un lieve rossore sul volto era la traccia del conflitto interiore che aveva provato, forse ancora provava. Sì, lei aveva per un momento pensato che Sergio avrebbe dovuto insorgere, mettere per così dire al suo posto Augusta, non che non l'avesse anche sperato, in qualche modo. Ma l'uomo che si trovava davanti era, proprio per come era, colui che così intimamente l'aveva inondata del suo modo di essere, da non poterlo desiderare diverso. Lei si sentiva simile a lui, nella stessa azzerata volontà di dimostrare cose, agli altri, così lampanti nella loro stessa essenza da non sopportare argomenti, prove, dimostrazioni, e tanto meno lotte o rivendicazioni. Il mondo intero li avrebbe definiti dei perdenti; solo loro due, e uno per l'altra, erano semplicemente come erano, senza ragioni da avanzare, e si attraevano tanto soprattutto per questo. Irene sentiva fortemente questa corrente di pensieri misti ad emozione, e forse in un momento diverso glielo avrebbe anche spiegato, ma ora si limitò a sussurrare: "lo so, lo so come sei... sei come ti cercavo, sei come sei e non puoi dimostrarmelo che per quello che sei...” Quelle parole risucchiarono Sergio verso di lei, un attimo, e scomparve tutto, la stridente presenza di Augusta, la realtà della loro situazione che velocemente si stava sgretolando loro sotto i piedi, le rispettive famiglie reclamanti la loro serietà e correttezza, gli stessi legami che entrambi avevano con la vita, che gli anni aveva costruito su di loro... Furono di nuovo avvolti dall'abbraccio irresistibile che, primo uomo e prima donna al mondo, li faceva entrare completamente uno dentro l'altra, in un tempo che sembrava eterno, e infinitamente breve. Scivolarono nella stanza di lei, con mani ferme e tremanti si spogliarono per sentirsi in fretta il più possibile aderenti e nudi, il più possibile vicini, fondendo il desiderio dei corpi con il piacere unico di sentirsi in un solo pensiero. Lui la guardava in un modo che fece venire a Irene il desiderio di piangere, perché non dovesse finire mai, e anche lei se lo guardò tutto, lo accarezzava tutto con le mani e con gli occhi, per la gioia del momento e per quel sotterraneo presentire che doveva fissare in sé quel ricordo, per sempre. Non importava cosa venisse prima, il corpo, il pensare il non pensare, il piacere che si davano, pensava Irene mentre lui la percorreva tutta con la sua bocca così dolce, che diventava anche forte ed esigente, e accendeva la sua della stessa passione, mentre lo cercava e sentiva salire la forza del suo desiderio, e dentro si sentiva tutta un sorriso che gli diceva, senza dire niente, entra in me amore mio non uscire mai più io sono la tua casa... Poi sentì la propria voce, che davvero glielo diceva, e vide gli occhi di lui dilagare in un istante di perfetta chiara bellezza, fissi nei suoi, e sentì il sale delle proprie lacrime uguale al riso. Lui era vento forte, e anche la calma quiete del fiume gonfio nel suo corso maturo, quando entra nel mare, ed erano mare e fiume che si fondevano, erano la felicità della terra arsa bagnata di pioggia . Piano lui sentiva la carne palpitante di lei, intrisa e voluttuosa proprio come il cuore del mare, mentre con le mani la bocca la cercava dappertutto, e lei cercava lui nel suo abbraccio tenero e nella forza della sua virilità che la faceva vibrare, insieme a lui, sfiorando ogni emozione e ogni senso e ogni pensiero che avessero mai avuto, così aperti e chiari, e anche segreti e assetati di recessi bui, si sentivano uno per l'altro. Centellinavano i momenti le carezze i palpiti, una volta di più desiderando che potesse durare per sempre, quel momento oltre il quale la loro essenza sarebbe stata spinta avanti in un buio che non volevano conoscere. L'apice del piacere venne come una folgore tremante e dolce che si sciolse nei loro corpi uniti fondendosi ad essi, segnandoli di un ricordo eterno, come il fuoco.

Michele Serri 24/02/2015 19:41 921

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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