(Liberamente ispirato alla canzone di Zucchero Fornaciari "Diamante").
"Riepiloghiamo. Il Boss uscirà dall'abitazione dell'amante alle ore 14. 00. Come tutte le Domeniche, la sua scorta si comporrà di una sola guardia del corpo. E' l'unico momento della settimana in cui sarà così solitario e... vulnerabile. L'auto si troverà nel parcheggio distante circa trecento metri e il Boss dovrà percorrere un breve tratto di strada a piedi. Tu sarai lì, pronto a colpire. Un solo minuto di ritardo o di indecisione e tutto il piano fallirà.E' una strada del centro molto frequentata e bisognerà prestare la massima attenzione. Come ti ho già detto noi ci occuperemo della scorta e il resto è a tuo carico. So che hai ben compreso l'azione per cui è inutile dilungarsi".
"Sì, direi che non ci sono dubbi. Ma perché l'avete chiamata -Operazione Diamante-?"
"Perché il diamante è brillante e lucente come la testa calva del Boss. Peccato che sarà destinata a macchiarsi di rosso. Questo è il tuo ultimo incarico e la nostra collaborazione finisce qui. Hai già ucciso cinque persone e non vogliamo che qualcuno ti possa riconoscere e arrivare fino a noi. In bocca al lupo e non ci cercare mai più. Se ti incontriamo ancora dovremo liberarci di te, perché vorrà dire che non avrai eseguito il nostro ordine. Buona fortuna "Soldato". Aspetta... perché ti fai chiamare così?"
"E' una lunga storia e poco interessante".
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Finalmente la mia ultima missione. Ero stanco, ma solo così avrei avuto i soldi necessari per il mio progetto. Mancava poco alle 14. 00 ed ero pronto. Il traffico domenicale era intenso, ma non dovevo distrarmi e avevo mentalmente ripassato tutti i singoli momenti dell'Operazione Diamante, probabilmente anche quelli che non mi erano stati rivelati. Allora ripensai agli insegnamenti del nonno e la mia mente tornò ai quei caldi pomeriggi estivi.
"Vedi Delmo, per essere un buon soldato devi imparare a non essere mai visibile, perché quando dovrai combattere il saperti mimetizzare ti salverà la vita. Guarda questo campo di grano com'è uguale e compatto. Tu non vedi le singole spighe, ma solo una grande macchia gialla illuminata dal sole. Ora studia i movimenti dei contadini, osserva come adoperano il forcone con colpi rapidi e precisi. Di fronte al nemico non devi avere paura. Il timore crea indecisione e l'incertezza ti porta alla sconfitta. Nei combattimenti devi saper isolare la tua mente. Sarete soli, tu e il nemico. La concentrazione sarà la tua via per la salvezza".
Aveva ragione. Nelle mie missioni non usavo mai qualcosa che mi potesse distinguere dalla massa. Io ero come la folla. Però nella moltitudine di corpi vaganti avevo un bersaglio. Allora sapevo agire con velocità e potenza, come una freccia scagliata da quella balestra che il nonno mi regalò il giorno che decisi di arruolarmi. Ma nell'esercito non si diventava ricchi e io avevo delle necessità piuttosto costose. Mancavano cinque minuti e trenta secondi ed era ora di passare all'azione. Come nelle altre missioni sentii un brivido che mi partiva dalla schiena per arrivare fino alle gambe. Mi ripetevo che stavo per colpire un Boss, uno di quelli che vivevano per uccidere. Tutte le volte che portavo la morte vedevo di fronte a me solo lo schifo di quella persona, e allora affondare la lama tagliente fino a sentire la vischiosità del sangue o sparare in mezzo alla fronte diventavano un piacere, quasi quanto un atto sessuale non rubato alla velocità del tempo.
Avevo le orecchie calde, i muscoli tirati, la mente ferma e gli occhi pronti a fissarsi sulla preda. Sì, ero pronto per uccidere. Volevo la sua fine e non mi sarei accontentato di altro. C'era molta gente, forse troppa, per cui avrei dovuto svolgere un lavoro pulito e veloce e la mia arma era pronta a sussurrare parole che solo io e la mia preda potevamo sentire. Allora vidi il Boss con la guardia del corpo uscire dalla porta del palazzo distante da me una trentina di metri e buttarsi in mezzo alla folla. Nei tre minuti successivi arrivarono due runners che distrassero il massiccio accompagnatore e un secondo dopo, il sussurro della mia fedele amica. Nessuno si accorse della azioni fatte e si creò panico nel momento in cui il corpo senza vita del Boss si riversò a terra, con grande stupore della guardia del corpo che ancora non credeva a ciò che era appena successo. Nel frattempo, con passo calmo e misurato senza dare nell'occhio, mi liberai dell'arma gettandola in una cassetta postale e presi una borsa da palestra che un terzo runner mi aveva lasciato vicino a un bidone della spazzatura. Dentro il borsone, insieme ai soldi e a un vestito nuovo, trovai una card magnetica per entrare negli spogliatoi di una palestra distante cento metri dal luogo del delitto.
"Vedi Delmo, nella vita ci vuole sempre un piano B. Se il raccolto del contadino viene distrutto da una grandine improvvisa, come fa il povero uomo a superare l'inverno?"
Queste furono le parole del nonno che mi vennero in mente quando scoprii che nel borsone non era stato messo il passaporto necessario per la mia fuga. Però i miei pseudo amici non sapevano che nello spogliatoio c'era una sacca tutta mia e fu molto divertente passare vicino a loro senza essere riconosciuto, mentre aspettavano di liquidare definitivamente colui che aveva appena svolto la sua ultima missione. Avevo i soldi e la libertà. Ora potevo concludere il mio progetto.
"Ecco Delmo, qui si dovrebbe fare un nuovo granaio e mi piacerebbe anche ristrutturare la casa cercando di ampliare la zona giorno. Poi vorrei piantare degli ulivi e sistemare il giardino nel lato ovest, dove poter ammirare le colline nella quiete della sera. Ho tanti bei progetti, mio caro nipote. Un giorno tutto questo sarà tuo e chissà che oltre la casa e ai terreni, non arrivi anche una bella signorina che diventerà la tua sposa. Avrai tutto questo, mio caro Delmo. Abbiamo solo una vita e non dobbiamo sprecarla. Essere felici è un obbligo. Non credi?"
Allora mi misi a sedere sotto i robusti rami della quercia per ammirare i giovani ulivi e come per incanto, mi sembrò di sentire la voce della nonna che mi chiamava:
"Delmo, Delmo vin a' cà, vin a' cà...".