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La tabaccheria di mio nonno Orazio la ricordo come se l'avessi ora davanti. Strano come certe cose se le ripeschi le ritrovi, sensazioni forti che non ci lasciano mai. Era l'ultimo nonno che mi rimaneva vicino, l'altro era in Venezuela e lo ritrovai solo dopo molto tempo. Nonno Orazio era spiritoso, simpatico, inventava storie impossibili e spesso la gente del paese gli credeva. Di lui mi è rimasto l'orologio da taschino con una riparazione fatta a fine ottocento. Mio nonno era stato ferroviere, questa è una delle poche cose che so. Deve essere successo un incidente con un treno e lui venne cacciato dalle ferrovie, pare che scrisse a Mussolini e il duce stesso fosse intervenuto per fargli avere la tabaccheria. Era figlio di una guardia forestale il cui ritratto capeggiava nella camera dove aveva le cose del negozio come tabacchi, pacchi di sale e un grande baule con una sciabola dentro. Un baule con una strana combinazione a chiave, non so spiegare ma solo mio padre oltre lui sapeva aprire quel baule. Mia zia non si era mai sposata e viveva con lui e io andavo quando potevo da loro. Zia non sapeva cucinare tante cose, ma ricordo il sapore delle zampette di agnello nel sugo e il suo sugo con il tonno, altro non faceva se non le fettine. Le fettine le mangiavo a Popoli perché si mio padre era un direttore di seconda classe delle imposte dirette, ma era un direttore onesto e stranamente molti suoi colleghi se la passavano meglio sopratutto quelli che andavano per accertamenti. Solo uno mi era molto simpatico e mi aveva insegnato uno strano saluto, dovevo alzare il pugno quando lo salutavo. Il negozio di nonno la tabaccheria aveva delle vetrine incastonate nel legno e ogni sera le si coprivano con degli stipiti di legno che avevano un ferro che si bloccava da dietro per impedire che qualcuno rompesse il vetro di notte. Appena si entrava c'era un bastone girevole con le cartoline, un tavolo di legno dove si potevano scrivere le cartoline e una spugna imbevuta dove bagnare i francobolli. Sulla sinistra entrando, dietro il tavolino, una specie di credenza che aveva degli articoli che non si vendevano mai. Entrando c'era un finestra che dava sul cortile ed era protetta da sbarre di ferro simili a quelle che appaiono nei film di antiche prigioni. Il bancone aveva tre grandi bocce di vetro dove c'erano in una le mentine bianche, in un altro le liquirizie a forma di animaletti e nel terzo quelle gomme da fumatori a cono verti e ricoperte di zucchero. Ogni pezzo valeva una lira e i ragazzi o le mamme comperavano le bustine dove si facevano mettere dieci o quindici lire, se capitava una ragazzina e toccava a me servirle gli davo sempre qualche pezzo in più, se maschi no. Pacchi di sigarette sopratutto nazionali semplici e da esportazione. Cartine che oggi rivanno di moda e tabacco sfuso. Vendeva anche grandi sigari toscani il cui odore mi piaceva molto. Una merce che andava era il sale fino o "paccuto" come lo chiamavano a Popoli allora. Dietro c'era un ripostiglio con dei giornali. Nonno leggeva il Tempo e la Domenica del Corriere, mi piacevano le immagini della rivista. Ricordo anche il grande cassetto con i soldi, una cosa incredibile per me. Le monete di carta le metteva sotto ed erano rare, sopra c'erano tanti scomparti. In uno vi erano le 500 lire d'argento, in un altro le cento lire, le cinquanta, le venti, le dieci e e le cinque lire con il pesciolino. Aveva anche gli spiccioli da una lira e due lire. Già allora la lira e le due lire però non si usavano quasi più. Quello che ricordo di più era l'odore di tabacco e i contadini che entravano con quei grandi cappelli, il pastrano e gli stivali infangati che pulivano male in quella lama di ferro che era fuori del negozio vicino all'anello di ferro dove legare il mulo se lo portavano. Accidenti per strada più che le macchine passavano greggi di pecore e spesso da bambini si giocava a pallone per strada. Ma dei giochi parlerò alla prossima puntata. Io scrivo queste cose, per me, perché mi piace scrivere, per ricordare mio nonno e per far capire come si vivesse in quegli anni 60 prima che tutto cambiasse. Alla prossima se avrete ancora voglia di leggermi. | |
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