Seduta all'ultimo banco, lo sguardo fisso sul foglio bianco, impugni la penna fra le dita sudate,
farfugliando pensieri insignificanti, mentre trascritte sulla lavagna lettere incomprensibili ruotano nel vuoto della mente, offuscate dal buio dell'incomprensione che paralizza ogni movimento, la paura ha il sopravvento, in preda al panico cominci a tremare cercando una mano amica che possa consolarti.
Non hai imparato a scrivere, nessuno te l'ha insegnato prima di andare a scuola, pensi alla tua bambola preferita che attende l'immancabile ritorno, a lei confidi qualunque segreto come fosse l'amica del cuore e rapita dai sogni ancora t'illudi di poter giocare tranquilla nel caldo nido della casa, rassicurata dalla presenza della mamma.
Tutti gli alunni sono intenti a svolgere il compito del giorno, trascrivere il proprio nome ordinatamente senza debordare dalle righe sul quaderno degli esercizi: allunghi il collo per sbirciare cercando di imitare la scrittura dei compagni, ma la tua pagina non è che un pasticcio pieno di cancellature, le lettere messe a casaccio non seguono il filo logico del pensiero, ti arrendi all'insipienza confidando nell'aiuto della maestra che osserva attentamente, decisa a intervenire rizzandosi con prontezza dalla sedia: ed ecco senti vibrare nell'aria tanti bei ceffoni senza capire da da quale direzione provengano finché voltandoti non appare un'orrenda figura, ritta in piedi come un soldato, dipinta sul volto non ha certo l'espressione magnanima, ma con aria punitiva getta urla sferzanti che rimbombano nel terreo silenzio al punto da far oscurare persino il sole, inviperita e con modi raccapriccianti ti relega dietro la lavagna, come fossi in una prigione d'isolamento, senza proferire alcun suono, con le spalle rivolte al muro, senza sentire scusanti, senza comprendere il motivo di un simile gesto insulso.
Hanno inizio giorni sofferti, la rabbia risentita, il pianto sgomento accompagnano una fase delicata della vita vissuta come un dramma, una tragedia in cui precipiti senza renderti conto, sentendoti colpevolizzata per azioni non commesse, soltanto perché non vuoi o non sei ancora in grado di capire, stando muta devi obbedire, recepire ordini senza domandare, non ci sono perché, un severo metodo d'insegnamento ti viene impartito rigorosamente e gli errori sono inammissibili.
Ho gli incubi la notte, so che alzarsi l'indomani mattina significherà prendere altri schiaffi, bacchettate sulle mani, tiratine d' orecchie, ma non basteranno per raddrizzare l'ottuso ingegno;
soltanto la caparbietà d'animo, la forza di sopravvivere e non perdersi nei meandri di oscuri e penosi silenzi mi aiuterà a risorgere dal nero abisso, a ritrovarmi proprio quando pensavo di essermi smarrita.
Chi sta seduto su una cattedra occupa certamente un posto privilegiato, deve assolvere precisi doveri con assoluta dedizione, non mancare ai propri impegni sobbarcando altri delle fatiche inerenti al ruolo assegnato che non sempre è in grado di svolgere adeguatamente, poiché si adottano strumenti e modelli d'insegnamento non idonei al corretto apprendimento degli alunni, soprattutto verso coloro che si trovano in una posizione svantaggiata rispetto ad altri e per recuperare richiedono maggior attenzione, cotoro non devono essere lasciati indietro, con un po' di pazienza possono rimanere al passo e migliorare notevolmente, se non addirittura primeggiare in classe, ma soprattutto nella vita che ci mette sempre a dura prova, dato che non offre a tutti le stesse opportunità e attribuisce meriti incondizionatamente, senza tener conto dell'immane sforzo che ciascuno impegna per raggiungere un dato traguardo.