Era il primo giorno di scuola, negli occhi della mamma percepivo tanta agitazione mentre si affrettava a vestirmi, ogni minuto prezioso, cercava di tenere a mente un lungo elenco di cose che non avrei dovuto dimenticare temendo di tralasciare qualcosa non appena ci saremmo incamminate per via e piccoli avvertimenti che solitamente le madri rivolgono ai propri figli.
Mi sentivo buffa con quella strana divisa, un grembiulino bianco con tanti bei ricami e un fiocco rosa ben in vista, nessun capello fuori posto, sembravo una bella bambolina.
Ancora non immaginavo quale novità mi attendesse nel corso della mattinata, pensavo di recarmi in un piacevole luogo dove i bambini si trattengono spensierati e giocano felici come nel paese dei balocchi, un luogo immaginario dove regna la fantasia.
Ero pronta per uscire, sulle spalle uno zainetto, tenuta per mano ci avviammo lungo la strada
rassicurata dalla forte stretta e dolci carezze, canticchiavo canzoncine, sorridevo allegramente.
Giunti in un enorme piazzale, una folla pressante, schiamazzi e urla per la gran concitazione
facevano presagire che si trattasse di una gran festa a cui anch'io ero stata invitata.
Al suono della campanella si era diradata la ressa disordinata e una fila di bimbi spaesati subito diretta verso un immenso portone dove ad accoglierci un uomo serio ligio nel suo lavoro era intento a suddividerci ciascuno nell'aula assegnata dove avremmo dovuto prender posto.
In lontananza il mio sguardo triste incontrava quello della mamma non capendo perché mi avesse lasciata sola e due lacrimoni scesero non appena vidi rimpicciolirsi la sua figura dietro l'angolo per poi sparire del tutto: fu allora che per la prima volta mi sentii come smarrita, provai un senso di abbandono.
Nell'aula cadde il silenzio quando fu proferito un freddo saluto e la rigida compostezza fece di colpo piombare gli alunni nella paura: una donna dall'aspetto orrido e dai modi non propriamente gentili quasi non ci rivolse la parola e, seduta, si limitò a spulciare il registro facendo un elenco di nomi a cui rispondevamo con un secco “ presente”, impassibile al nostro disagio, ci fissava mentre eravamo chini sul banco, lo sguardo tagliente, sembrava volesse umiliarci.
Fin da subito cominciò a bacchettarci convinta che un metodo d'insegnamento coercitivo vecchio stampo avrebbe favorito il nostro apprendimento e, a suon di strigliatine, avremmo imparato prima o poi la lezione, cosa che si rivelò alquanto dannosa per i bambini da subito terrorizzati e al tempo stesso li distolse dallo studio.
Ricordo con dispiacere il mio primo anno di scuola, quello che, invece, avrebbe dovuto essere un mondo nuovo a cui approdare dopo l'età dei giochi, senza sentire il duro impatto, una fase di crescita delicata, ebbe ripercussioni negative nella vita futura, a seguito di gravi traumi subiti e incubi che spesso riaffiorano nell'età adulta.