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Attrazione fatale

Comicità e Satira

Lei se ne stava lì, sul tappeto dinanzi al caminetto acceso, immobile in tutta la sua bellezza, mentre la fiamma guizzante avvolgeva a tratti con caldi riflessi il suo corpo levigato come un cristallo puro.
Dalla poltrona di fronte lui la guardava ammaliato, bloccato nei movimenti dall’intensità del desiderio che lo teneva inchiodato allo schienale, incapace di staccare lo sguardo dalle linee perfette e sinuose del suo dorso e nello stesso tempo attratto, calamitato, del tutto alienato rispetto a qualsiasi altro interesse.
La distanza da lei non gli impediva di avvertirne il profumo: note di albicocche, di mango, di arancia, ma anche di nespole, datteri, crema di pistacchi e vaniglia.
Sentiva sulle labbra il sapore del suo bacio, sapeva che se avesse soltanto accostato le labbra alla sua bocca, una dolcezza smisurata e coinvolgente si sarebbe impossessato di tutto il suo essere…e sarebbe stato perduto.
Avvertiva nelle mani un formicolio che si espandeva dal centro del palmo alla punta delle dita e lo costringeva a stringere forte i braccioli per impedire al proprio corpo, fiaccato dalla passione ma carico di desiderio insoddisfatto, di alzarsi e gettarsi su di lei senza più remore né contegno.
Non riusciva a distogliere gli occhi dal suo collo sottile e slanciato, da quell’onda d’oro brillante. La tentazione irresistibile di affondarvi il viso, di sentire sulle mucose asciutte del palato la sua fresca carezza, rigenerante, appagante, gli contraeva i muscoli dello stomaco.
Capì di essere sull’orlo di un vero e proprio raptus: come una pentola a pressione senza valvole di sfogo, la sua mente, con l’aumento progressivo ed incessante delle emozioni, sarebbe esplosa.
E allora ci sarebbe stata la liberazione e con essa lo sfogo violento, incontrollato ed irrazionale delle emozioni e delle frustrazioni represse. Avrebbe inveito, rovesciato il tavolo, lanciato oggetti, avrebbe distrutto, forse ucciso.
Tutto ciò non poteva, non doveva accadere. In fondo, l’ascesi, la mortificazione della carne, la rinuncia, i supplizi e le auto flagellazioni erano argomenti che riguardavano i santi e i martiri, non i miseri mortali come lui! Non aspirava alla gloria né dei cieli né del mondo, ma solo a soddisfare quel desiderio che gli stava prosciugando la carne.
Guardò il pendolo: mancava poco alle ventidue.
Ormai convinto sul da farsi, si alzò lentamente dalla poltrona, le labbra distese in un dolce sorriso, e si accostò al caminetto, dove lei continuava a starsene immobile al solito posto sul tappeto, pronta a concedersi senza opporre resistenza.
Si accovacciò accanto a lei, senza parlare, ne sfiorò delicatamente il corpo levigato con le dita, senza fretta, per prolungare ancora un po’ l’attesa e rendere più intenso il momento della raggiunta soddisfazione.
Poi la strinse con tutta la forza del desiderio, la stappò con un colpo deciso, la portò alle labbra e ne tracannò il contenuto a grandi sorsi, svuotandola in men che non si dica, fino all’ultima goccia.

(La bionda è il famoso MOSCATO DI NOTO - Il Musico)
Color giallo oro brillante con note di albicocche , mango, buccia di arancia, nespole, datteri, crema di pistacchi e vaniglia. Marmellate di agrumi. L'aspetto fruttato è fuso con aromi di tea, fiori di mimosa e zagara, zenzero, sesamo. Un insieme che ricorda tutto il profumo della pasticceria siciliana. La dolcezza si impone con grazia sulle componenti acide e alcoliche
.


Silvana Poccioni 17/12/2010 17:04 1 1374

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Questa esilarante storiella (della quale non mi sarei aspettato quel finale) me ne ricorda un'altra, che mi raccontava la mia nonna pesarese.
I vicini di casa di un uomo che viveva da solo sentivano che diceva, più volte e ad alta voce. "Fin ch'an i ò vist el cul, an vagh a lett" (finché non le ho visto il sedere, non vado a dormire) . Pensavano che avesse portato una donna in casa, salvo scoprire, poi, che si rivolgeva al fondo di una bottiglia di vino che, pian piano, aveva interamente bevuto.»
Antonio Terracciano

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