Quattro anni, eri bella, nei tuoi riccioli di grano ondeggiante su rosso panno, il cappotto della festa cucito per il tuo ultimo compleanno.
In strada il vento bruciava tante candele che in lunga fila marciavano consumandosi già, e tu seguivi i mitra obbediente, credendo fosse un gioco, un'avventura andare chissà dove, un nuovo luogo, un viaggio lontano, più lontano che mai, la tua mamma forse era già là.
Quattro anni e occhi di bimba interrogativi, si aspettavano solo il bello dalla vita, nella purezza che mai deve essere violata.
Provasti a giocare a nascondino ma i cattivi riuscirono a scovarti, strattonandoti per il braccino marchiando ancor di più quella stella ignobile sulla tua carne disprezzata e le punte ti trafissero precorrendo l'agonia.
Non credevi poi veramente di morire, non sapevi cosa fosse e soprattutto perchè.
Quel dolore durò poco e ti ritrovasti su un carro, macchia di rosso nel rosso sangue che inondava gli occhi del cielo, cancellando i tuoi riccioli d'oro.
Tutto intorno cumuli di scheletri di nulla, vestigia lontane di vite senza nome, numeri tra numeri svestiti di dignità nel delirio di onnipotenza che ancor oggi concupisce l'uomo.
Quattro anni spenti in un soffio e la sera il tuo assassino senza rimorsi ma anzi fiero del suo diligente lavoro, accarezzava altri riccioli di grano, grano puro nella sfarzosa culla, mentre tu già marcivi sola, senza una preghiera, nel tepore perso del tuo infangato cappottino rosso