Ora, d’ improvviso, ho freddo, eppure sino a qualche attimo fa, stavo benone.
Un viaggio davvero sereno, un'accogliente tepore ci ha accompagnati per larga parte del tragitto, ci siamo strette vicine vicine e abbiamo fatto amicizia, venivamo da diversi luoghi, io ne conoscevo a malapena uno o due, ma giusto perchè ne avevo sentito parlare in qualche precedente viaggio, mi chiedevo quando sarei anche io approdata in certi posti che dai racconti fatti avevano aspetti magici davvero suggestivi.
Eppure avevo già sulle spalle, si fà per dire, un bel numero di viaggi, nonostante la mia giovane età chiesi da subito di entrare a far parte del nucleo operativo, me lo sentivo dentro che quella era l’ unica strada che valeva la pena di percorrere per dare un giusto senso al mio essere e soprattutto contribuire al buon andamento di tutto il sistema, ci tenevo molto, si vedeva e fui presto assecondata.
La prima missione fu breve ma intensa di emozioni e di paura, soprattutto.
Rimasi attaccata al coperchio per non sò quanto tempo, qualcuno incautamente c’ appoggiò lì e le fiamme erano talmente vicine che vedevo il loro sguardo brillante e beffardo, costretta a respirare il loro fetido alito dal sapore acre della fine, la mia.
Ma non era quello il momento, difatti fui trasportata d’ improvviso in un altro luogo, lì m’ accorsi, in realtà le altre me lo dissero, d’ essere al sicuro e allora mi lasciai cadere, volli andare.
Piano piano iniziai a scivolare giù, vedevo le immagini trasformarsi in ghirigori di colore indefinito che perdevano i contorni e sparivano, per un’ istante i brividi mi precorsero tutta, quando rividi il luogo dove rischiai la mia essenza, per un’ istante rividi il fuoco che con le sue braccia voleva il mio abbraccio.
Un’ istante dopo si fece buio, sotto di me solo il vuoto non m’ appoggiavo a niente, cadevo e mi mancava l’ aria, le altre presero ad urlare ed io le imitai ma più per solidarietà che per terrore, forse.
Sbattei contro chissà che una decina di volte, ma non mi feci male, la mia leggerezza assorbe gl’ acciacchi dei percorsi ma per il puzzo non ho soluzioni e feci questo viaggetto quasi interamente in apnea, fù interminabile e tortuoso, nel buio assoluto e come già detto in un tanfo nauseante.
E finì . Un bagliore accecante, un chiarore un’ ultimo volo e poi il tuffo . Ripresi a respirare, in principio velocemente per mangiare più aria possibile poi mi feci regolare e, tra l’ altro pian piano smisi anche di tremare, forse ad emozioni avevo esagerato un po’, in fondo era pur sempre la mia prima volta in velocità.
Ora dov’ ero? Cos’ era quel luogo che mi stava ospitando, non riuscivo a chiuderlo dentro alla mia vista, non ci stava tutto, era talmente grande che fui vinta da un’ inquietudine strana, di perdizione e sentivo che forse avrei ripreso a tremare, poi mentre cercavo di darmi un contegno e di capire successe qualcosa di mai visto ne sentito ; d’ improvviso l’ aria o almeno, lo spazio che era intorno a me iniziò ad ondeggiare, uno strano senso di leggerezza m’ accarezzò la testa, un’ irresistibile forza mi stava tirando su, attratta dall'alto ma in modo dolce, soave, erano così quieti quei momenti, si stava facendo un po’ troppo caldo, ad onor del vero, tutt’ intorno diventò sfuocato e sospeso, sembrava che qualcuno stesse issando un velo, un velo trasparente, leggermente opaco, ma lieve .
Iniziai l’ ascesa, come perla, piccola perla appesa al velo, anche questa volta, davvero rimasi senza fiato, ma solo per lo stupore, lentamente m’ accorsi che quella sotto era una sconfinata pozza chiamata mare, qualcuno me ne aveva parlato, fui tranquilla perchè quello era il posto migliore dove essere, la nostra patria, mi era stato detto.
Ed era davvero enorme solo da una certa altezza cominciai ad apprezzarne i contorni, era azzurra senza spigoli, curva con grazia, profondamente bella.
Mentre mi perdevo in quei paesaggi sentì l’ orgoglio di appartenere a tutto ciò, mi sentivo figlia dell’ infinito incanto e non c’ era null’ altro al mondo che m’ avrebbe resa più felice e serena.
Già il mondo, anche di lui avevo avuto notizie, più o meno approfondite, e sino ad ora non ero sicura d’ aver compreso bene di che si trattasse, ma adesso, dissipati i dubbi e avendo “ toccato” con occhio ho avuto la certezza che quello era il mondo, la mia casa.
Stò sognando guardando sotto ma un boato mi terrorizza, mi scuote, m’ agita .
Il velo ora è panno, biancastro a tratti grigio e anche nero, fà freddo e cominciamo ad avere paura, ci spingiamo confusamente mentre i profondi rintocchi ci sconquassano le orecchie, qualcuno lancia spade di fuoco in basso, perché, mi chiedo, voler rovinare tutto quel bello e vorrei bloccarlo ma sono incastrata insieme alla altre non riesco a muovere passo, mi metto ad urlare ma il mio fiato non scalfisce nemmeno il guscio d’ urla, sono davvero frastornata, non afferro il senso di quel che accade, sento il pavimento scricchiolare, forse siamo in troppe ammassate tutte qui, forse sarebbe meglio se... cede.
Di botto uno squarcio nella pancia del panno e giù a tutta velocità, aiuto, di nuovo senza appoggio ai piedi, in caduta libera, rotolo nell’ aria poi il vento mi leviga le gambe e m’ accarezza il capo, così fà con tutte noi, ora c’ assomigliamo, proprio, siamo gocce d’ acqua.
Per completare il salto non occorre poi tanto tempo, si vien giù forte, vedi il puntino che era lassù divenire un disco sempre più largo, ad un certo momento ti senti fermo e pare che sia la terra a salire e allora è il momento di prepararsi all’ impatto, e qui evochi la fortuna, il massimo della comodità sarebbe cadere in mare, ovviamente, tornare in patria. Purtroppo non sempre è così e allora inizia il calvario, perché poi, a parte la botta che si riceve per esempio cadendo su un tetto piuttosto che sull’ ammortizzate foglie d’ una pianta, c’è da intraprendere il viaggio verso il ritorno, il ciclo non si può interrompere, è così da anni.
In quell'occasione mi andò benissimo, ero pronta al contatto e assai tesa ,sentivo il vento sospirarmi alle orecchie e da sotto un leggero tieporino segno della vicinanza al terreno quando ad un tratto qualcosa mi fermò dolcemente, molleggiai per un pò , li sospesa nell'aria, vennero altre "sorelle" ed ogni volta erano dolci sobbalzi, mi stavo divertendo , quel rimbalzare era davvero un bel gioco.
Mi guardai attorno, giusto per capire dov'ero e ci misi un pò a capire , perchè quel che mi teneva era un filo leggero trasparente che insieme ad altri aveva formato una specie di foglia invisibile con un disegno preciso , sembrava un cerchio ma senza curve, era grande ed attaccato a due foglie vere e a volte un tizio nero s'affacciava e sembrava non proprio contento di averci lì, chissà chi era.
Comunque da lì si godeva di una vista fantastica, ci rimanemmo per un bel pò; da sotto un mare, però verde era macchiato quà e là di svariati colori , bianco , giallo ,rosso, viola e tutto si accese di calore appena le ultime di noi arrivarono a destinazione . Tutto si illuminò e purtroppo dopo un pò ci tocco lasciare quel posto, fù straordinario e ancor oggi ho ben chiare in memoria tutte quelle splendide immagini.
Vorrei tanto rivolgere una preghiera a chi inventa , ho da chiedergli perché a noi gocce non ci danno delle ali, passiamo la maggior parte del tempo a zonzo per aria, ora sù, poi giù, ancora sù e così via. Un bel paio di alucce ci farebbero comodo almeno ci sarebbero risparmiati certi spaventosi istanti, certi “ colpi” al cuore .Poi, per sentito dire, pare che ci sia qualcuno laggiù che ha un bel paio d’ ali ma non le usa mai, se non ricordo male, tali polli.
Comunque poi, t’ abitui e quasi non ci fai più caso, certo, i vuoti d’ aria, quelli rimangono, sentire tutto il corpo voler uscire dal naso non sempre è una piacevole sensazione, ma tant’è il mio lavoro, la mia vita.
Non saprei fare altro, sono avventurosa, mi pice viaggiare amo la velocità.