Se entro nella casa di qualcuno, non sono assolutamente poi capace di descriverla: non ho per essa alcuna curiosità, né spirito di osservazione.
Ho invece sempre avuto discrete capacità di scrutare una città sconosciuta, di fare amicizia con lei e di immedesimarmi nella sua anima (se fossi stato architetto, avrei dovuto fare l'urbanista...)
Quando prestavo servizio militare a Civitavecchia, chissà quanto dovetti annoiare la ragazza di cui allora pensavo di essere innamorato, con una lunghissima lettera che pretendeva di elencarle le impressioni suscitatemi da quell'anonima cittadina!
E mi bastarono pochi passi, appena arrivato, ventunenne, a Lisbona, per sorprendere un giovane professore universitario portoghese, conosciuto per caso alcuni minuti prima, con il mio disquisire sul presunto carattere della capitale lusitana.
Quei volenterosi che hanno letto alcune mie poesie, o qualche racconto, si saranno senz'altro imbattuti in quei non pochi lavoretti dedicati a varie città. Non voglio qui ripetermi, e scelgo dieci (per darmi un limite) diverse città e cittadine, sulle quali credo di avere qualcosa da dire, disponendole in ordine alfabetico.
A tredici anni e mezzo, nell'ottobre del 1964, per andare a scuola dovevo attraversare, in bus, tutta la cittadina di Afragola, presso Napoli: per la prima volta ebbi modo di sentire l'intenso odore del mosto (evidentemente quasi tutti gli abitanti di Afragola, molto più di quelli di tanti comuni vicini, si dedicavano a fare il vino), che penetrava dentro il mezzo pubblico e inebriava i passeggeri (avrò l'occasione, una quindicina di anni dopo, di gustare altri odori intensi, come quello delle piantagioni di canapa a Capua, per dove passavo in auto ogni mattina per andare a insegnare, e come quello della benzina, che assaporavo ogni volta che facevo rifornimento); ci sono odori che, più dei profumi (ai quali anzi credo di essere piuttosto allergico), penetrano nel corpo e nell'animo, dando una piacevole sensazione di benessere.
Alghero è un'isola nell'isola. Mano a mano che il trenino si allontana da Sassari, sembra allontanarsi dall'Italia e anche dalla Sardegna, per arrivare infine nell'ultima (o prima) propaggine della Catalogna, riconoscibile dai nomi delle vie, dalla bandierina esposta nel porticciolo e dal dialetto (la distanza tra Alghero e la più vicina delle Isole Baleari è di non più di trecentocinquanta chilometri) .
Barcellona (sarebbe meglio scrivere il suo nome con una sola "l" anche in italiano, per evitare di confonderla con la siciliana Barcellona Pozzo di Gotto), per la conformazione geografica e per lo stile di vita dei suoi abitanti, solare ma non caotico, assomiglia più a Palermo che a Napoli: i profumi della natura sono intensi, e la città può permettersi, oltre alla famosa e lunghissima "Diagonal", di avere decine di larghe e comode "avenidas" (a Napoli, dopo il "Rettifilo" della fine dell'Ottocento, nulla è stato più fatto, per motivi orografici soprattutto, in tal senso) .
Catania mi ha fatto l'impressione di un sobborgo di Napoli (Ercolano, precisamente), e non di una vera grande città. Il suo aspetto mi è apparso trasandato, e la centralissima Via Etnea, anche se vagamente simile a Via Toledo di Napoli, non può assolutamente reggere al suo confronto. Catania è comunque una città del Sud che, come altre, nella struttura urbanistica e nel modo nervoso di agire della gente, maggiormente risente dell'esempio napoletano: ciò è testimonianza, forse, del ruolo che per secoli la capitale del Mezzogiorno ha svolto in gran parte del meridione. Scoppiettante come l'Etna, Catania è quasi agli antipodi di Palermo, dove la flemma (soprattutto nel modo di parlare) sembra farla da padrona...
Arrivando a Londra, viene quasi la voglia di pronunciare la famosa esclamazione che Rastignac, nella "Comé die humaine" di Balzac, dedicava alla capitale francese ("A nous deux, maintenant! ") , perché le sue dimensioni e l'atmosfera di vera metropoli incutono timore al visitatore; sembra davvero che Londra lanci una sfida a chi ha il coraggio di avvicinarla, che mostri i muscoli e dica: "Io sono la rappresentante del capitalismo più sfrenato, e conoscendo me, che sono la madre, avrai già una chiara idea delle mie figlie, più giovani e perciò ancor più vigorose, che stanno in America! "
Marsiglia è la seconda città della Francia, ma vive questa sua condizione senza particolare soddisfazione, afflitta, come tutte le città del sud, da problemi sociali e di lavoro. Quando la visitai, negli anni Ottanta, era considerata una città alquanto pericolosa, in mano alla mafia, ai trafficanti di droga, piena di nordafricani, di sfruttatori della prostituzione... E' un po' l'immagine che già le conferiva, nel suo romanzetto "Duri a Marsiglia", ambientato nel 1932, il nostro scrittore popolare Giancarlo Fusco. Ho però approfondito il carattere complesso (e, tutto sommato, dimesso) della città leggendo poi i romanzi che a lei ha dedicato Jean - Claude Izzo, scomparso prematuramente nel 2000 e chiaramente, come si deduce dal cognome, di origini italiane (campane) . E Marsiglia dovrebbe essere nel cuore degli abitanti progressisti dell'ex Regno di Napoli, perché lì trovarono rifugio, dopo il fallimento della Repubblica Partenopea del 1799, i patrioti che, al ritorno del re, riuscirono a evitare la morte.
Sotto vari aspetti, Milano è più vicina a Napoli che a Roma. La Galleria, la "Scala" simile al "San Carlo", l'estroversione e le capacità imprenditoriali della gente (anche se spesso a Napoli queste capacità sono costrette a estrinsecarsi a un infimo livello) la rendono paragonabile più al capoluogo partenopeo che alla capitale d'Italia. Percorrendo a piedi tutto il Viale Monza (diretto a Sesto San Giovanni, per avere una vaga idea del luogo di nascita, quasi casuale, di mia madre), ho avuto pressappoco l'impressione di trovarmi in una delle zone industriali, ormai dismesse, della periferia orientale di Napoli, se si eccettua la lontananza dal mare.
Strasburgo (più volte francese, più volte tedesca, tanto da non sapere più bene se è francese o tedesca) è davvero una città che può ben simbolizzare la tanto auspicata, vera, unità europea. La Germania è talmente vicina che decisi di attraversare a piedi il ponte sul Reno, per visitare, per poche ore, il dirimpettaio comune tedesco di Kehl. (La Germania non era ancora unificata, ed ebbi la piccola disavventura di trascorrere una mezz'oretta nella garitta della dogana tedesca, dove controllarono con cura i miei documenti perché, mi accorsi, assomigliavo molto a un terrorista la cui fotografia campeggiava sulla parete della stanza!)
Toulouse (sarebbe meglio chiamarla così anche in italiano, per non confonderla con la Tolosa spagnola) è una genuina città del sud della Francia, che per molti aspetti (conformazione, cucina, socievolezza degli abitanti, grandezza) ricorda Bologna. Uno dei suoi problemi maggiori (comune, del resto, a quasi tutte le città francesi) è per me quello dei cani, lasciati troppo liberi (senza guinzaglio, senza museruola) di dar fastidio alla gente impressionabile come me (la signora sul ponte, anziché richiamare il suo bestione che mi si era avvicinato con piglio aggressivo, guardò me con una specie di disprezzo...)
Ho lasciato Venezia per ultima, non solo per rispettare l'ordine alfabetico. Il carattere escatologico della città lagunare è stato messo in evidenza da tanta letteratura (si pensi anche soltanto a "La morte a Venezia" di Thomas Mann) . Venezia è un po' il simbolo di quelle città venute su dal nulla, che in pochi secoli raggiungono l'apice dello splendore, ma che poi, altrettanto rapidamente, si avviano (per contingenze geopolitiche e naturali) verso un inesorabile declino. Gli antichi splendori e i passati sfarzi ristagnano un po' nell'aria, e poi annegano nei canali dove, ormai simili a cadaveri, vanno in putrefazione e diventano maleodoranti. Venezia preannuncia la nostra fine, conciliandoci con essa: è un privilegio di pochissime città, è un privilegio che merita un prezzo elevato (per questo, forse, i costi degli alberghi e dei ristoranti sono così cari...)