Tutti pensano che la fame nel mondo sia una piaga circoscritta a quei paesi che vivono in regime di povertà e di degrado socioculturale.
Questo perché identificano la fame con la carenza di cibo.
Ma le cose non stanno esattamente in questi termini, o meglio, non solo.
La fame di cui il mondo avverte la morsa é più un costante, inappagabile e debilitante senso di insoddisfazione.
É più una carestia dovuta alla mancanza di valori umani e di principi morali prima ancora che di derrate alimentari.
E chi crede di poter soccorrere la propria coscienza “ rifocillando gli affamati”, non si accorge d’ esser a sua volta un assetato nel deserto degli insaziabili.
Spesso con il termine “ vocazione” si indica l’“ illuminazione” con la quale qualcuno comprende cosa è chiamato a fare nella vita ma, a ben vedere, la vocazione non è che un sinonimo di ambizione e di aspirazione, due vocaboli strettamente imparentati con la più comune e primaria di tutte le necessità: la fame.
Che sia fame di un piatto di riso piuttosto che della voglia di realizzarsi sentendosi utile per qualcuno che si considera meno fortunato, resta il fatto che non è l’ altruismo a muovere i nostri passi ma l’ ingordigia.
Come in tutte le cose, se preso a piccole dosi, quel vago senso di languore è salutare poiché costituisce il motore che spinge alla ricerca di qualcos'altro, che guarda al cambiamento come una fase evolutiva e che anela a soddisfare il bisogno implicito di crescita, insito in tutto ciò che é.
Eppure per quanto ci si nutra sembra non vi sia rimedio al fatto che “ l’ appetito” tornerà a farsi sentire.
« Mangia del mio Pane e non avrai più fame».
Cosi si espresse il Figlio dell'Uomo più di 2000 anni fa.
Mi son chiesta spesso cosa intendesse e oggi forse sono in grado di rispondermi.
Esiste un solo Pane capace di realizzare un simile “ prodigio”, un Pane che non viene cotto nelle botteghe dei fornai ma che è sicuramente lievitato nell'animo di chi ha fame.
Con questo Pane l’ ego deperisce.
L'ego ha fame di potere, di ideali, di apprezzamenti dissimulati dall'ostentazione di nobili virtù, ha bisogno di continue attenzioni e pretende d'esser esaudito, sempre e a qualsiasi costo.
L'ego é quella voglia di qualcosa di buono che ti prende quando la carenza di zucchero nella tua quotidianità crea una voragine nel cuore che si riflette nello stomaco, é quella sensazione di insofferenza che appartiene a chi, avendo raggiunto un obiettivo, non é capace di godersi la conquista o di chi, non avendolo raggiunto, crocifigge le proprie aspettative trasformandosi nel carnefice di sé stesso.
Credi di doverlo accontentare per essere felice ma, quando capisci quanto sia esigente e ti rendi conto di non essere in grado di sostenere il ritmo delle sue richieste, allora smetti di assecondarlo nonostante lui continui ad assillarti.
Proprio come un bambino capriccioso s'impunta per ottenere da te, quello che lo fa sentire vivo e ti induce ad illuderti che sia proprio quello che ti serve.
Ma quando finalmente l’ anima si sveglia e interrompe il suo digiuno sostentandosi con quel Pane, ecco che l'ego s’ indebolisce, esaurendo il tuo delirio di onnipotenza e permettendo allo spirito di depurarsi dall'indigestione del sé.
La consapevolezza ti spalanca quindi gli occhi sulle illusioni di cui ti sei nutrito fino a quel momento e ti riempie il cuore della certezza che, ora che sono state rivelate, non avrai più l’ urgenza di creartene di nuove con le quali identificarti.
Non dovrai più cercare altrove il senso di sazietà, poiché in te vi è l'Amore, quello che hai ravvisato nella generosità di chi, pur avendo perso il lavoro ha saputo offrirti un sorriso, quello che hai abbracciato con lo sguardo quando, nel corridoio dell’ ospedale, hai incrociatola corsa frizzante di una giovane donna malata di tumore, quello che hai pregustato nell'immaginarti mamma del tuo sogno, quello che chiedeva semplicemente d’ esser scelto anziché tollerato, quello che preferiva esser deluso ma vederti raggiante piuttosto che appagato sapendoti infelice.