Una mia lontana parente ha scritto un romanzetto sulle difficoltà, da parte di una ragazza, di trovare l'uomo giusto, facendolo stampare, a proprie spese, da una piccola casa editrice.
Vorrebbe venderne molte copie e affermarsi come scrittrice. Ha già fatto la presentazione altre volte, ma ora, per quella nella sua (e mia) cittadina, sapendo che anch'io mi diletto di letteratura, m'invita per telefono.
"Farò parte volentieri del pubblico", le dico.
"Non ti invito come ascoltatore, ma come conferenziere", mi corregge.
"Ma io non ho letto il tuo libro! "
"Non fa niente, mi potrai per esempio porre delle domande, ed io risponderò. "
Curioso di questa nuova esperienza, accetto, anche se con molti dubbi.
Il locale della presentazione è un famoso, per noi concittadini, palazzotto, detto "dell'Orologio", a volte usato come emblema (per la squadra di calcio, ad esempio) della cittadina.
(Alla fine del Settecento si stava costruendo una chiesa, ma prima che fosse consacrata arrivarono i Francesi, che la trasformarono in alloggio per le truppe ed in stalla per i cavalli. Dopo, fu adibita ai più svariati usi, fino a diventare, al giorno d'oggi, Biblioteca comunale e perfino sede distaccata di una facoltà di un'Università di Napoli.)
E' una grigia serata di dicembre, e quando vi entro (non ci avevo mai messo piede in precedenza) vengo conquistato dalla solida struttura dell'edificio e, pensando alla storia, immagino immediatamente le figure dei soldati rivoluzionari, che mi si presentano come amichevoli fantasmi (riesco a scorgere anche qualche cavallo) .
Ci sono ancora solo quattro gatti, un libraio, l'autrice dell'opera e due sue amiche (anch'esse scrittrici per la stessa casa editrice): stanno sistemando su un lungo tavolo dei pasticcini disposti in modo tale da formare il titolo del libro.
Passa una buona mezz'ora e non si presenta quasi nessuno, ma decidiamo di incominciare ugualmente (alla fine conterò un pubblico di circa una ventina di persone) .
Le amiche lodano un po' sopra le righe l'opera della mia parente, evidentemente compiaciuta.
Alla fine mi passano il microfono (cerco disperatamente di non usarlo, ma mi fanno notare che la voce non arriva in fondo alla sala), ed io dico sinceramente che non ho letto il romanzetto, ma che posso, al massimo, disquisire sul titolo, il quale sottolinea senza perifrasi che la scrittrice è disposta a sposare solo un (introvabile) uomo che ragiona.
Dico che il titolo mi sembra troppo drastico, che magari avrei aggiunto "come me", perché tutti ragioniamo (ciascuno a suo modo), perché gli uomini non sono bestie (ed anche le bestie, in fondo, ragionano) .
Anche se fa buon viso a cattivo gioco, intuisco la scontentezza della parente, che cerca, senza successo, di replicare alla mia osservazione, la quale trova invece (me ne accorgo) parecchio consenso nel pubblico presente in sala.
Ho anche l'occasione di declamare una mia poesia (recito "Donne e pioggia") , in modo, però (me ne rendo conto), alquanto maldestro (sono più bravo a leggere le cose degli altri che le mie) .
Al termine della presentazione mi scuso con l'autrice di essere stato, forse, troppo critico, e compro due copie del libro (una la regalerò il giorno dopo a una giovane signora russo- ucraina, sperando che le possa servire per approfondire il suo italiano, e l'altra, dopo averla velocemente letta, la darò a un'attempata signorina di mia conoscenza, affinché cerchi di lenire la sua pena, condividendola con quella della scrittrice) .
Prima di uscire vengo avvicinato da alcuni uditori, uno dei quali mi suggerisce che, nel titolo, anche l'aggiunta di "quasi come me" sarebbe andata bene; una bella ragazza vicina a lui (sua nuora, mi dirà poi) gli dà ragione, parlando un italiano con un accento mai sentito prima, per cui le chiedo se è straniera (penso a un'albanese, a una macedone...) , facendo una gaffe nella quale non ero mai incorso in questo campo in tutta la mia vita, in quanto il suocero simpaticamente mi dice: "Sì, è straniera di Andria! "
La parente scrittrice si metterà fra poco all'opera per un secondo romanzo: non credo che mi inviterà a presentarlo, ma io le faccio i miei auguri davvero sinceri di un immenso successo.