Da “Il romanzo che non ho ancora scritto”
(Visto che non mi decido, ha deciso di scriversi da solo! Così, qualunque cosa accada, io non c’entro!)
Jogging sulla spiaggia tutto l’anno, 2-3 volte a settimana. Non lo faccio per mantenermi in forma. Non sono, quindi, una patita del cronometro. Corro, in perfetta solitudine, immersa nella natura, e "viaggio" -fuori e dentro di me-. Quindici km, correndo, ma anche camminando, fermandomi a fare foto, a respirare il mare e la mia anima. Finchè arrivo su un muro altissimo, largo circa un metro e mezzo. Ci salgo sopra e lì corro. Sospesa, tra cielo e mare. Questo muro punta dritto verso l’Etna che, maestoso, si staglia sull'altra riva. La mia.
E' l’apoteosi, ogni volta, raggiungerlo e volarci sopra. Poche cose per me sono così vicine alla preghiera. Sono laica. Per me questo è un viaggio spirituale. Meditazione ed elevazione. Non importa come parto, per questo viaggio. Certo è, che ogni volta che ritorno, sono una persona nuova!
Ieri stavo correndo tra gli spruzzi, con le scarpe dentro l'acqua. Tornavo, dopo la mia "scorribanda" sul muro, verso casa, immersa dentro la mia anima. Erano le 13.30. Da sola, nel vento, nel sole, nel mare. Nella mia musica, fuori dal tempo. Nel mio tempo. Correvo incontro a me.
All'improvviso mi sono fermata. Il mio sesto senso: volgo lo sguardo verso la strada. Solo un viottolo di terra battuta, che separa la spiaggia dalla ferrovia. E cosa vedo? Una spider vecchio modello, amaranto. Si ferma.
Nessuno. Non c’era nessuno per km, oltre me e due gabbiani, che giocavano per i fatti loro, nel vento. Intravedo la sagoma sfocata d'un uomo che scende dalla macchina. Sembra un miraggio. Deve essere l'ipoglicemia, penso. E' molto lontano, lo vedo confusamente. Sono sulla riva, dentro l'onda. Lui è alla fine della spiaggia. La spiaggia qui, assomiglia a un deserto, per quanto è ampia! E io non guardo quasi mai verso la terra, quando corro. Preferisco immergermi nel mare e nel cielo. Quello che riesco a distinguere è una strana paglietta. Poi vedo brillare un ... Sax!
Mi fermo. Tolgo gli auricolari e spengo l'jpod. E resto lì, incantata, a guardare. Sembra un sogno già sognato. La sagoma d'uomo -la intravedo appena- si mette di fronte al mare e, comincia a suonare. Qualcosa di stupendo, meraviglioso, sublime. Il suono del sax e la voce del vento. E attorno solo cielo e mare. In una solitudine divina. Un attimo perfetto.
E' stato respirare poesia, camminando dentro un sogno! Non lo dimenticherò mai.
Prendo l'jphone dal marsupio. Faccio qualche foto, da lontano. Vorrei avvicinarmi, ma sono titurbante. Mi sento in imbarazzo per il mio stato. Sembro una naufraga nord africana. Ho i pantaloni bagnati. Sono sudata, scarmigliata. Mezza svestita. Lasciamo stare, penso. Poi mi fermo. Non posso andarmene. Voglio ascoltare. Mi avvicino, piano, piano, di lato, per non farmi notare.
Lui, intanto, si è appoggiato alla spider e continua a suonare. Di fronte al mare. Ispirato, maestoso, nel vento. Suona in modo divino. Una musica struggente. Una preghiera laica che sale verso il cielo. In un posto magico. Irreale. Mi viene da piangere dall’emozione. E' così straordinariamente bello, da essere commovente. Sento lunghi brividi lungo la schiena. E sono, come ipnotizzata, da quello che sta accadendo. Ho il cuore in gola, trattengo il respiro.
Mi avvicino con cautela. Sempre di lato, per non farmi vedere. Apro il registratore e registro la musica e la voce del vento. Poi, mi lascio scivolare sulla sabbia. Cerco di non dare nell'occhio, non voglio spezzare l'incantesimo. Sento che mi ha notata. Il sax ha cambiato voce. Mi scende una lacrima. È un'emozione indicibile. Voglio ringraziarlo, per questo frammento d'eterno che mi sta regalando.
Prendo un foglietto dal marsupio, tipo post-it, -ne ho sempre uno appresso- e scrivo:
Ore 13.50 del 16/05/2010
"Musica sciolta nella canzone dell'onda.
Aria, che il vento muove, verso il mistero del cielo.
Anima dice grazie.”
Poi mi muovo risoluta verso di lui. Oltrepasso gli sterpi frapposti tra noi. Man mano che avanzo, il sax suona sempre più forte. Poi, piano piano, il suono scema. Si spegne. Sono di fronte all'uomodelsax. Il sax, muto, tra noi, manda bagliori di sole. Un istante brevissimo, ma intenso e indimenticabile. Sono così emozionata che non riesco neanche a mettere bene a fuoco la sua immagine. Ho la sensazione di averlo già visto da qualche parte. Su qualche palco, in qualche spettacolo, in un'altra vita. O forse, semplicemente, in un sogno della mia anima. Un attimo.
Dico, sottovoce, (solo un sussurro nelle mani del vento): “Mi ha emozionato. Grazie ...”.
E l'emozione mi serra, ancor di più, la gola. Lui mi guarda (credo). Ha gli occhiali scuri, non vedo i suoi occhi. Ho appena il tempo di indovinare il suo sorriso. Gli porgo velocemente il biglietto e gli volto le spalle.
Fulminea e leggera, quasi danzando, riprendo la mia corsa. Sento alle mie spalle una voce sommessa. Un sussurro, nelle mani del vento: “Grazie” .
Sono già di nuovo ad un passo dal mare. Non mi volto neanche a guardare. Riprende il sax a suonare e sembra chiamare. Corro più forte, ancora, nel vento.
Ho vissuto un attimo eterno. Perfetto. Compiuto nella sua incompiutezza. Trasparente, come un cristallo di rocca.
Ho sempre sognato di suonare il sax. E di farlo cosi', di fronte al mare. Ma non lo so suonare. Qualcuno l’ha fatto per me. Qualcuno, con un vestito amaranto e un sax, che brillava al sole, ha cantato la sua canzone al vento. Ed io ero lì. Misteriosamente.
Oggi sono tornata nello stesso posto. Non c’era nessuno. Solo due gabbiani giocavano ancora con le onde. Ho ascoltato il vento suonare. Ho respirato il ricordo di quell’attimo perfetto e ho sorriso al mare.
(Scritto il giorno dopo, assieme ad uno gnomo.)