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Se chiudi gli occhi, puoi vedere - 2° ed ultima parte

Dramma

È sera quando un infermiere, garbatamente, ci avverte che lì, non possiamo più restare e così ci avviamo; Fabio è affidato di nuovo a me ed Enrico e torniamo a casa, dove ci prepariamo una cena leggera cercando continuamente di coinvolgerelo nei nostri discorsi, però, ancora non parla.

A un tratto Fabio torna a rovistare nella sua sacca e mentre tira fuori la sua mano, gli si accende un dolcissimo sorriso sul viso, un sorriso fatto di meraviglia e soddisfazione come se fosse un archeologo che, dopo mesi e mesi di scavi, trovi finalmente quello che sta cercando; si volta, poi, si blocca come un automa senza più energia, cade sulle sue ginocchia e piange…piange…singhiozza, singhiozza tanto da diventare paonazzo. Devo avvicinarmi a lui per capire quello che sospirando bisbiglia: “Mamma…mamma…mamma…Valeria…

Quanto tempo ci abbiamo messo a calmarlo, Enrico ed io, non so quantificarlo, fatto sta che, solo dopo ore Fabio riesce a parlare in maniera comprensibile e parla con noi, ci pone delle domande e noi…per quanto possiamo e sappiamo fare, cerchiamo di dare un valore a quello che è accaduto…un senso…….ma dov’è il senso a tutto questo, dove; qual è il disegno recondito che vi è dietro, chi ne è l’artefice e, quindi, contro chi o cosa dobbiamo inveire ora e per gli anni che verranno. Ha una logica dare la colpa a qualcuno o qualcosa di più grande di noi, è giusto inveire contro Colui a cui, nella stessa maniera, chiediamo conforto? È giusto dire che è stato Lui a rubare i nostri sogni, il nostro futuro che, inevitabilmente adesso cambierà?

Non si può tornare indietro però, non si può cambiare il corso degli eventi, non si può e gli anni che verranno, le nostre stesse vite, saranno per sempre segnate da tutto questo; è inutile ostinarsi a negarlo a noi stessi, quasi a voler scongiurare la cosa.

Anna e la piccola Valeria non ci sono più.

Il giorno dei funerali apprendiamo che Franco è fuori pericolo, ora toccherà metterlo a conoscenza della scomparsa della moglie e della figlia…sì, ma chi lo farà? Durante la cerimonia funebre Fabio resta composto nel banco tra i nonni che lo stringono amorevolmente, solo alla fine si avvicina alla bara della sua mamma e vi posa lentamente, molto lentamente quasi a voler prolungare quel momento in eterno per non doverle dire addio, vi posa una rosa blu; poi, si volta verso la piccola bara bianca della sorellina e, prima di posarvi sopra quello che ha tenuto stretto tra le mani per tutto il tempo, mi guarda supplichevole.

Si piega, bacia delicatamente verso il bordo della bara e sussurra:

- L’ho trovata…guarda Valeria, eccola qui la tua fatina, eccola qui, non piangere più, il tuo fratellone te l’ha ritrovata…eccola, ora resterà per sempre con te. Se vorrai sai dove cercarmi e mi troverai …mi troverai

Bisogna trovare la forza per superare certi momenti che sappiamo, ci resteranno incisi nella mente e nel cuore per sempre, come l’immagine di quel bimbo, in piedi ed immobile tra le due bare, come indeciso su quale salutare per prima e quale per ultima, come se facesse un torto all’una o all’altra prendendo la decisione sbagliata; piegato e spezzato in due per sempre, tra sua madre e sua sorella.

Passano circa tre mesi prima che Franco, il padre di Fabio, possa riprendersi. Si è trasferito dai nonni materni ma è spesso da noi, ci teniamo compagnia, giochiamo…ricordiamo….

Un giorno però Franco ci mette al corrente della sua decisione di riprendere il piccolo con sé, è giusto che sia così, devono imparare a vivere da soli, a farcela da soli ma la cosa triste è che Franco decide anche di trasferirsi in un’altra città, per lui restare qui è troppo doloroso, non sopporta, infatti, l’idea di dover frequentare i luoghi ove era stato con Anna, il parco, dove portava la piccola Valeria a giocare, il supermercato dove facevano la spesa.

E siamo ad oggi,sono passati molti anni, quasi diciotto, Franco e Fabio oramai non li vediamo più da molto tempo, dopo i primi anni, in cui ci siamo tenuti strettamente in contatto, i rapporti sono andati mano mano scemando; Franco ci fece capire che anche il frequentare noi a lui, a loro, procurava dolore e quindi, inevitabilmente io e mio fratello Enrico ci siamo fatti da parte per permettere loro…di vivere.

Io sono diventata una giornalista, lavoro in un giornale locale e ogni tanto provo a pubblicare qualcosa di più concreto di un articolo di cronaca; qualche tempo fa ho spedito il mio ultimo racconto a una rivista e, con mia grande sorpresa il redattore della stessa mi ha contattata con una mail, dopo pochi giorni, dichiarando di aver intenzione di pubblicarlo, non prima però di aver avuto un colloquio con me; si è firmato “Il redattore” e quindi non so neppure con chi avrò a che fare.

Il giorno dell’appuntamento sono molto emozionata, ho avuto altri di questi incontri di lavoro ma, oggi, non so perché, sento che è diverso, che accadrà qualcosa d’inaspettato, qualcosa di…. nuovo.

Il tempo occorrente a raggiungere il luogo dell’appuntamento non è tanto ma sembra eterno, penso e ripenso agli attimi che verranno, immagino la scena con me seduta di fronte ad un uomo che, come al solito, avrebbe assunto un’aria di sufficienza nel parlare del mio lavoro quasi a volerlo sminuire; oppure, come fanno altri, facendomi un mare di complimenti, per poi sottopormi l’ennesima proposta di contratto editoriale….per cui avrei dovuto pagare io.

Ma come si dice, non mettiamo il carro davanti ai buoi.

Arrivo in un bel palazzo moderno, tutto vetri e trasparenze, da un senso di libertà tutta questa luce che lo attraversa e adesso mi fermo nell’androne di questo bell’edificio e penso…penso a quanto io abbia aspettato questo momento, a quanto tenga al racconto per cui sono stata convocata qui, è la storia di una vita, anzi di tante vite legate l’una all’altra che sono dipese e dipendono l’una dall’altra; vite spezzate, vite vissute, vite strappate e ricucite una due,tre….tante volte.

Ciò che fa speciale questo giorno è la consapevolezza che d’ora in poi potrò mettere la parola fine a questa sofferenza infinita…ma sarà vero?

Potrò mai smettere di soffrire…con l’ombra di quel giorno sempre dinanzi ai miei occhi?

L’ascensore si ferma al quinto piano…procedo lungo il corridoio, attraverso un saletta, dove noto ferme due simpatiche signore e dico loro:

- Buongiorno, scusate, ho appuntamento con il redattore, di cui non conosco il nome, nell’invito non è specificato ma…

Non mi lasciano finire la frase e, con uno splendente sorriso, mi indicano a gesti una porta situata proprio alle loro spalle; busso…una voce dall’interno mi dice di accomodarmi e lo faccio.

Prendo posto su di una poltrona di pelle, azzurra ed eccolo…si gira, mi guarda e mi sorride, poi…si blocca, sembra quasi deluso, forse non gli sono piaciuta, forse si accinge a darmi una brutta notizia, forse non ricorda chi io sia e cosa ci faccia lì, forse, forse…ma quanto penso!

Calma, meglio che stia a sentire ciò che ha da dirmi, meglio assumere un atteggiamento più….diciamo più professionale; ma è piuttosto difficile. Sto tremando, sono nervosa….ma quando si decide a dirmi quel che deve dirmi?

- Buongiorno signora....Linda, giusto?

Beh! Almeno ricorda il mio nome…buon segno;

- Credo che lei già sappia perché l’ho convocata qui, ho letto il suo racconto….

Si ferma….ma che fa? Gioca come fa il gatto con il topo? E dai, forza !

- Mi è molto piaciuto e…mi ci sono ritrovato, ho ritrovato alcuni momenti che sono miei, che sono dentro di me e che vi sono sempre stati…insomma, Linda...”

Si ferma di nuovo, si alza, viene verso di me e dice:

- E’ venuta a ringraziarmi, una notte qualche mese dopo….di averle ritrovato Trilly…era contenta ed era insieme alla mamma…”

- FABIO! oh mio Dio! Fabio sei tu...ma come...ma chi Fabio, Fabio; Fabio cuore mio ma dove eri finito, dove, ma cosa ci fai qui e papà, papà dov’è…ma tu come stai e poi...

Non riusciamo a trattenerci, in un istante siamo l’uno nelle braccia dell’altro…è un momento forte e dolce nello stesso tempo…quanti ricordi, quante domande, quanto tempo.

Quanto tempo è passato, diciotto anni.

Fabio mi racconta di lui, di quello che ha fatto in questi anni, dei suoi studi, della sua vita…di come ha vissuto sino ad ora sempre nel ricordo di sua madre…della sua sorellina e di me.

Ricorda tutto di quei momenti e di quanto lui abbia sofferto quando suo padre decise di allontanarlo da noi, credendo di fargli del bene, di non farlo soffrire ed invece non fu così.

Invece Fabio ha trascorso la sua giovinezza solo, senza una vera amicizia, senza poter approfondire nessun rapporto in maniera profonda perché, perchè, lui dice:

- Perché, sai Linda, io ho vissuto sino ad ora con il tuo viso nei miei occhi, le tue mani sul mio capo mentre mi carezzavi e mi cullavi per consolarmi del mio immenso dolore, la verità è Linda, che io sin da piccolo sentivo un forte attaccamento nei tuoi confronti ed un sentimento puro e bello come un fiore primaverile, una margherita, una di quelle bianche semplici e belle ma allo stesso tempo tanto affascinanti; Linda, ho capito solo dopo…che io mi ero...innamorato di te, ma ero solo un ragazzino e non capivo, non sapevo e non potevo.

Quando mi sentivo solo, quando piangevo nella mia cameretta, prendevo il nostro libro, il nostro Peter Pan, lo stringevo forte a me e chiudevo gli occhi, chiudevo gli occhi e…ti vedevo, chiudendo gli occhi io…ti vedevo e mi tranquillizzavo. Mi addormentavo tra lacrime e pianto, tra ricordi ed emozioni forti ma sempre nella speranza che, un giorno, forse, ti avrei rivista.

Io sono senza parole, lo guardo..è un uomo ormai…io…una donna fatta, eppure…eppure…eppure.

Io sento che quel legame che ci univa c’è ancora, adesso sembra si sia evoluto..trasformato, anzi no, è sbocciato.

Proprio come una margherita in primavera, e come per tutte le cose pure e belle…il tempo, non conta.

Cominciamo a frequentarci, ad uscire, a fare lunghe passeggiate durante le quali ci avviciniamo sempre più, sempre più e parliamo e ci sfioriamo ci incontriamo nel mondo parallelo e profondo dei nostri occhi attraverso i quali ci diciamo cose mai dette prima e a attraverso i quali ci guardiamo dentro.

Siamo nell’aria, siamo aria e ossigeno l’uno dell’altra, siamo ciò che siamo sempre stati, un’unica cosa; la profondità dei nostri sentimenti oramai è tangibile, ci accorgiamo giorno dopo giorno di quello che abbiamo e vogliamo viverlo senza pensare ai se ed i ma…viverlo e lasciarsi travolgere da esso per goderne a pieno.

Comunque vada questo è un amore che è nato molto tempo fa, qualcuno pensò bene di affidare quel bimbo ad una giovane donna, e quel bimbo ha vissuto sino ad ora nel suo ricordo, sino a che, un giorno, il destino l’ha portato a leggere proprio un suo racconto, racconto nel quale si narra di una ragazza e di un bimbo che non voleva parlare.

FINE



Anna Elvira Cuomo 11/11/2010 12:08 1234

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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Pagine: 240 - € 12
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686108


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Lo squalo (04/09/2010)

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