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La Solitaria - Parte Seconda -

Amore

Alle prime luci dell'alba si alzò di scatto a sedere sul letto. Era più stanco della sera prima ma aveva una carica di adrenalina che gli fece ben presto dimenticare la stanchezza. In preda ad un'eccitazione che non provava da tempo e che forse - si disse - non aveva provato nemmeno quando era stato innamorato di Adriana 10 anni prima - l'unica donna con la quale aveva avuto un qualche tipo di relazione dopo quella con sua madre - si diresse verso il bagno e si ficcò sotto il getto gelato della doccia. Voleva svegliarsi meglio, ma il pensiero di Adriana gli diede una fitta al petto. Era tanto che non pensava a lei. Ed era la prima volta, dopo tutti quegli anni, che il pensiero di lei gli trasmetteva un'emozione. Cosa gli stava succedendo? Non si riconosceva più. Cercò di cacciare quel pensiero, ma più cercava di mandarlo via, più iniziava ad ossessionarlo. Forse erano ancora i sensi di colpa a farlo sentire così. Ma no – si disse – sicuramente sarà la mancanza di sonno! Il freddo pungente dell'acqua che scivolava sul suo corpo lo fece sentire meglio. Si asciugò frizionandosi energicamente e scese le scale per andare in cucina a prepararsi un buon caffé. I crampi allo stomaco gli ricordarono che erano almeno 24 ore che non mangiava. Aprì il frigo e tirò fuori due uova e un po' di bacon, il burro, lo mise in una padella e, appena cominciò a sfrigolare ci buttò il resto. Mangiò avidamente e, una volta finito di mangiare, si rase la barba accuratamente – come non faceva da anni – poi aprì l'armadio alla ricerca di un pantalone e una camicia più nuovi. Purtoppo però, era troppo tempo che non rinnovava il suo guardaroba. Doveva rimediare al più presto. Il pomeriggio sarebbe andato in paese a fare shopping. Terminato il rito della vestizione, prese la sua Hasselblad e si diresse verso la sua vecchia e sgangherata macchina, destinazione La Solitaria .

Era di ottimo umore, per la prima volta dopo anni, anche se il tarlo del passato si stava subdolamente e lentamente impossessando dei suoi pensieri. Cercò di scacciarlo accendendo la radio e cantando a squarciagola sopra la canzone che stavano trasmettendo “ You can get it if you really want”. Mentre iniziavano le curve, si sentì improvvisamente ansioso, incerto sull'esito della sua ricerca. E se fosse sparita nel nulla così come era apparsa? In fondo erano anni che faceva quella vecchia strada in lungo e in largo, ma non l'aveva mai vista. Ormai conosceva tutto e tutti, non c'era nemmeno una piccola zona – che fosse nei boschi circostanti o nel borgo – che non avesse esplorato e anche le persone che vivevano lì erano sempre le stesse da anni. Che si fosse persa? Ma come ci era arrivata? Questi pensieri lo agitavano oltremodo e non riusciva a capirne il motivo. Ma ormai non se lo chiedeva neanche più, era completamente preso dalla sua ricerca. Arrivò al punto esatto dove il giorno precedente aveva visto la bambina e, con sua grande delusione si rese presto conto che su quella strada non c'era nessuno. Si guardò intorno, poi decise di posteggiare la macchina in un piccolo spiazzo per incamminarsi nel bosco, dal punto in cui l'aveva vista fuggire via.

Camminò per quasi due ore, faticando non poco per evitare di graffiarsi con i rami degli alberi e la fitta vegetazione che bloccava il passaggio quasi ovunque. Alla fine arrivò in una radura dove finalmente poté riposare un po'. Era una bellissima giornata di ottobre e la vista di tutto quel verde gli dava un senso di pace intensa. Decise di sdraiarsi su quel manto verde per riprendere fiato e riflettere sul da farsi. Ma la stanchezza dovuta alla notte insonne ed alla tensione era tanta e così cadde in un sonno profondo. Si svegliò che era quasi buio, dovette fare mente locale per realizzare dove si trovasse e perché. Guardò l'orologio e si accorse di aver dormito tutta la giornata! Come era potuto accadere? Si alzò in piedi guardandosi intorno, ma c'era un silenzio spettrale, si udiva appena il fruscio degli alberi. Cominciò a camminare con passo veloce, rendendosi conto che di lì a poco si sarebbe trovato completamente immerso nel buio. Sentì salire un leggero panico alla bocca dello stomaco. Si disse di stare calmo, che avrebbe trovato la strada più breve e che non poteva accadergli nulla. Se lo ripeteva tra sé e sé, bisbigliandolo di continuo, come un mantra. All'improvviso inciampò in qualcosa che non riuscì a distinguere – ma sembrava un animale – e cadde a terra con la faccia in giù.

- Ti sei fatto male? - una voce alle sue spalle lo fece trasalire.

Girò la testa verso “il coso parlante” e riuscì a distinguere nella penombra un'esile figura di bambina . Trasalì. Non poteva essere lei! Cosa ci faceva a quell'ora in mezzo ad un bosco?

Sembrava avergli letto nel pensiero, perché subito aggiunse:

- Io mi chiamo Alicia e abito qui.

- Ma.. come... com'è possibile? Quanti anni hai?

- Io 9 e tu come ti chiami?

- Luigi... ma tu perché non sei con i tuoi genitori?

- Bèh, è una lunga storia, non credo ti interessi …

- Senti un po', bambina..

- Mi chiamo Alicia!

- Ok ok. Senti un po', Alicia, io non credo che tu possa stare qui da sola e quindi adesso facciamo una bella cosa: usciamo da questo posto e io ti accompagno alla prima stazione di polizia!

- Senti un po'... scorbutico! - gli urlò arrabbiatissima - Ma chi ti credi di essere? Ti ho chiesto io di venire qui? Sei tu che sei inciampato su di me! Cosa vuoi da me? Lasciami in pace!

Il tono secco e perentorio non lasciava spazio a dubbi riguardo al carattere di Alicia.

A quel punto Luigi capì che in quel modo non avrebbe ottenuto niente, che non poteva portarla via di peso, quindi si sedette e le disse con dolcezza che lui non avrebbe fatto nulla contro la sua volontà, ma che si sentiva di doverla proteggere essendo ancora così piccola.

E mentre lo diceva sentiva un calore avvolgergli il viso, ma non riusciva a capirne il motivo. Anche se era una bambina sola e che poteva ispirare tenerezza, rimaneva pur sempre una sconosciuta!

Passarono 10 minuti in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri.

Fu Alicia a rompere il silenzio e a prendere l'iniziativa:

- Perché non andiamo a casa tua? Ho fame e sento freddo.

La guardò e si accorse che indossava lo stesso vestito da cerimonia del giorno prima ed aveva i piedi nudi. Non esitò neppure un attimo. La prese in braccio e riprese il cammino cercando di accelerare il più possibile il passo.

Era buio ormai, anche se una luna incerta lasciava filtrare i suoi raggi, schiarendo un po' le ombre e illuminando appena il bosco.


Rossella Gallucci 27/10/2010 22:20 971

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Prove tecniche di sopravvivenza al mobbing aziendale (28/06/2011, 2740 letture)


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