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Ginevra abitava in una casetta solitaria nel bosco, distante dal Borgo circa cinque km. Sua madre e sua nonna erano morte e lei abitava sola, con un gatto ed una esile capretta a tenerle compagnia. In famiglia le donne si tramandavano da secoli l'uso delle erbe e delle pozioni curative e il mestiere di levatrici. Si accorgeva le poche volte che andava al Borgo di essere osservata con sospetto e timore superstiziosi. Erano tempi tetri e bui da quando erano arrivati i Tribunali della Santa Inquisizione. Molte donne erano finite sul rogo con assurde accuse di stregoneria. Il pensiero faceva rabbrividire Ginevra mentre osservava le fiamme del camino che crepitavano. Una notte venne svegliata dal sonno profondo da un impetuoso bussare. Quando aprì la porta si trovò di fronte un giovane signore, bello ed elegante, sicuramente un nobile. Il giovane signore le chiese di seguirlo perché sua moglie aveva le doglie e stava per partorire. Ginevra prese alcune cose che potevano servirle e lo seguì. Il castello distava circa dieci km e la carrozza li percorse a grande velocità. Il parto si presentava difficile con il rischio di morte sia per la madre che per il bambino. Ginevra fece il possibile affinché si salvassero entrambi. Il bimbo nacque morto ma riuscì a salvare la madre. Sconvolti dal dolore per la perdita del bimbo il signore e sua moglie diedero la colpa dell'accaduto a Ginevra e la denunciarono al Tribunale dell'Inquisizione. La prelevarono in piena notte dalla sua casetta e la condussero dopo un orrendo viaggio in carrozza in una stanza tetra e piena di strani e orrendi oggetti. Le fecero delle domande assurde alle quali lei non rispose. La accusarono di essere in combutta con il diavolo, di recarsi ai sabba con altre streghe, e infine di avere volontariamente causato la morte del bimbo. Ginevra negò tutte le accuse. La torturarono fino a quando svenne. Tutto questo durò per quindici giorni. Non aveva niente da confessare e da farsi perdonare e quindi non parlò più. La arsero viva sulla piazza principale del Borgo con tutti gli abitanti che assistettero alla sua tragica morte. La sua casetta fu confiscata dalla Chiesa e il gatto e la capretta vennero arsi vivi anche essi come la loro padrona. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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