In tutti i paesi del mondo esiste la luna, ma sino a qualche anno fa nel grazioso paese di Melandrone la luna… non esisteva. I melandronesi sentivano parlare i forestieri e decantare la bellezza della luna che, di notte, illuminava il cielo e guidava i passi dei viandanti, era l’oggetto di molte canzoni e gli innamorati potevano baciarsi al… chiaro di luna. A loro tutto questo era negato.
Gli abitanti di questo paese decisero, un bel giorno, che anche loro dovevano avere la luna. Si riunirono in assemblea ed elessero dieci rappresentanti per andare dal sindaco ed esporre il problema. I dieci eletti chiesero udienza al sindaco. Gaspare, il più audace dei dieci, si fece coraggio e disse: - Signor sindaco, le pare giusto che tutti i paesi del mondo hanno la luna e noi no? –
- Cooosa? Cooome? Cosa volete? La luna? E come faccio a darvela? Avete le più belle strade del mondo, i giardini più fioriti. In questo paese esiste la giustizia e l’uguaglianza. Non vi pare che io sia un buon sindaco? –
- Certo signor sindaco. Non abbiamo motivo di lamentarci di lei ma vogliamo avere quello che tutti i paesi del mondo hanno, anche noi vogliamo la luna.
- Impossibile non posso accontentarvi. –
I dieci se ne andarono mogi mogi per riferire l’esito del colloquio all’intero paese.
- No, senza luna non si può vivere – disse un uno spilungone coi baffi – vuol dire che faremo sciopero fino a quando non saremo stati accontentati. –
Gli spazzini smisero di scopare le strade, i fornai non fecero più il pane, tutti i negozi chiusero le saracinesche, gli insegnanti e i bambini non andarono più a scuola. Nel giro di poco tempo il paese si paralizzò completamente. Ogni giorno centinaia di manifestanti sfilavano per le strade del paese con bandiere e striscioni.
Manifestavano il loro sacrosanto diritto ad avere la luna. Il povero sindaco non sapeva più cosa fare per portare la gente alla ragione. Sembravano tutti impazziti. Disperato andò in provincia per parlare col prefetto ma… non ottenne nulla. Non sapendo a chi ancora rivolgersi, fece un giro per il bosco in attesa di qualche geniale idea. Mentre pensava al problema della luna gli apparve una strana signora con un cappello a punta e un vestito turchino.
- E tu chi sei? – Domandò il sindaco.
- Sono la fata Smeralda e sono venuta per aiutarti. Se farai quello che ti dico, ti prometto che anche nel paese di Melandrone ci sarà la luna. –
- Farò qualsiasi cosa mi chiedi di fare. –
- Va bene sindaco, dovrai sposare Genoveffa e al matrimonio dovrai invitare tutti i melandronesi. –
Alla risposta negativa del sindaco la fata se ne andò con gli occhi tristi.
Genoveffa era la ragazza più brutta del paese: era magra come uno scheletro, zoppa e con un’enorme gobba. Viveva da sola in una casupola di campagna perché la gente, quando la vedeva, si girava dall’altra parte inorridita. La povera Genoveffa piangeva giorno e notte perché nessuno voleva scambiare quattro chiacchiere con lei. Si sentiva molto vicina ai gatti randagi e li curava con amore. Purtroppo nessuno era in grado di capire la bellezza della sua anima.
Giorno dopo giorno a Melandrone cresceva il caos. Il sindaco stava sempre chiuso a casa perché, se usciva, temeva di essere linciato dai paesani. No, così non si poteva andare avanti. Un bel giorno decise di sacrificarsi per il suo paese. Andò da Genoveffa e la chiese in sposa.
Il matrimonio fu celebrato in una bella sera d’estate e al ricevimento, che si tenne nella piazza principale del paese, furono invitati tutti i melandronesi. La torta nuziale fu servita in piattini d’argento e fu a questo punto che un buontempone gridò: - Bacio! Bacio! Sindaco dai un bacio alla tua sposa. –
Il sindaco baciò la sposa. Oh! Miracolo. La bruttissima Genoveffa si trasformò in una deliziosa fanciulla dagli occhi verdi e dai capelli d’oro. Una luna argentea e bellissima comparve nel cielo e tutti gridarono all’unisono: Viva il sindaco! Auguri al sindaco e alla sua bella sposa.
Un caldo e scrosciante applauso risuonò fra gli invitati. Il paese di Melandrone aveva finalmente la luna.