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 Parte 3 della raccolta "Sulle magiche ali della fantasia " di Vivì (10 racconti)
 I miei racconti Fantasy

Kristell e la città di ghiaccio

Fantasy

Kristell era una ragazzina di tredici anni che viveva in una piccola cittadina da fiaba e una ridente località medioevale, le cui case erano disseminate su di una collina e cintate da alte mura fortificate. L’ antico borgo era dominato dall’ alto da quattro torrioni di un imponente castello, residenza dei regnanti.

La ragazzina abitava in una piccola casa molto modesta ai piedi del colle, che prendeva il nome dal feudo: Kristallberg, situato vicino a un ghiacciaio. Ed era proprio per la vicinanza ai ghiacci perenni che la temperatura scendeva di parecchio sotto lo zero donando al paesaggio un aspetto magico.

Erano anni che si sussurrava che il ghiacciaio stava avanzando pericolosamente ogni anno sempre più al piccolo principato e che, prima o poi, tutta la collina sarebbe stata catturata nelle fauci gelide e vi sarebbe rimasta imprigionata per sempre.

Kristell, intimorita da quelle dicerie, aveva provato a chiedere spiegazioni alla madre ma la donna divagava con le risposte, per finire chiaramente imbarazzata, a tricerarsi in un inspiegabile silenzio.

La ragazzina rinunciava a insistere, anche se nel comportamento della madre avvertiva qualcosa di grave.

Kristell amava pattinare sul ghiaccio. Aveva anche partecipato a molte gare di velocità e, alcune volte aveva primeggiato anche su concorrenti maschili.

Anche quel giorno, dopo aver studiato e dopo aver aiutato la madre a sbrigare le faccende domestiche, aveva preso i pattini e si era diretta sul lago ghiacciato, dove si allenava normalmente per tutto il pomeriggio.

Stava pattinando da più di un’ ora quando, guardando il ghiacciaio riflesso sulla pista, le parve che questo incombesse più alto e minaccioso che mai.

Istintivamente si fermò, voltandosi a osservare con attenzione. Non si trattava solo di un’ impressione, ma era quasi certa che, rispetto a qualche giorno prima, la montagna si fosse avvicinata di qualche metro. Nella sua giovane mente balenò la terrificante visione di una figura antropomorfa mostruosa e un lungo brivido le corse lungo la schiena. Scivolando frettolosamente sui pattini prese la via ghiacciata per ritornare a casa il più presto possibile.

Sua madre era in cucina seduta sul dondolo e Kristell ebbe l’ impressione che stesse attendendo il suo ritorno. Notò subito che nelle mani stringeva un cofanetto dall’ aria molto antica.

« Vieni a sederti vicino a me, figliola. È ora che tu conosca la storia della tua famiglia.»

« Cosa dovrei sapere che già non so? I nonni non li ho mai conosciuti, sono morti prima che io nascessi. Di papà ho solo vaghi ricordi. Mi hai raccontato la sua tragica morte in guerra. Siamo rimaste sole da molto tempo.»

«È vero, piccola mia! Siamo rimaste sole. Ma ora taci, ed ascolta senza interrompermi, non c’è rimasto molto tempo. È vero, tuo padre è morto in un combattimento, ma non in guerra, come ti dissi. È morto nel tentativo di difendere la sua famiglia, e il suo regno. Si, piccola! Tuo padre era il principe Goldmin di Kristallberg e sua moglie, tua madre Alesyn, morta lo stesso giorno con lui, era la principessa del feudo.»

La donna, il cui nome era Licia, si prese un attimo di pausa studiando la reazione di quel giovanissimo viso attento. La ragazzina sembrava sia basita che sopraffatta dalla notizia e non sembrava essere in grado di replicare. Sul suo volto era dipinta un’ espressione stupefatta.

« Tu, avendo ereditato il titolo sei la sola, legittima erede di questo principato. I tuoi nonni, tuo padre e tua madre, sono morti perché tu ti salvassi.»

Passato il primo momento di sbigottimento, la ragazzina si avviò lentamente verso la finestra. Aveva bisogno di riflettere, fino ad allora, quella che aveva creduto sua madre, le aveva raccontato solo un sacco di bugie. Per un attimo, sentì quasi un senso di ribellione e di rabbia verso quella donna. In pochissime ore il mondo le stava crollando addosso.

Kristell riuscì, seppur con fatica, a dominare la rabbia e finalmente a trovare qualcosa da obiettare: « Mi hai sempre ingannato! Perché? Perché mi hai fatto credere di essere mia madre? Perché non mi hai mai detto nulla prima?»

« Posso capire quanto tutto questo possa sembrarti ingiusto. Ma cerca di riflettere, ti prego! Eri troppo piccola perché te ne parlassi e ti sovraccaricassi di responsabilità così gravose come quelle che ti attendono da ora in poi.»

Con lo sguardo perso sulla valle, Kristell non si lasciò commuovere dal tono sommesso e contrito della donna diventata improvvisamente un’ estranea e, con voce burbera rispose:

« Voglio sapere tutta la verità!»

«È giusto che sia così, bambina! E lo farò! E sappi che mi libererò finalmente da un fardello che mi grava da troppo tempo sul cuore.» Licia emise un profondo sospiro che ne denunciava un’ intensa emozione, poi continuò: « Devi sapere che io ero la cameriera personale di tua madre e la sera maledetta dell’ assalto al castello stavo aiutandola a pettinarsi. Lo facevo tutte le sere. Era un compito che mi piaceva molto. La principessa aveva dei capelli molto lunghi, folti e bellissimi. Il colore era quello dorato di un campo di grano maturo e i riccioli, morbidi e setosi, le scendevano fin sulla schiena. Era un piacere per me dedicarvi tanto tempo e le cure necessarie. Stavamo parlando del più e del meno, perché, sai, lei non mi considerava una subalterna, bensì un’ amica con la quale confidarsi e io ero molto fiera di tutta quella considerazione. Ebbene, proprio in quel momento, ebbe inizio la tragedia. I nemici fecero irruzione nel castello dopo aver sopraffatto le guardie all’ entrata. Si trattava di alcuni traditori ben conosciuti da noi tutti. Il complotto era stato ordito da Taryn, un parente di tuo padre che aspirava al trono. A palazzo era benvoluto e il sovrano si fidava di suo cugino. Quella sera c’ era lui al comando del manipolo di aggressori che si presentarono al posto di guardia come amici. Ecco perché riuscirono a entrare così facilmente e a sopraffare i pochi combattenti. Le urla dei feriti e dei fuggitivi, ci raggiunsero ben presto, mettendoci in allarme. Ma ormai era troppo tardi. Quei delinquenti erano informati su tutto ed erano consapevoli che il castello, in quel momento fosse sguarnito di sorveglianza. Erano i giorni dedicati alla caccia e la maggior parte degli uomini passava la notte ai limiti della foresta. Solo per un caso tuo padre e tuo nonno avevano invece fatto ritorno per la notte.

Se ben ricordo avevano accusato entrambi un malessere che li aveva costretti ad abbandonare l’ accampamento approntato per quel periodo. Un malore che, purtroppo, li indebolì a tal punto da non poter contrastare l’ attacco di quei vigliacchi. Solo molto tempo dopo, conclusi che il malore era stato provocato da un’ intossicazione da cibo per costringerli a rincasare. I malviventi volevano avere la certezza dello sterminio totale del casato principesco e, disgraziatamente, riuscirono nel loro intento.

Prima che facessero irruzione nella stanza, per completare il misfatto, tua madre ti prelevò dalla culla e ti pose nelle mie braccia costringendomi poi a nascondermi in un ripostiglio segreto che conduceva fuori dal castello. Ma prima mi consegnò uno scrigno da darti una volta cresciuta. Mi fece promettere che ti avrei portata in salvo e che mi sarei occupata di te. Io ho mantenuto la promessa fatta e ti ho cresciuta e amata proprio come una figlia.»

Kristell si volse verso la donna. I suoi occhi erano velati di lacrime e Licia ebbe un moto di tenerezza e compassione. Allargò le braccia e la ragazzina vi si rifugiò come aveva sempre fatto da quando era piccola.

Piansero, cercando conforto, strette l’ una all’ altra.

« Ci rimane poco tempo, piccola cara e io ho ancora molte cose da raccontarti.» le disse allontanandola con delicatezza. « Mi hai chiesto un’ infinità di volte del ghiacciaio, ebbene ora ti posso dire che quello che la gente racconta, è vero. Il ghiacciaio sta avanzando inesorabilmente verso questa collina. Negli ultimi mesi il suo cammino è progredito di almeno una decina di metri, ma è negli ultimi giorni che ha dimostrato una mobilità impressionante. Credo che entro poco di questo borgo non rimarrà più traccia, così come è stato previsto tanto tempo fa.»

Kristell tremò all’ idea ma, in fondo, era una minaccia che sentiva sussurrare da molto. Certo, non immaginava che potesse essere così grave e la speranza che in realtà tutto si sarebbe risolto era dura a morire. Piuttosto, era quell’ altra notizia che l’ aveva profondamente scossa: lei, una principessa! Non le pareva vero. E il fatto che i suoi genitori e sui nonni erano morti per salvarla, la lasciava senza fiato.

E Licia? Come le era riuscito di nascondere a tutti la sua vera identità?

La donna, che non aveva mai smesso di studiarla in volto, parve leggerle nel cuore: « Non è stato semplice, perché qualcuno nella valle sapeva che lavoravo nel castello e forse sono sorti anche dei sospetti, ma a tal proposito sono riuscita a inventare una storia abbastanza verosimile sul tuo ritrovamento e alla fine, anche i più diffidenti si sono convinti. Per tutti tu eri la piccola orfanella di una mia lontana parente. Ecco come è andata.»

Kristell era tornata alla finestra e dal punto in cui si trovava, godeva di un’ ampia veduta sulla vallata e sulla strada principale, che ora vedeva ingombre di carri, calessi e bestiame.

« Guarda! La gente sta scappando! Forse sarebbe il caso che andassimo via anche noi.»

« No! Sono troppo vecchia ormai per poter affrontare un viaggio del genere. Inoltre sarebbe inutile, perché sta scritto che non vi è salvezza da nessuna parte. Il ghiacciaio non fermerà la sua avanzata, ma proseguirà e la gente che vedi fuggire, verrà raggiunta purtroppo! Il villaggio e tutti quanti i suoi abitanti, vi rimarranno prigionieri.»

La ragazzina guardò con angoscia la donna. « Non è possibile! Moriremo tutti!»

« No! Tu ti salverai! Devi vivere, perché da te dipenderà la salvezza di questo principato e della sua gente!»

« Che vuol dire?» domandò sempre più stupita lei.

« Non so dirti nient’ altro, Kristell. Questo cofanetto me lo ha consegnato tua madre con le lacrime agli occhi pregandomi di dirti che ti ha amata tanto e facendomi promettere che ti avrei fatto ripetere questa frase:

Non c’è luce senza sole!

Non c’è alba senza onore!

Questa è luce del mio sangue!

Senza essa il feudo langue!

Non so cosa voglia dire, piccola, ma devi ripeterla fino a quando lavrai imparata a memoria.»

Kristell ripeté quella che sembrava un’ insignificante filastrocca, fino a quando non l’ ebbe bene impressa nella mente.

Solo allora sollevò la finissima chiusura del cofanetto e ne scoprì il contenuto.

Lo scrigno era foderato di velluto blu e all’interno erano riposti un paio di pattini finemente rifiniti, un anello con una pietra preziosa enorme e una spilla di diamanti.

Sollevando i pattini, gli occhi della ragazza si velarono di lacrime, mentre il dolce appellativo con il quale aveva sempre chiamato la donna, le salì spontaneo dal cuore:

« Guarda mamma! Gli schettini hanno le lame diamantate.»

« Erano della principessa Alesyn. La prima volta che la vidi era solo una bambina e volteggiava sulla pista ghiacciata con la grazia di una libellula. Hai ereditato da lei la passione per il pattinaggio. Indossali al più presto, così come i gioielli. E vai via, prima che sia troppo tardi!»

Quelle parole la sconvolsero e il panico iniziò a farsi largo nel suo intimo, poi, scorgendo sul volto della donna la rassegnazione di fronte all’ ineluttabile, il cuore della ragazzina traboccò di tenerezza.

« Ti ho amata proprio come una madre!» esclamò, gettandosi ancora una volta tra le sue braccia.

« Vai, piccola mia! Vai! Salvati almeno tu!» le gridò Licia, strappandosela dal petto.

« Non posso... non posso andarmene senza di te!» pianse disperata.

« Kristell, guardami! Hai il dovere di salvarti! La vita della tua gente da ora in poi è affidata a te. Se tu ti salvi c’è ancora la speranza che questo borgo torni a rivivere ma se tu rimani tutto quanto verrà inglobato nel gelo eterno. È questo che desideri, piccola?»

La ragazzina scrollò la testa, disperata, ma non ebbe modo di rispondere.

Proprio in quel momento si avvertì un rombo sordo e fragoroso. Kristell si riscosse. Avvolse in un ultimo, angosciato sguardo la madre adottiva e si avviò alla porta. Dopo aver indossato i pattini, l’anello e la spilla, si lasciò scivolare sulla pista ghiacciata.

Si ritrovò ben presto circondata da gente terrorizzata che fuggiva verso valle.

Per qualche centinaio di metri non si volse mai a guardare indietro, ma poi, un’ ombra gigantesca si formò davanti ai suoi piedi, mentre uno strano, angosciante rumore la costrinse a voltarsi.

Pareva il gemito unanime di un’ intera folla. Kristell sgranò gli occhi dall’ orrore: una montagna di ghiaccio sovrastava l’ intera collina e il feudo. A lei parve un mostro gigantesco dall’ enormi fauci spalancate, pronte a divorare tutta la cittadella.

Attorno a lei regnava il caos totale. La gente sembrava impazzita dal terrore, le urla incutevano nell’ animo della ragazzina, un’ angoscia senza fine.

Avrebbe voluto fermarsi per aiutare i fuggitivi, in special modo i bambini più piccoli, i più indifesi. Alcune madri erano ormai in preda al panico e si muovevano come fossero in delirio. Kristell osservò con orrore un bambino scivolare dalle braccia materne e cadere sul ghiaccio. Avrebbe voluto correre in soccorso, ma era troppo lontana. Non poteva far nulla nemmeno per gli anziani che rimanevano indietro, né tantomeno per i feriti abbandonati da quelli che avrebbero dovuto essere i soccorritori.

Fu costretta a lottare per riuscire a rimanere in piedi, era impegnata in uno slalom continuo tra i calessi e le slitte che si ribaltavano, i carri che ostruivano la strada, gli animali che fiutato il pericolo nell’ aria, fuggivano anch’ essi terrorizzati aggiungendo caos al caos che già regnava.

Il fragore del ghiacciaio che franava sulla collina contribuiva a rendere la scena apocalittica.

Kristell, spinse ancor più sui pattini. Il panico l’ aveva contagiata e, ormai, il suo unico desiderio era quello di allontanarsi il più velocemente possibile da tutto quell’ orrore.

Sentiva il vento gelido ululare e contrastare con forza la sua fuga, respingendola indietro. Le folate le sferzavano la pelle delicata del viso, arrossandola. La ragazzina sentiva le lacrime cristallizzarsi agli angoli degli occhi.

All’ improvviso il mondo attorno a lei si oscurò. Era scesa la sera, ma non si trattava soltanto di un fenomeno naturale. La montagna di ghiaccio aveva occupato gran parte del cielo alle sue spalle oscurando gli astri, la luna e le stelle che avrebbero potuto rimandare un po’ di luce, quel tanto che sarebbe bastato a rischiarare la strada. All’ improvviso, Kristell non vide più nulla, non sentiva nemmeno più le urla della gente e, il silenzio gravoso intorno, le fece temere il peggio. Il suo cuore tremò. Si volse, ma l’ oscurità le impedì di scorgere i superstiti di quella tragedia.

Kristell si sentì sola e purtroppo la strada verso la salvezza era ancora lunga.

Doveva proseguire senza esitazioni e se la profezia era giusta, si sentiva in dovere di farlo per i suoi genitori e i nonni, che avevano sacrificato la loro vita per salvare la sua. Kristell sentiva di doverglielo ai suoi cari.

La strada la conosceva a memoria, avendola percorsa sui pattini centinaia di volte, mormorò tra sé una breve preghiera e si lasciò scivolare, inghiottita dalle tenebre.

Per sua fortuna, lasciatosi alle spalle il massiccio del ghiacciaio, la luna piena poté fare la sua apparizione nel cielo, rischiarando un po’ la via ghiacciata davanti alla pattinatrice solitaria. L’ astro d’ argento, ora illuminava la pista, facendola apparire come un lungo nastro scintillante.

Il silenzio calato improvviso, venne rotto da un boato fragoroso. La ragazza intuì che per il villaggio e la sua gente, era tutto finito.

I singhiozzi le salirono spontanei dal petto, mentre udiva solo il fruscio dei pattini e il sibilo del vento.

Non rallentò nemmeno per un istante la sua corsa, anche se sentiva il fiato ormai corto, avvertiva ancora una sorta di pericolo alle spalle. Da quando aveva lasciato la sua casa, uno strano, sordo scricchiolio, sembrava seguirla e perseguitarla costantemente. Kristell intuì di che si trattava. Aveva sentito quel rumore decine di volte ed era conscia del fatto che alle sue spalle si stava verificando un’ incrinatura dalle dimensioni enormi. Il ghiaccio si stava spaccando in due pezzi che, in modo inesorabile, si sarebbero allontanati e se lei avesse pattinato troppo vicina alla spaccatura, avrebbe rischiato di finire nel baratro venutosi a formare.

Kristell cercò di accelerare, ma sentiva che ormai era troppo tardi. Con orrore si accorse di una sottile incrinatura nel ghiaccio davanti a lei ed ebbe appena il tempo di paragonare la striatura a una grande, terrificante cicatrice, che con un crack sonoro quella iniziò ad aprirsi. La fenditura si allargò, fino a trasformarsi in un terribile precipizio.

Per Kristell non vi era possibilità di fuga, scivolò inesorabilmente fino al ciglio del burrone e con un urlo inumano, vi precipitò dentro.

2

Erronn, era un ragazzo di quindici anni che viveva nella vallata sottostante al principato e nel momento in cui si propagò l’ eco fragorosa del boato, si trovava dalla parte opposta della collina prospiciente il feudo.

Il rumore roboante della montagna di ghiaccio, lo fece accorrere sul crinale, dove si aveva una veduta panoramica su tutta la vallata.

La vista di quella montagna di ghiaccio, l’ aveva basito, lasciandolo senza fiato.

Sin da piccolo aveva sempre sentito sussurrare del terribile evento pronosticato, ma come tanti nel villaggio, l’ aveva sottovalutato, classificandolo come una diceria di poco conto.

Eppure, la profezia si era verificata e, in quel momento, sotto il suo sguardo atterrito, si stava svolgendo una tragedia dalle proporzioni catastrofiche. Erronn si sentì impotente: nella posizione in cui si trovava poteva solo guardare, mentre lui avrebbe dato la vita pur di aiutare la sua gente.

Stava appunto osservando con trepidazione l’ inutile fuga di alcuni superstiti, quando la sua attenzione venne attratta dalla figurina esile che compiva slalom incredibili sui suoi pattini, nel tentativo di evitare gli ostacoli improvvisi.

Colse anche l’ esitazione della ragazza alla vista dei bambini in difficoltà e si ritrovò a pregare perché non si fermasse. Fu allora che si avvide dell’ incrinatura che, come un’ enorme cicatrice, deturpava la bianca distesa e si distendeva velocemente sulla diagonale compiuta dalla ragazza nella sua fuga.

Avvertì il respiro sospendere nel petto quando si accorse che quella fenditura appena accennata, correva proprio nella stessa direzione della pattinatrice solitaria. Evidentemente era la ragazza stessa, con il suo passaggio che, inconsapevolmente, provocava la spaccatura del ghiaccio reso fragile dal terribile scontro del ghiacciaio contro la collina.

Doveva assolutamente raggiungerla, per avvertirla del pericolo che stava correndo.

Erronn posizionò sul ghiaccio la sua amata tavola di legno, costruita con passione con le sue stesse mani e dalla quale non si separava mai, quindi, fece fare una solida presa agli scarponcini muniti di rampini e in perfetto equilibrio, scivolò deciso all’ inseguimento della ragazzina.

Appena fu a portata di voce, il surfista delle nevi, urlò con quanto fiato aveva in gola il suo avvertimento, cercando di attirare l’ attenzione della fuggitiva, ma lei, troppo impegnata a non cadere e pareva non sentire.

Erronn era a qualche decina di metri di distanza quando, con uno scricchiolio sinistro, la fenditura superò la pattinatrice e il baratro le si spalancò davanti ai piedi. Fu con orrore che la vide cercare di frenare la corsa dei suoi pattini. Tuttavia, la manovra risultò inutile: con un ultimo urlo immane, la ragazza sparì, inghiottita dal crepaccio.

Il giovane surfista fece appena in tempo a frenare la discesa della tavola artigianale, quindi, oppresso dal silenzio terrificante sceso improvviso, si lasciò cadere sul ghiaccio.

Sentiva il cuore pulsare come impazzito nel petto e nella gola, le gambe gli tremavano per la fatica e per l’ emozione appena vissuta. Per un attimo aveva sperato di potercela fare a raggiungerla, per poi mettersi in salvo insieme a lei, ma la ragazza era precipitata e lui, non aveva potuto fare nulla per impedirlo.

Avvilito ed esausto lasciò vagare lo sguardo attorno. Tutto era avvolto nel silenzio, in un vuoto immenso e una inquietante desolazione. Era probabile che fosse l’ unico sopravvissuto all’ immensa tragedia appena conclusasi.

Passarono alcuni minuti prima che il suo respiro si regolarizzasse. Intento com’ era a riguadagnare la calma e la lucidità necessaria, lì per lì non fece caso allo strano suono che sentì, scambiandolo per il verso di qualche animaletto ferito.

Ma quando poi quel suono si ripeté, sul suo viso si dipinse un’ espressione incredula. « Possibile?» pensò affacciandosi cautamente al ciglio del burrone.

Quello che vide gli sembrò incredibile! Su una piccola sporgenza posta a pochi metri dal ciglio del crepaccio, vi era adagiato il corpo della ragazzina.

Per un istante pensò a una visione poi realizzò che si trattasse di un prodigio. La ragazza era ancora viva e cercava disperatamente di rimanere aggrappata a quel lastrone di ghiaccio. Erronn sapeva che il tempo stringeva, lo spazio a disposizione di quella coraggiosa ragazzina era piuttosto limitato e, oltretutto, era palesemente esausta. Occorreva agire in fretta, non avrebbe potuto resistere molto a lungo aggrappata a quel cornicione scivoloso.

« Coraggio! Cerca di resistere! Ora ti lancio una corda!»

La ragazzina, volse il suo sguardo in alto, e lui si trovò a guardare in quegli occhi, incredibilmente azzurri, sbarrati dal terrore.

“ Santi numi! È molto più piccola di me!” pensò con amarezza.

Poi ringraziò mentalmente suo padre che, con i suoi insegnamenti, gli aveva fatto prendere la buona abitudine di portare sempre con sé uno zaino contenente tutto ciò che avrebbe potuto servire, in condizioni estreme, ad affrontare un breve periodo di emergenza.

Estrasse la lunga fune e se la fece passare intorno al corpo, quindi si ancorò saldamente coi rampini degli scarponi sul ghiaccio e si sporse quanto più gli era possibile sul burrone lanciando la corda.

« Io mi chiamo Erronn e tu?» le domandò in un vano tentativo di distoglierla dalla brutta situazione in cui si trovava.

Il labbro della ragazzina tremò mentre con voce esile rispondeva: « Kristell… mi chiamo Kristell.»

« Bel nome, ma ora ascoltami bene. Devi far passare la cintura al di sotto delle ascelle e poi assecondare i miei movimenti. Vedrai che in pochi minuti sarai in salvo.»

Lei fece un piccolo tentativo, tuttavia tremava talmente tanto, da non riuscirci. Era sofferente. Erronn se ne accorse perché si muoveva al rallentatore, le mani e le braccia chiaramente intorpidite dal gelo.

Lanciò intorno uno sguardo preoccupato: gli scricchiolii che aveva iniziato a sentire, non gli piacevano per nulla. Intuì che il ghiacciaio a monte, con il suo peso immenso, aveva iniziato a spingere la falda a monte della fenditura e lentamente, ma inesorabilmente, il crepaccio stava per rinchiudersi.

Doveva sbrigarsi a issare la ragazzina, se non voleva che facesse un’ orribile fine all’interno della voragine.

La situazione era disperata ed Erronn s’ impose di non perdere la calma, ma, soprattutto di non aggiungere ansia all’ ansia che traspariva già sin troppo sul viso di lei.

Si alzò puntando gli scarponi nel ghiaccio, quindi cercò di rassicurarla, mantenendo un tono pacato:

« Va bene! Senti cosa facciamo. Devi solo distenderti sulla schiena, afferrare bene la corda con entrambe le mani e puntare i tuoi pattini sulla parete che hai di fronte, proprio come se tu volessi camminare, un piede davanti all’ altro. Poi dovrai solo assecondare i miei movimenti, alternando i passi lentamente. Hai capito bene, piccola?»

« Sì, ma ho tanto freddo e tanta paura!» rispose lei con voce tremante.

Erronn si sentì il cuore stringere dalla pena, ma cercò d’ ignorare il suo nervosismo, mentre tendeva la corda provandone la resistenza.

« Devi solo stare tranquilla e tutto andrà bene. Pensa solo a piantare bene i pattini nel ghiaccio e a muovere i passi come ti ho spiegato. Vedrai, ti tirerò su io.»

Sembrò funzionare, ma la ragazza ebbe appena il tempo di fare pochissimi passi, sostenuta da lui con tutte le sue forze, che uno schianto gigantesco si ripercorse per tutto il crepaccio.

Il fragile parapetto che fino ad allora l’ aveva sostenuta, si frantumò in tanti pezzi e Kristell, con un urlo strozzato, si sentì inghiottire dall’ orrido. Erronn ebbe appena il tempo di vederne gli occhi sbarrati dal terrore, poi più nulla.

continua...


Vivì 03/01/2012 19:43 1 1306

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Un racconto che suggerisce immagini di paesaggio da fiaba oltre che emozionare, trascinare e lasciare col fiato sospeso sul ciglio di burroni terrificanti. In fuga, a battagliare con il vento gelido che sferza e la tormenta di neve. Eppure un racconto dal vago sentore natalizio, da raccontare o ascoltare comodamente seduti davanti a un allegro e scoppiettante caminetto, insieme a tanti bambini.»
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