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Il Guardiano silvestre

Ragazzi

Era il mese di dicembre e le festività del Santo Natale si avvicinavano rapidamente.

La giornata era splendida e tre ragazzini stavano giocando nel parco sotto la sorveglianza attenta della nonna.

Il parco era immenso e vi vivevano grandi piante secolari di tutti i tipi e tanti scoiattoli velocissimi, che accorrevano quando i bambini li attiravano con il suono delle noci sbattute tra le mani.

Un luogo che era un’oasi di pace dove trascorrere un tempo ricco di avventure e di magia. Gli alberi stessi sembravano contenti quando arrivavano i bambini che si rincorrevano, o si nascondevano tra le fronde più basse. Sembrava che si rallegrassero con le voci squillanti, le urla e le risate. Pareva quasi che le piante cercassero di chinare le fronde per accarezzare le testoline dei bimbi.

In quel posto magico, in una casetta di legno costruita tra le fronde, viveva anche un esile ometto dall’ aspetto strampalato.

L’ uomo, che aveva detto di chiamarsi Silver, erano anni che si occupava non solo della pulizia del parco, sgombrandolo dai rami e dalle foglie secche, ma si prendeva cura personalmente di ogni pianta. Le conosceva tutte a una a una e le trattava come fossero sue creature.

I giardini, grazie al suo lavoro, erano curatissimi. Lungo i sentieri non si trovava nemmeno una foglia secca e nemmeno un cartaccia abbandonata da qualche maleducato.

La natura, gli alberi dormivano il giusto sonno del letargo, eppure, ovunque si posasse lo sguardo, regnava l’ armonia.

L’ omino si aggirava indaffarato spingendo una carriola, dove riponeva tutti gli scarti che raccoglieva da terra. Indossava un buffo berretto a punta e una tuta verde, alla cui cintola teneva appesi gli arnesi da giardinaggio. Ogni tanto lo si vedeva soffermarsi davanti a una siepe o un arbusto e con le cesoie aggiustava una fronda, tagliava un ramo o dava una sistemata a un’ aiuola.

I ragazzini sospettavano che si trattava di un elfo, che aveva smarrito la strada del suo regno e che aveva così scelto di fare di quel parco la sua residenza.

Il dubbio che fosse un elfo era nato per via delle orecchie e il viso appuntito, nonché il corpo esile e sottile come un giunco.

Oltretutto aveva la mania di vestire di verde, così che rimaneva mimetizzato con l’ ambiente e capitava spesso che i bambini lo vedessero apparire improvvisamente dal nulla.

Tanto da fare credere che fosse una creatura magica.

Nonostante tutto, nessuno dei bambini ne aveva paura, anzi, ogni volta che lo vedevano, gli correvano incontro per salutarlo.

Silver si trovava bene con i piccoli e raccontava sempre delle storie bellissime, quando gliele richiedevano mentre, con gli adulti, si dimostrava diffidente e li evitava.

Quel pomeriggio, la nonna scese a controllare i nipotini e quando Silver si accorse del suo arrivo, si affrettò ad allontanarsi. I ragazzini lo videro trotterellare via in fretta, spingendo la sua carriola, per poi svanire nel mezzo degli alberi.

La nonna scrutò l’ omino con aria sospettosa e non disse nulla a tal proposito, poi avvertì i nipoti: « Dobbiamo tornare a casa. Mamma e papà vogliono portarvi al vivaio per scegliere l’abete da addobbare.»

« Finalmente! Senza albero non può essere un bel Natale!»

I ragazzini erano elettrizzati perché era un compito affidato a loro tutti gli anni e sentivano di poterlo portare a termine con competenza e professionalità.

Appena arrivati si catapultarono fuori dalla macchina e, dopo avere visionato una decina di alberi, e dopo le solite, varie discussioni: "Quello è troppo grande! Quello è troppo piccolo! Quello non mi piace! Quello è un po’ troppo patito!", si fermarono davanti a un alberello di media grandezza.

« Questo mi sembra perfetto!» esclamò il papà, cercando con lo sguardo il parere di mamma.

Lei osservò l’albero con occhio critico e puntualmente rispose:

« Anche a me pare che vada bene, caro!»

I tre ragazzini, invece, osservarono attentamente l’albero dalla punta alle radici infagottate in un sacco di juta.

« Uhm…» Fece dubbioso Andrea, il più grande.

« Uhm…» ripeté con aria saputa Alessio, il secondo mentre Sara, rimase a guardare con occhi sgranati l’alberello.

Non capiva cosa ci fosse che non andava. A lei sembrava molto bello, ma se proprio ai fratelli non piaceva, concluse che era così anche per lei.

I genitori si spazientirono. Avevano tante altre commissioni da sbrigare, ma del resto, l’albero doveva piacere soprattutto ai bambini e quindi con un sospiro rassegnato, passarono oltre.

L’ alberello parve accorgersi di quanto stava avvenendo, perché i rami, come mossi da un venticello dispettoso, tremarono vistosamente, quindi, le fronde si abbassarono verso terra. Persino la punta si curvò su se stessa, dando all’ abete un aspetto desolato e patito.

I bambini se ne accorsero e tornarono indietro. Fu in quel momento che nell’ aria si espanse un debole sospiro e sia i rami che la punta ritornarono orgogliosamente dritti.

I tre si scambiarono un’occhiata e in un attimo la decisione fu presa: « Abbiamo cambiato idea, papà. Questo ci sembra perfetto!»

« Ne siete proprio sicuri? Se cambiaste idea il gestore non ce lo sostituirà.»

« Vogliamo proprio questo!» risposero in coro i ragazzini afferrando l’ alberello.

In effetti, non vedevano l’ora di iniziare ad addobbare l’ albero. Appena rientrati, il papà lo posizionò in un grande vaso con il terriccio, la mamma annaffiò le radici e i bambini si diedero da fare con luci, le ghirlande e le palline di vetro colorate.

E mentre si divertivano aiutati dai genitori, papà diede loro una piccola, ma importante lezione di botanica e di vita:

« Sapete, bambini, il nostro è un alberello molto fortunato. Lo abbiamo acquistato in un giardino, dove il gestore, è una persona rispettosa dell’ ambiente. Infatti, è stato estratto dalla terra con tutte le radici, cosicché quando saranno terminate le feste, potremmo reimpiantarlo in un bel boschetto.»

« Così il nostro alberello crescerà ancora alto e forte, vero babbo?»

« Certo! E metterà solide radici che a loro volta rinforzeranno il terreno. Dovete sapere, che se tutti si comportassero così, si eviterebbero tante catastrofi naturali come le frane gigantesche e le alluvioni disastrose. Dovete impararle bene queste cose e non dimenticarle mai.»

« Certo, papà! Sta tranquillo, non le dimenticheremo!» affermò con convinzione il più grande.

Una volta terminati gli addobbi accesero le lucine intermittenti.

« Ohhh!! Che bello!» esclamarono in coro e il papà soddisfatto, se ne andò, lasciandoli in ammirazione davanti al loro alberello.

Dopo averlo osservato un po’ da lontano, i bambini si avvicinarono all’ abete, accarezzandone i rami decorati. Le fronde ebbero come un fremito e i tre, che ne avvertirono il movimento con le mani, si guardarono sconcertati.

« Non ti pare che si sia mosso?» domandò Andrea al più piccolo.

« Sì, ma forse era un po’ di corrente proveniente dal corridoio.»

« Mah… sarà!» disse il grande, mentre riprendeva delicatamente le fronde tra le dita, subito imitato dagli altri due ragazzini.

I bambini si scambiarono un’ occhiata interrogativa:

« Di nuovo! Hai sentito anche tu?» chiese il più piccolo sempre più sconcertato dalla reazione dell’ albero.

Andrea non rispose subito perché stava riflettendo e un ricordo improvviso gli illuminò il viso serio.

« Sai, in un documentario che ho visto in tv spiegavano che le piante avvertono le sensazioni del bene e del male. Reagiscono alla luce, al calore e persino alle voci umane» raccontò in modo intento.

« In pratica, provano le stesse emozioni che proviamo noi, sentono le nostre voci e la nostra vicinanza e provano benessere per le nostre cure» continuò il grande con aria saputa.

Il ragazzino, che amava guardare i documentari sulla natura, aveva memorizzato le nozioni scientifiche che lo avevano tanto colpito e in quel momento le stava trasmettendo ai fratellini.

« Mi vuoi far credere che l’ abete ora è contento perché gli siamo vicini e lo stiamo accarezzando?» domandò con aria scettica Alessio.

« Se non vuoi credermi, te lo posso dimostrare. Così potrai constatarlo da te! Allontaniamoci, ora. Vieni con me Sara, dammi la manina.»

I tre ragazzini lasciarono le fronde, allontanandosi dall’ albero di alcuni metri e, l’ abete, smise immediatamente di fremere.

« Hai visto? Ora non si muove più!»

« Ma dai… è solo un caso!» esclamò l’ altro ancora incredulo.

« Ora, avviciniamoci di nuovo e carezziamolo parlandogli dolcemente.»

« Ciao albero!» ciangottò la più piccola entusiasta del nuovo gioco.

« Ti andrebbe di avere un nome?» chiese invece Andrea con tono dolce e passando ripetutamente le dita, tra una fronda e l’ altra.

L’ abete riprese a fremere.

« Sembra assurdo ma pare sia d’ accordo! Comunque, che ne dici se lo chiamassimo Pino?» propose Alessio.

Il puntale del piccolo abete, si abbassò più volte verso il basso, quasi come se stesse annuendo.

« Gli piace! Ha detto sì!» urlò saltellando eccitata Sara.

«È deciso! D’ ora in avanti, lo chiameremo Pino!»

« Papà, mamma! Pino ci capisce e risponde!» cantilenò raggiante la bambina ai genitori affaccendati in cucina.

« Chi è Pino?» le chiese preoccupata la mamma.

«È il nostro albero di Natale. Gli abbiamo dato un nome.»

« Ah! Ora capisco!» s’ intromise, sorridendo con aria comprensiva il babbo “Certo che ne hanno di fantasia, i nostri bambini. Si sono inventati un nuovo gioco” pensò divertito.

Da quel giorno, al ritorno dalla scuola, i ragazzini si recavano sempre da Pino, parlandogli, accarezzandolo e avendone cura.

All’ inizio sembrò che l’ abete rispondesse con gioia alle cure assidue dei piccoli, ma dopo alcuni giorni, iniziò a manifestare segnali di sofferenza.

I rami cominciarono a piegarsi verso il basso, gli aghi persero la lucentezza e il colore verde vivido e iniziarono a cadere.

I bambini pensarono che fosse un malessere passeggero, ma i giorni passarono e la situazione peggiorò sempre più.

Più l’ abete deperiva e più i bambini perdevano la loro vivacità diventando ogni giorno sempre più malinconici. A turno si ammalarono e i genitori iniziarono a preoccuparsi, così decisero di consultare un medico.

Nonostante le cure prescritte, però, i tre fratellini deperivano sempre di più, proprio come l’ abete.

E un giorno, poco prima di Natale, la mamma e il babbo, stanchi di spazzare piccole montagne di aghi, decisero di togliere gli addobbi natalizi e di disfarsi dell’ alberello ridotto ormai al lumicino, con solo il tronco centrale e i rami spogli e scheletrici.

Andrea, che quel giorno si sentiva un po’ meglio, si avvicinò all’ amato Pino e pose una carezza malinconica su quei rami spogli.

Ancora una volta li sentì vibrare appena nelle sue mani. Fu solo un debole palpito, poi il ragazzino guardandosi le mani, si accorse che erano bagnate. L’ abete era ricoperto da una miriade di gocce lucenti.

È come se stesse piangendo!” pensò, mentre sentiva il magone gonfiargli il petto.

Il ragazzino corse a chiamare i fratellini e insieme si strinsero attorno all’ alberello.

La mamma li trovò tutti e tre che piangevano: « Ma è solo un alberello, ragazzi! Papà getterà questo e ve ne comprerà subito un altro. Vedrete quanto ci divertiremo stasera ad addobbarlo.»

« No, mamma, no!» gridarono in coro. « Noi desideriamo solo che Pino guarisca e che passi il Natale con noi.»

La mamma scosse la testa: « Questo alberello è malato, ormai non c’è più nulla da fare. Inoltre, con lui, vi state ammalando anche voi e questo non posso tollerarlo.»

« No, mamma, no! Se ci vuoi bene, ti prego, chiamiamo il dottore del verde, prima e sentiamo cosa dice lui.»

« Il dottore del verde? E chi sarebbe?»

«È l’ omino che abita nel parco pubblico, nella piccola casa di legno. Lo chiamano il Guardiano silvestre. L’ abbiamo visto un sacco di volte. È lui che si occupa del parco e di tutte le piante. Per favore, mamma, prima chiediamo un consiglio a lui!»

Era Andrea che parlava per tutti e tre e la mamma non seppe resistere a quella preghiera che sembrava salire dal cuore.

« E va bene! Manderemo papà a parlare con l’ omino. Ma promettetemi che non farete storie, qualunque sia la decisione che prenderemo con lui.»

« Te lo promettiamo, ma possiamo andare anche noi a parlare con l’ omino?»

« Va bene! Ma solo perché è un paio di giorni che non avete più febbre e dovete promettervi che vi coprirete bene e che non prenderete freddo.»

« A noi basta che il nostro Pino, non finisca nella spazzatura o peggio ancora, buttato nel fuoco. Non potremmo sopportarlo questo.»

Quando il papà tornò dal lavoro, caricò il piccolo albero sulle spalle e insieme ai bambini si diresse verso il grande parco comunale.

Quando Silver vide l’ alberello in quelle condizioni si disperò.

Lo prese subito dalle mani del papà e con grande delicatezza prese a cullarlo e a carezzarlo proprio come fosse un bimbo.

Il papà pensò che fosse un po’ matto, mentre i ragazzini osservavano in silenzio.

« Sapete perché è successo questo, ragazzi?» domandò Silver. « Gli alberi sono creature viventi, che respirano, che si emozionano e che percepiscono quello che accade loro intorno. Questo piccolo abete è stato strappato dal suo ambiente naturale, dove era acclimatato alla perfezione ed è stato portato in un luogo non adatto alle sue esigenze vitali.»

« Ma noi lo abbiamo sempre trattato bene, Silver!»

« Lo so bambini. Tranquilli, il vostro alberello me lo sta dicendo che lo avete curato con amore. Ma ciò non poteva essere sufficiente e si è ammalato di malinconia. Per lui era già un fatto grave essere strappato dalla terra e portato in una casa al caldo e messo in un vaso. Poi lo avete ricoperto di palline e quanto altro e lui ha iniziato a deperire. Riuscite a immaginare il male che farebbero a voi se veniste strappati dalla vostra casa, e portati lontani dalla vostra famiglia? Come vi sentireste?»

Andrea scambiò un’ occhiata con i fratellini: « Credo che ci sentiremo malissimo!»

« Ebbene, anche per lui è stato così. Ma forse siamo ancora in tempo per salvarlo. Venite con me, bambini. Gli cercheremo un bel posticino al sole, faremo una buca e lo pianteremo. Da parte mia vi prometto che lo curerò con lo stesso amore, con cui vi siete presi cura di lui. Poi si tratterà di aspettare qualche giorno, per vedere se la cura fa’ davvero effetto.»

I ragazzini si diedero da fare a scavare una buca, aiutati anche dal babbo, quindi dopo averlo salutato con tristezza, lasciarono l’ abete e il parco.

Il babbo chiese loro se volessero andare al vivaio per prendere un altro albero, ma dopo l’ esperienza vissuta i bambini si rifiutarono.

« Forse è meglio di no, babbo!» risposero tutti d’ accordo. « Perché invece non ne compriamo uno sintetico?» L’ idea era venuta ad Alessio e il viso del bambino s’ illuminò quando si accorse dell’ effetto positivo ottenuto dalla sua proposta.

Sorrisero tutti per la soluzione trovata, poi fu la mamma a dire la sua: « Andiamo! Questa è una di quelle compere da fare tutti insieme!»

Quando giunse Natale ebbero il loro bell’ albero illuminato a festa, ma i bambini vissero quelle giornate con un po’ di malinconia, perché il loro pensiero era sempre rivolto al loro alberello.

Quando poi giunse l’ anno nuovo e si recarono al parco con mamma e papà, era nevicato e tutti i dintorni erano ricoperti da una coltre bianca.

Il parco era colmo di bambini che si divertivano facendo i pupazzi o lanciandosi addosso delle palle di neve. In un altro momento i tre sarebbero stati felici, ma temevano che con quel freddo il loro alberello non sarebbe sopravvissuto. Ma quando arrivarono, ebbero una grande sorpresa.

Il piccolo abete aveva i rami ricoperti di bianco, che gli donavano un aspetto magico, inoltre gli scoiattoli vi avevano infilato ogni sorta di bacca colorata e gusci di noci e alcuni piccoli uccelli lo avevano eletto a loro rifugio e l’ alberello sembrava vivere felice, ricco di colori e cinguettii.

Pareva proprio che si stesse riprendendo, i rami non pendevano più desolatamente e la punta stava perfettamente dritta.

« Ora sì che ha l’ aspetto di un albero di Natale! È delizioso il nostro Pino!»

« Avete capito la lezione, bambini?» chiese l’ omino materializzatosi chissà come vicino a loro.

« Sì, Silver! Strappare un essere vivente dal suo ambiente naturale, potrebbe avrebbe conseguenze assai gravi.»

« Bravi! Fatelo sapere anche ai vostri amici per il prossimo Natale, mi raccomando, in modo che questa moria di abeti possa cessare!»

« Ce lo ricorderemo, te lo promettiamo Silver!»

« Bene! Ora andate a divertirvi con la neve e venite quando volete a trovare il vostro Pino!»

Detto questo, l’ omino ammiccò con simpatia. Il gruppetto lo guardò allontanarsi poi, come per magia, lo videro scomparire in una sorta di nebbiolina formatisi tra il verde del bosco.


Vivì 26/12/2011 18:58 2 1637

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Una storia d'altri tempo e come l'albero mi sento presa di malinconia, perché strapata anch'io del mio abitat naturale, ma tutte è bene quel che finisce bene, questi bimbi erano pieni di sensibilità e questo fa onore alla storia che ho gradita tantissimo in qiest'aria di Natale. molto sentita e vissuta quasi leggendola con passione.»
Jeannine Gérard

«Fantastica e affascinante questa favola. Bellissima nella morale, esempio di una delicatezza verso la natura, rispetto e comprensione verso tutti gli esseri viventi Brava alla scrittrice per questo nuovo racconto ...non solo per ragazzi!»
Maria Rosy

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