Me ne stavo seduto sul divano di casa mia semplicemente ad abbracciarmi, in poche parole godevo della mia persona senza occuparmi di alcuna cosa futile o di altro. Ascoltavo musica mentre l’odore di incenso usciva tremolante da un bastoncino di legna secca. Avevo da poco scritto una poesia che riguardava la sfera di quella parte di noi che non conosciamo che ci sfugge e ci lascia nel sonno senza chiederci permesso alcuno. Continuavo a chiedermi della meraviglia dell’uomo in tutte le sue parti e mentre pensavo ciò, mi accarezzavo i capelli,
gustando con la lingua le mie labbra che umide toccavano i miei denti. Ero sereno, ogni oggetto della casa mi strizzava l’occhio mentre l’albero di natale fatto da poco accendeva e spegneva le luci intermittenti che brillavano nel caldo della mia dimora.
Pensavo che certi momenti divini o spirituali sarebbero andati vissuti in pienezza, come la prima messa servita sull’altare o la prima comunione, dove ogni pensiero sale nel contemplare l’intimo della propria persona e del proprio cuore. Siamo tutti pezzi di tempo incollati tra loro, mi ripetevo tra il fumo di incenso che esalava da una bacchetta di legno. Ogni pagina scritta di noi , resta, si imprime nel grande libro che è il nostro cuore e questo, basta solo sfogliarlo per acquistare sorriso nei momenti meno felici che non mancano mai. Mentre scrivevo, la musica mi rapiva, mi trasportava nelle immagini più belle che possedevo nel mio libro, tra queste, un tramonto rosso visto in un’isola di Bahia a S. Salvator.
Lenta, poi, aleggiava al primo bacio dato e poi ancora al primo amore provato, alla prima carezza e al primo desiderio che di me non conoscevo. Nel frattempo dalla finestra di casa mia nel grigio cielo di un pomeriggio uggioso un gabbiano con le sue ali bianche dominava il cielo in assenza di aerei. Ero tranquillo nella mia dimensione di uomo, mi bastava poco per recuperare la pace perduta nel quotidiano e tedioso essere altro per sopravvivere.
Stavo bene nella mia dimora ascoltando il jazz, inalando l’odore di incenso e il mio raccontarmi. Non desideravo altro che starmene senza udire nessuno, rimanendo da solo a passeggiare nel libro dentro al mio cuore tra strade albeggiate pregresse.
Sì , mi riconoscevo quasi del tutto in questa dimensione, dimensione che è l’unica che ci lega a qualcosa di buono e di bello, ci unisce a quel qualcosa che cerchiamo sempre fuori noi, mentre è semplicemente nel libro di ognuno di noi che bisogna leggere con attenzione e in particolare nel nostro cuore, dove troviamo risposte e quel sentimento che ci rende poi teneri con ogni nostra parte.
Quando l'alba del solito giorno
schiarisce il cielo che non ha voglia di aprire gli occhi
e il sole accenna il primo sorriso giallo colorando
da sempre il solito pezzo di terra
e il gallo canticchia, prima piano,
poi sempre più forte il primo buongiorno
ricordandomi del primo vagito di ogni uomo nato.
Piano, mi sveglio dall’uomo che non conosco affatto,
quello che dorme indifeso e va in giro in pezzi
in cerca di tracce.
Sbadiglio, poi, riconosco allo specchio
il mio corpo e quindi l’altro me.
Buongiorno, ripeto alla mia estranietà,
mentre piano si accende la candela.
Fuori e dentro di me.