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Francesco Fabris Manini
Le 339 poesie di Francesco Fabris Manini
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Ci son quattro soldi di speranza
e prenderemo della terra,
due metri per due di chi ipoteca
anche l'acqua e il verde dell'erba.
Faremo volare i timbri e le carte
sù in alto nel cielo padrone,
e se all'aria impartiranno lezioni
non
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Quieti sentieri della sera,
rade erbe rimaste negli spogli prati
della mia anima ch'è casa al tramonto
di quel paese lontano che non conosco
e che m'attende, voi vivete la sobria luce
del sole alla discesa, quando tutto passa
e resta quel
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Ti aspettavo a Firenze a quel treno
con ogni speranza riposta
nell'incontro sognato
alla Stazione Centrale.
Ho percorso i vagoni col cuore,
col cuore affannato nel petto,
col timore che tu non ci fossi.
A te accanto un posto sognavo,
avere
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Soffio inconsapevole di te
i tuoi passi verso la mia casa;
impercettibile soffio che percorre
una piccola strada e si fa appena
sentire, come una sillaba nell'aria
che un filo lega a quelle ore
di sole sulla linea illimitata del
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Nelle pinete ombreggiate
lungo i pendii dei giorni caldi
dell'estate ci bastava scambiare
uno sguardo e l'infinito era il mare.
Bastava poco se azzurro era il tempo,
e se nel fresco mattino le nubi eran
del vento con l'ultima inquietudine
avviata
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Torniamo al fiume una sera,
come d'agosto, ad ascoltare
i suoni dell'acqua e le armoniche
delle balere galleggiantti, tra valzer
mazurke e rossi fuochi che
fluttuano le sponde e accendono
le memorie dentro agli occhi.
Intingeremo le dita nei
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Mi guidasti verso un sentiero
con passi quieti e lenti,
e il respirare era dolce verso
la sobria capanna di tronchi.
Mi parlavi dei silenzi...
Fanno musica sull'anima
dicesti, e cadono come rugiada
sui pensieri, con frusci lievi
e freschi,
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Scrivo dagli angoli bui, con pudore,
in cerca di un lume, pure debole e lontano,
che per un attimo sia il sole della terra,
quella che conosco.
Talvolta m'attardo all'ombra dei cipressi
che hanno accompagnato i miei sentieri,
e talvolta mi rifugio
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S'è aperto il giorno con la luna
ancora appesa,
e un ricamo d'alberi danza
al vento sul lieve crinale
più lontano.
Verde si spiana la terra
al fondo,
e da un ramo tremulo s'alza
una vaga voglia del giorno.
E'lievità
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Sono cadute mille foglie
da quest'albero,
foglie che nelle stagioni
mutarono il colore
e nell'autunno era già
lontano quel verde di
primavera e dell'estate.
E... credevi non potesse
più tornare quando
l'inverno mutò le
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La campagna è un frutto maturo d'estate,
immobile come il mare se non soffre.
Profuma quando il vento la scorre,
e l'erba scopre i nidi degli uccelli
dentro la terra, e volano piume colorate
a trapuntare come fiori i prati.
Sa di buono
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Nelle sere di primavera la terra
viveva tra i colli e le donne
profumavano d'erba.
Nelle sere di primavera i ragazzi
camminavano la strada a guardare
le donne e a goderne col passare
del vento.
Sorridevano le donne d'istinto
e una all'altra
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Aveva il tuo sguardo il mattino
dopo la pioggia, chiaro come
le rondini riemerse al sole.
Sapeva di colline e di vigne
allargate al cielo là dove l'erta
arranca la salita e i carri stridono
la pietra, con l'uve sul sentiero
come fiume di
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Ancora scende il sole
sulla tua collina d'aprile,
un sole gentile come un
sorriso o una luce nella
tenera notte della primavera.
Scivolano ancora le brezze
sui clivi silenziosi e li percorri
leggera come nel tempo col
passo di casa.
Ora riposa,
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Quando la domenica era serena
salivamo la collina per i prati e il sole.
Là si lavava lo sguardo nel cielo
di nuvole scarne, vaghe come il giorno
di festa.
Giocavamo tra gli alberi e le siepi
più alte, e tornavamo bambini con
sorrisi
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Ascolto la notte e sento il tempo passare,
e le cose son nascoste in angoli segreti,
e mi provo a cercarle vieppiù all'indietro,
in mattini remoti, immersi nel cielo, caldi
nel sole.
E mi viene dinanzi quell'acqua azzurra,
aspersa dal vento
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Invia un messaggio privato a Francesco Fabris Manini.
Inspiro quest'aria
che la montagna dona
al fiato ed al pensiero;
intingo l'affanno nelle resine
che placano le ferite
di larici e pini nel dolore
che non soffre.
Imparo questo sentiero
con passi lenti, e la quiete
inietta le vene, languono
i
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Selvatico e solitario Pruno,
in nascoste stradine campestri,
al limitare dei chiusi, in terre
aride e pietrose svetti sulla
fitta selva di foresti rovi,
e le tue drupe son bluastre
come cielo dopo la tempesta.
Aspro e allapante
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E'una quiete sbiadita
dal sole, luogo mite e
silenzioso quest'albergo
di cipressi, appuntamento
con l'anima e col tempo.
Sosta la luce sui marmi
levigati dalla pioggia
e dal vento, e si cela
il sonno del silenzio.
Qui penso a incontri
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All'improvviso tutto è già lontano,
e si sparge soffusa una solitudine
assopita e secolare tra le cose dai
giorni levigate, una solitudine di uomini
che nel tempo altre solitudini ebbero
ad ascoltare.
E nello spazio della stanza
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Il robivecchi scende scantinati,
e le vecchie e rotte cose paion
come rallegrarsi.
La fioca lampada si mostra come
un sole che riscalda l'antica lor
stagione.
E il silenzio narra la mano che
le colse, l'adoprò,dette lor senso
e ragione;
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S'inghirlanda la novizza al davanzale
con argentine d'ingenuità e candore,
e fiori d'arancio fanno la comparsa
dove fanciulla coi più fece l'amore.
Usanze estranee ormai queste dei fiori,
come già tanta cosa di questo
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Come una banderuola hai mille volti,
e all'estro di pallidi umori offri primavere
a tutte le stagioni...
una regina di cuori in sere senza luna,
accovacciata in frettolosi amori che il buio
consuma, dentro sudari di nuvole scure,
effimeri sogni
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Risvegliarsi all'alba,
nel tenero colore che riappare,
e nella fresca luce cogliere nel
sonno tutte le cose, vaghe e lontane,
come sogni ancor ritrosi al sole.
In quest'ora tutto è passato...
e tutto ha da arrivare...
Col silenzio... una
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Sopra un pianoro, fatta una balza,
sulla collina che un sentiero alla mia
univa, s'ergeva quella casa che scandiva
il tempo, sempre argentina, seppur talvolta
greve, e il giorno accompagnava al tocco
della vita, per esserle compagna nella via.
E
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Penso talvolta a un cielo diverso,
a un cielo più alto, che un tempo
respirava come un fiore al mattino,
aperto all'aria come la luce della
primavera, ch'è azzurra e verde,
e sa la viola e il ciclamino.
Ora è vano chiedersi
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Tu sarai l'ultimo silenzio della
sera, quando suona la campana,
e sarai limpida e precisa come
una lama, e mi siederai accanto
giacendo con me al mio fianco,
confusa coi miei occhi, con l'ultima
espressione del mio volto.
Giacerai immobile,
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Vorrei da te canti che suonino nel
vento e venti che attizzino le stelle,
e che la notte sia immensa e chiara,
e che si fermi per ascoltarti all'infinito,
nei racconti, e nelle poche belle fiabe
della nostra vita.
Vorrei dissetarmi alla tua
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Stride dal roccolo alla torre il falco,
e nell'anfratta balza s'insinua
la volpe a cogliere squittio
di scarlatta nota, sull'erba flessa,
contaminata e scossa.
Silenzio attorno che tuono spezza,
e dardi scheggian la penombra
d'una quercia
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Quanti anni son trascorsi
dal giorno d'una notte amica,
in cui l'orgoglio
perdesti scivolando sull'erba
come bianca seta, sorpresa al
nuovo sole, sul clivo dell'aurora...
Ora vai con la fronte altera,
e m'irridono le fuggitive ore,
come i
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339 poesie trovate. In questa pagina dal n° 211 al n° 240.
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