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Giorgio Lavino
Le 886 poesie di Giorgio Lavino
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Il mio tempo era andato a cercare
sorrisi di tutti i soli allineandosi
alle certezze della vita
La mia soddisfazione scatenò
l'ira degli dei che non vollero
farmi re della quotidianità
Ora vivo d'attesa su una balaustra
di
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Occhiaie che hanno il timbro
delle fatiche del tempo
che affonda i suoi colpi
sulle gambe che si lamentano
ogni volta che ricordano
di essere state giovani
Gioca con il mondo
che non è più suo
il vecchio della Napoli
sfiorita e
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Sono mani
che stringono
le nausee
ai confini
dell'adattamento
Sono voci
nate per scarcerare
le verità
S'imprigionano
nei fiati dell'incapacità
Sono orecchie
che s'infilano
nell'ovvio
per cercare
nuove
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Momenti diversi
che si fanno largo
sorpassando il
consueto ciclo
dei giorni
Sale l'antico contegno
della bontà e assapora
le cristalline comodità
dei passi dei suoni
Ghirlanda di colori
in un piano di segni
che danzano
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Camminando sul corame
delle mie manie
trovo sempre
seducente abulia
Frego le mani
per dar forza
al mio animo
ma algida persuasione
blocca ogni mio
scatto di reazione
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Cancelletto cinquantatrè
Che grossa delusione
dice il messaggio d'errore
del browser delle relazioni
Acqua marcia
che scorre sotto il marciapiede
di comportamenti
mi è stata lanciata in
faccia da chi attendevo
non dico rose
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Dentro questo corridoio
di questo momento del mio tempo
passeggio su e giù
azzuffandomi con i miei dubbi
Altalena di chiodi e cerotti
agita la mia ritrosia ad
immergermi in una scatola
di comportamenti
troppo grande per me
mi
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Se varcherò il tuo cancello
saprò fissarti negli occhi
e poggiare una carezza
sulle tue guance
Avrò con me un pezzo di sole
lo stesso che ogni giorno
mi puntella nella traversata delle fatiche
Mi darà la giusta luce
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C'erano mille uccellini appena nati a
regalarti il loro novello cinguettio
con cui indicarti la strada ancora viscida
per il passaggio recente della pioggia
ma sicura per condurti verso un orizzonte
di mille colori
E tu hai voluto camminare al
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Al simposio dei sogni
corrono i bisogni che
non hanno potuto
accontentare le anime
oniriche
Alla parata dei buoni
propositi s'affannano
i cuori che non hanno
seguito la buona volontà
Al giuramento della verità
si mettono in
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Vedi là l'intonaco della serenità
sta cadendo a pezzi
Non chiamiamo nessuno
Provvediamo noi stessi a sistemarlo
Sento spesso un forte rumore provenire
dai tuoi silenzi
Eliminiamo questo frastuono rintronante
prima che saltino i
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So di un rivo che
canta la dolcezza
per le anime erranti
che non la incrociano
da un bel po'
Ci si va attraversando un
ponte che non c'è ma
che devi costruire da te
Ti sarà malevolo un vento
imponente che disperderà
tutta
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Devo dirlo a chi
Devo dirlo a una chiromante
O forse solo a me
Scrivo perchè?
Sono solo e ho paura
e mi rifugio nella scrittura?
Ho qualcosa che mi rode
e m'aggrappo alla strofa?
Non so perché
Devo dirlo a una farfalla
lei va
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Niveo è questo oblio
mi sorregge su uno spigolo
vetusto ma di velluto
Mi scorta fiero in un
viaggio verso altre azioni
Slaccio l'ultimo nodo aspro
con i residui di una forza
che non credevo di possedere
Non indugio non mi
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Correggo le incongruità di
questi giorni passati a sperare
Ritocco i colori dei miei affetti
Riesamino tutte le mie parole
sistemandole bene nel forziere
dei giusti significati
Ripasso le melodie più suggestive
per addolcire i cuori
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Se tu mi dicessi che saresti
pronta a camminare sotto
la pioggia insieme a me
per sperare in un pizzico di sole
Se tu mi cantassi
un verso di tenerezza
che sa di speranza
facendomi credere
che insieme possiamo
restare un solo istante
a riva
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Invia un messaggio privato a Giorgio Lavino.
Mi compare sovente
un'ombra maleducata
Mi parla con il tu
con la confidenza
che io non le ho mai concesso
E quando se ne va mi
rimane in mezzo ad un
cielo che sa di nubifragio
con il cuore che deve
affannarsi con mille sospetti
Viene
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Stando alle apparenze
avrei dovuto farti
sgombrare dai miei pensieri
Stando alla tua resistenza
avrei dovuto issare bandiera bianca
Stando alla tua incredulità
avrei dovuto piangermi
addosso e calarmi nel
silenzio del vile che
ha paura
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Cerco l'immenso in un secondo
Non posso agognar altro
Devo accontentarmi di un ritratto
di un po' di voce di qualche riga
su un foglio monco di un soffio di sorriso
M'aggrappo allo stelo di una robusta immagine
e corro verso il tuo corpo che si
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Giran spesso per la testa e si fan vivi prima
con un morbido sussulto
per poi associarsi formando trottola
che mette in subbuglio la mente
Son rovelli che non han chiamata
vengon quando cerchi di mandar
via un giorno ostinato ad essere storto
Son
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Dove vanno gli arcui pensieri
Una volta con la schiena retta
Fieri soldati della loro ingenuità
Martelli che sapevano inchiodare
solo il giusto
Ora la mente ingarbuglia tutto
Acerbo e maturo e trattiene
solo la parte che serve per il
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C'è un muro edificato solo per me
Nessuno mai l'ha scavalcato
Ora tocca a me
Mi han detto che se ho gli arti inferiori
a qualcosa serviranno
Pretesto nessuno posso avanzare
Per forza devo farcela
Su dunque, non serve recriminare
Telefono
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La luce va e viene
Il sorriso poi è latrato
La voce sottile s'infilza
nella tempesta e s'alza
ululato
Si va veloce sulla strada
a doppia corsia
Si corre al volante di una convinzione
che poi si scaglia fuori dal finestrino
al ritorno
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Metti tutto in questo cassetto
Qui si può sistemare ogni cosa
Rabbia delusione rimorsi sputi in faccia
Metti tutto qua e poi si vedrà
Altrimenti le giornate sono lunghe
e le caditoie dello spirito si intasano
delle scorie di fronde
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Assaggio tutto il sapore della fiducia
in questi giorni che sanno di lucidità
Mi ricovero in una stanza all'ultimo
piano ad attendere la fine dell'attesa
Vuota la camera in cui sono insediato
Mi tiene compagnia un sudore appiccicoso
Che
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Certe volte quando il cuore
già comincia a consolarmi
vedendomi piegato all'insuccesso
Spunta un po' di sole
a sorridermi e le nuvole
si convincono pian piano
a traslocare rassegnate
dal mio cielo
Un vuoto che non voleva
mai
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In questo posto c'è un odore che non inseguivo
Un ardore che non mi infuocava
Una porta che devo imparare ad aprire
Un compagno che mi deve istruire
Perché mi trovo qui?
A combatter per chi per qual cosa?
Da qui non prenderò il
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Ancora vivo solo per l'anagrafe
che ogni giorno attende notizie
Passeggia senza la tuta blu
Scippata e venduta ai mercanti
che fanno i padroni con l'oro di noi tutti
Con la pelle bruciata dal freddo dell'angoscia
Con il senno stoppato sul
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Mangiano perfino rimasugli di cortecce
di meningi massacrate dal servilismo
che lancia nelle stive dei mercanti
d'oro miasmi che nemmeno mille
discariche conoscono
A pancia gonfia di sangue
puntano la nuova vittima
Chi ha osato di
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Non sono stato io
a dire che volevo tuffarmi
in quel lago dove voi
vedete le più belle rose
e ne sentite l'irresistibile olezzo
Là mi han detto di recarmi
e io da soldato verso quella
strada mi sono incamminato
Saran fiori? Saran
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886 poesie trovate. In questa pagina dal n° 661 al n° 690.
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