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Valerio Foglia
Le 252 poesie di Valerio Foglia
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Uno squarcio di calore denso
ha preso il tempo
nella rabbia, dal trattenersi
da gesti impensabili per poca cosa
quanto è stato
il tuo amore folle
d’ incendi, fiamme, scaltra psicologia
getti di vapore acqueo
usato nel pianto, per la fine
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Nelle stanze di sempre
risuonanti versi
fra ossigeno ed impalpabili alchimie
istigano i polsi, le mani
di prone braccia
in mancanza di volere
con lastre divisorie
pareti limitanti
gemiti soffocati
inseguendo con insistenza
spazi che
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Rimarcando i commenti
di certi visitatori clandestini
con un fazzoletto al collo
ed un marchingegno fotografico
ho colorato di nuovo le immagini seppiate
di stanze abbandonate con sedie accatastate
della sala cinematografica
che solo casuali
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Come pubblico di sola facciata
a volte ci ritroviamo
a ricomporre tasselli
senza alcun approdo
indovinando i pezzi mancanti
o riempiendo il torace
dei nostri ricordi
Figure di marzapane
inondano soltanto di traverso
il fiato, che in mille pezzi
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Lasciando il volto rivolto al cielo
una coperta di morbida aria
d’azzurro spaziale
docili gocce in polvere
avvolgono i luoghi del fermento
degli spasimi
calando la tranquillità di clausura
che senza muri o grate
infonde pienezza
silente
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Giunto al luogo
che m’indicasti
in ginocchio
con le mani a terra
grondante di sale e lacrime
tolsi ogni veste
stendendomi al suolo
ringraziando il cielo
fra miraggi d’acqua vicina
senza chiuder occhio da giorni
con i battiti scatenati
alzando
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Ci fulminò il batter di ciglia
appoggiati al davanzale
della casa vuota di corpi
da echi, polvere ed insetti divorata
nell’attesa dell’estate
che presto bussò
e nessuno aprì
come guardiani senza gregge
affidando al
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Stretto e senza forze cerco di dimenarmi
in questo giorno di luna e fragole
che dalla notte viene
dopo sudori, incubi
di movimenti smaliati
in cerca di tranquilli lidi
dove slegarmi, fermarmi e sciogliermi
svuotando il mio carretto
di timori e
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I piedi inzuppati in una spugna
di cadmio colore
immobili di fronte, come alberi
di fronde leggere e fini
circondati da nemici tempeste
in un fuoco fatuo, spuntato dal nulla
prosciughiamo la clorofilla dei luoghi vissuti
da gelsi e bruchi
da pigne
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Quando mi cerchi
perdo ogni sensibile ragione, ogni semplice mossa
nella confusione interiore dell’anima
ormai incontrollabile, visibile lontananza
al seguito del vento intenso e voluttuoso
fra morbidi cotoni, tocchi di cachemire
dei tentacoli di
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Nel parapiglia che il vento ha voluto donarci
si ritrovano le disperse vie
i clamorosi occhi
e le gemme a fiorire
che la lontananza imposta
non ha scalfito o dimenticato
Nel moto ondoso del caldo giaciglio
ferri arrugginiti ed acque
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Scialacquatore di pregiate cortecce e bronzi
rastrellavo in dirupi umidi e muschiosi
muovendo terra e sottobosco
con speranza di nostromo
fino al termine del sole
alla ricerca di fuggiaschi sogni
di fosforescenti promesse
Seguendo i bagliori,
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Al sollevar del candido sole
freddo limite della cella di pietre e fango
dove son rinchiuso
in questa oasi meschina che tu mi hai donato
smarrisco anche l’ultima voce
soffocata, povera, finita
Con inerzia, la guido verso grondanti palme
bugiarde
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Fiamme di petrolio, appiccicose come cellophane
urlano dai varchi senza amor proprio
delle serrature di questo caleidoscopico peregrinare
sciocco
di sale aspro e fuliggine
Sciacalli avvezzi alla caccia
mirano a spolparne le membra
a succhiarne
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Dal canto incline
su lastra di alabastro, con voce d’onice e vene aride
rivoli d’inchiostro
sudano da sogni angusti e di spavento
tremanti e di tormento
Gli acuti suoni, lanciano pirati e briganti all’attacco
con battiti d’ariete
di figure
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Pingui giallo e rosso, dal levigato furore artistico
al comparir del mattino fra brezza a tratti
segnano il posto
che è gonfio di ricordi
Bianche lastre di marmo e luccichii chini
rimescolano limpidi sentimenti
diffondendo pulsanti venature
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Indirizzo personale di Valerio Foglia: valeriofoglia.scrivere.info
Guai, figli di leziose e vili mosse
non vedo esimersi, né redimersi
Circolano nelle vetuste aperture che sono
sempre lì, alla mercé di ogni nero soffio
intento, sforzo
Intimi raccolti, sovrastano i colori
l’insistente
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Disegnate di fronzoli e corolle
vegliano su intime cicatrici
parole lenitive
che il grondare di fiele e cicuta, asciugano
Nel patimento, digrignando inutili zanne, fugge la consolazione
Sommessi diverbi, osano resistere
Sfacciate e sfinite,
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Nel pomeriggio di Luglio
un attimo fa
sentivo profumi di umido
e muschi
Parole veloci
più degli occhi, volti verso il lontano
E’ cambiato il giorno
come son cambiati
il sole e la sua luce
Le nuvole corrono
Notte anticipata e
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Dormono i passanti
del bel tempo
i colori furtivi
delle ore libere
abbandonate
E’ assopita anche l’aria del fiume
estranea
fresca
la fioca luce dall’alto dell’orologio
è la silente osservatrice
Dal ponte buio
nel
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Una canzone di parole banali
la vittoria cercata
saltante, da un pentagramma in fiamme
con piedi stanchi
morsi nel cuore
Cavalcando un giovane stallone fino allo steccato
nel ribollio
le sue viscere la piegano mentre cade
L’ombra di un
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Non raccoglierò, parole straniere per te
nel tepore immeritato di questa stagione malata
solo per cullarmi di ciò che scrivo
in ciò che vivo
E se solo mi rallegrerò
per questo malandato, limpio infinito
lascerò
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Dei profumi della giovane età
aguzzi, velati, inebrianti
dei teneri mattini
di sole nascente
vivi come giovani passeri
sbiaditi ma persistenti, fino all’imbrunire
non potrò scordarmi
Come, di vicoli umidi e nebbiosi
di camini da
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M’assale
s’impadronisce
del mio svilito corpo
inebriato dal vino
scaltra come volpe
nella fulgida sensazione
torbida linfa
Miele nel cuore
polline di sentimento
sciolti in una lunga
scia solforosa sulla pelle
Come vulcano
effonde
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Prendesti per il collo accartocciato
stringendo come cima
l’impeto dell’inizio
sfumando poi in un ripensamento traditore
Il proseguo non ti fu mentore
né aiutante
né amico
Ti lasciarono in balia delle tue truci
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Se m’avessi detto che
il lento strusciare delle dita
sentore della pura esistenza
fosse dilagato come luce fioca
ancora a piedi nudi
avrei provato a trapassarti
con il filo di forza
rimasta
Allora i muscoli tesi come elastiche funi
con
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Saettante il merlo vola al nido
quando del giorno
le amare ore di calda cera
con carezze e veli
si stendono fra guizzi polverosi e schizzi
Il buio filtrato della prima sera
oscillando saettante, insorge
fra rumori di piatti, porte e l’ultima
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Tanta bellezza
frastuona i miei sensi
scalcia, si fa largo
gronda
poi striscia come serpe
Arretra nel proseguo d’ immeritati luoghi
fascina
stringe il respiro
Commuove i pensieri
sbalordisce
Tende le braccia aperte
risucchiando ogni
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Sublime
questa polvere d’acqua
che rinfresca la sera
Attesa
imprevista
come il fuggire selvatico
di chi ascoltava
Bagnarsi di musica e tamburi
di note serrate
febbrili
lievitanti
D’applausi e ritmi
L’ora giovane e
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Parole iene mi escono dalla bocca
ruzzolando dalle labbra
scendendo fino a terra
Grovigli di fotografie, lampi e suoni
salgono fino alla gola
Rigurgitano nel vuoto trasparente
I pensieri addormentati
fanno spazio con
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252 poesie trovate. In questa pagina dal n° 211 al n° 240.
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