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♦ Anna Di Principe | |
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Massimiliano Moresco
Le 452 poesie di Massimiliano Moresco
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È assordante il silenzio
Quando verticale
Si posa tra due individui.
Tutti vorrebbero destini orizzontali
Ma basterebbe capire, uomo
Quanto un silenzio condiviso
Sia perlomeno accettabile.
Nel vuoto vibrano corde sibilanti
E nell'assenza
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Quello che ho,
Canini affilati per proteggere
Cerchi concentrici e sintetici
Del mio mondo di apolide.
Quello che ho,
Un macigno con un filo
Appeso ad un aquilone
Un guinzaglio per volare
Ed assaporare libertà.
Quello che ho,
Un
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Getto sassi nei miei sensi
Così poco assolati
Lo so, eppure libagione
Per dei ammalati di templi
Troppo vuoti ormai.
Intendo cogliere raggi
Di un sole mai sconfitto,
Nel cammino mio confluisce
Un emissario di sorrisi,
Sfocia nei mari
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Vorrei essere stella tra le stelle
Anziché palla che rimpalla
In questa stalla d'automatismi.
In questo schiaffo dell'esistenza,
Vorrei assalire sensi assoluti
Anziché foschi teschi ossuti.
Perciò rendo duro il mio
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Un Dio è morto sulla croce
La sofferenza è stata il selvaggio nido
Di un fertile fascio di gemme d'amore
Ancora oggi faro di anime e cuori.
Una donna rinasce nel suo travaglio
Dal dolore sboccia il suo tenero orgoglio
La sua mente
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Che vi sia di conforto il dilemma
Che soggiace nel vostro cuore,
Che si imprigionino lode e gloria
Nelle domande che affiorano
Come fiori di campo a primavera.
Ode a te uomo che dal cappio fuggi
Che dalle lusinghe ormai rifuggi
E nel quale
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Io sono un mare con onde nascoste
Sono un oceano con occhi senza risposte
Sono la notte liquida che divarica il sole
Sono il bambino dalle mille capriole,
Sono il sale che illumina ogni liso viso
Sono il colore che bagna ogni sorriso.
Sono saetta
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Il mio nome è Valium Wallace
Mi gusto tutte le rivoluzioni
Tutte le ribellioni... dal divano.
Aspetto solo il momento giusto
Quello che mi dia lo spunto
Per evaporare dal bel sofà
E unirmi al coro che saziera'
Vorace pancia e poi
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Opero nell'insondata cavità glaciale
Ho un cannocchiale sottovento
Strumento eccezionale davvero
Sono sincero, non potrei farne a meno.
Se straborda colata magmatica
E assalente trabocca vorace dal secchio
Potrei tornare giovane da
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C'è lui, assalito dalla barba sul mento
Ha una nuvola per cappello
E baffi che sbuffano sul cemento.
C'è lui, accanito fumatore
Con un miracolo nel cuore
Sedotto da un pensiero decadente
Trova un fiore nel deserto della mente.
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Sbocciano fiabe nelle tue mani,
Fertili terreni per radici di felicità
Dai quali, declivi tuoi sovrani,
Odorosi giacinti e giacimenti d'oro
Fanno capolino nei gesti inargentati.
Nascono storie di tulipani rosso lava
Quando t'immergi nel
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Muore il viso in inverno,
Opaco e meticoloso assassino
Che pesca silente nell'iride.
Nelle sere assetate di fiochi lumi
Uccido occhi tra le palpebre
Quando si sussegue incessante
Il tramonto inoperoso della natura.
Spirano con sospetto sorrisi
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Il gioco rende anche soavi
Ma è una falce che miete
I diseguali aneliti vitali
E reperire correttori di sensazioni
Libera crepature nell'onore che duole.
Rovinare almeno quanto basta
I malcapitati umani che sibilano
Nell'ira che
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Lingue di fuoco s' eccitano
Come fiere nel loro cimitero
Parole vere poche, a dire il vero.
Duri di comprendonio col tempo in tasca
Recitano il suadente folle mantra
Dell'ossessivo bel quadro moderno.
In secondo luogo c'è lui
un furbo
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Ciò che io libero nel guado
È semplice come vedere
Ed è semplice come osservare,
Lo si può essenzialmente imparare
Stando in silenzio ad ascoltare.
Ha nella scaltrezza il suo limite
E nel tacere il suo massimo
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Sirene ululanti fagocitano
Lo scintillio dei Brillanti
Nei cieli rimasti vacanti.
Occhi negli occhi,
Socchiudono serrature
In una mente pregna d'arsure.
Anziani, vuoti a rendere,
Bisticciano tra lamenti otturati,
Radiosi Soli brillano
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Invia un messaggio privato a Massimiliano Moresco.
Due occhi, lana che fila il cosmo
Due occhi ringiovaniti da lacrime
Due occhi, tramonti all'ergastolo
Due occhi, i miei, ormai sazi,
Intrisi d'altrui salati dazi
Nel reperire albe al pascolo.
Due occhi sospesi tra stupore e noia
Occhi, che
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Che ho da imparare da voi
Da voi che insegnate a vivere
Da voi che assaporate l'errore
Come fosse una leccornia,
Da voi il qual mezzo gaudio
È un male necessario
Per sentirvi almeno vegeti.
Io vorrei sbagliare mille volte
Se ciò vi
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Uno strano dio è issato su una croce
Adorato in un regno di caos ordinato
Dove ogni degno libero astante
Si spinge in confini sempre più vasti
Allietando i monasteri del capitale.
Una mano invisibile con provvidenza agisce
Sigillando
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In silenzio si ode il respiro del vento
Al silenzio si dona il cuore che più non tace,
Nel silenzio si infrangono rabbiosi desideri
Da quei preziosi e luminosi palcoscenici
Ove si esibiscono moltitudini di sospiri
Di canti e voli circolari dai
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C'era una volta l'uomo...
Come un re dimorava nel suo regno
Viveva immerso nel suo sogno
La vita era ostica e davvero dura
Però era in sinergia con la natura.
Poi un giorno acquisì coscienza
Della sua forza e della sua
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Una spina nel cuore,
Ecco dov'è.
Una spina di furore,
Ecco cos'è.
Uno spavento nell'alba
Un tormento ordinato
Un tormento incarnato.
Nella cantina dei sentimenti
Orme e passi nei bui recessi
Urlano allo scintillio
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Sono rarefatto nell'ombra
Esterrefatto in cornici d'ambra
Abietto agli occhi dell'essente,
Decollo tra i colli della notte
Abbandonando gambe inette.
Muschio nelle vene
Si propaga silente
Deliziando la mia sconfitta,
Canali colmi di
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Ci guida da lassù -daimon-
Nel sentire che appaga
L'ora perspicace e funesta;
Consigliar nel sonno intende, intende
Rivelare la sua natura albeggiante
Che insinuarsi nel sogno vuole.
Ancora io ricordo nel cuore greve
Nel cuor che assale
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Oggi voglio non essere,
Non essere una bella anima
Che affiora in zampilli di bontà.
Voglio comprare un covo di serpi
E affondare i denti in cento buoni,
Come lo sciame dei cento cani
Che in branco assaltano il collo
Di un affranto
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Voglio scrivere libri senza inchiostro
Narrare di un tremendo mostro
Che nella notte porta consiglio.
Vorrei affondare le braccia nel cuore
In modo di poterle dotare di delicatezze
Per poi seminare lievi carezze
In visi capaci di ricevere solo
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Nella mia eterna sconfitta
Che non finisce mai
Sono così vivo,
Ma vegeto.
Un corpo si muove
Nella foresta degli addii,
Nei beni così dolorosi
Che invadono ogni gesto,
In ogni gestazione dell'ode,
In ogni assoluzione che
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Grattacieli affamati di cielo
Assediano tribù umane
Amareggiando orizzonti urbani.
Ci si ama di meno
Questo è chiaro no?
Senza fiori da ammirare
E tramonti da raccogliere
Negli occhi di un fanciullo.
Ci si odia con molta
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Quando la Madre accoglie il pianto del cielo
Ciascun sorriso del vento accarezza ogni stelo
Di pianta, di fiore, di cucciolo e cuore.
Quando un figlio inonda di rugiada il suo viso
Una madre disegna sul volto il colore dell'amore
E la', in un
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Scenari luminosi s'affacciano alle finestre
Sguardi numinosi assalgono le ginestre,
Nelle stanze oscure anche il cuore più restio
Osserva sgomento il giocoso pennello di Dio.
Zappe indifferenti violentano l'inerme suolo
Microfauna assiste
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452 poesie trovate. In questa pagina dal n° 271 al n° 300.
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