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Gabriel Vertua
Le 21 poesie di Gabriel Vertua
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| Sulla scrivania - arida in anni d'alberi
malnati - In silenzio -
ascolti
una foglia
che morta
s'adagia e cade
sul lago. Incanta
-la cupa arsura
di domande note- fra iniqui
fragori.
Piacere alla bocca: polposi
succosi sono
i frutti
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| Piangere. Correre. Fuggire e sparire
dai frivoli sbraiti.
E un dolore
dentro rode, distrugge. Sul rauco firmamento:
stelle. E vita! Come un sottile zampettare di ragni
sulla pelle che rugge. Ora siamo come le stelle
così vicine eppur tanto
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(Scriverò) Un bacio
nascosto fra la neve. Sapere
dolcemente
ti toccherà. E ti volterai:
"Neve... sono sulla neve. Ma non
mi vedrai"
E infinitamente
più leggiadro è il petalo
di rosa, sul cui
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Due figure
si baciano.
Il sole
altresì al buio, pelli vecchie
(un sorriso smorzato)
e mani complici,
strette
eleganti rughe, nobili gesti:
e la notte ha più
mattiniere
stelle.
La salsedine sbianca
di nivei ricordi
le urne
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Perso fra pozzanghere
di serpi, diserti di rupe,
di sbraiti
infetti fra dure ombre e sterpi
di sangue.
E subito sovviene
un sole pallido, più il sopore d’un prato,
nuvole d'acqua di un madido bianco
squisito e chiaro
...E tu.
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E' a questa fosca ora di vita
serena che scorre fra le spossate
dita, che troviamo te. E il lucente
ruscello ci invita a sbarrare le sue dilette
acque con perlacei versi, dolci strofe e soavi
canti, di quel furore di sfavillio
che taluni chiamano
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Sapere quanto dolce è la tua
voce. Immagina
se le gemme
potessero
cantare.
Ecco.
Comprendere quanto ristora la luce dello sguardo
tuo, immagina:
un campo di gerani, un canestro e noi distesi
vicini a un ruscello di chiara
calma. Che
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Il sole crolla
e spuntano le stelle
lacerando il velo
all'orizzonte:
il cielo, la pelle
e le nubi squarciate
fra il fiore, le ceneri delle
rupi in festa
di morte. Un ultimo
fiotto di luce al buio
meravigliosamente
resiste
e un
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| Farfalla
che vagar mi fai ad ogni
folata
estiva, fai sì che il tuo allettar
di monito sia inteso
al tuo volar pensoso
e inquieto. Schiva,
la natura tua smuova
le eterne
cime delle grevi pene tue
condivise:
sino ad obliar fra le
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Sedersi su quella linea
che sfida lo scottante sole
del tempo che tramonta
all'orizzonte. Annusare
con le dita
quel vetro di
mille colori e odori cari
al "tu" di ricordi
umani,
che da anni o millenni
non c'è
più.
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Se in mezzo a tutto nulla trovo
fiera t’innalzi feconda nei pensieri
remoti, la cupa mente dell’uomo
mesto scaldi col tuo sol, mar’e fiori.
Mentre ti sogno illuminato tento
e mi stanco evocando le tue Veneri,
e le tue Muse che cantarono
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Freddo: "No"
dalla bocca amata
e il nome suo
volteggiava
come d'autunno
una foglia
grigia su un'altra steppa.
Una staccata
prateria.
Il sol d'inverno:
un pallido verde
cuore
luce,
giace stramazzato,
deluso e stanco.
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Vedersi il proprio riflesso
ogni mattina a viso
fresco. Scorgere un essere,
e l'anfora greve sulle vecchie
spalle. Fronti solcate, pelle
afflosciata, fugaci guizzavano
gli occhi in questo viso
sgualcito di forti
occhiaie.
Un fanciullo
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Quanto è bella Milano al crepuscolo
e le sue luci:
la sua ombra piace tanto.
Bello il cielo: decora
d'autunno, la folata
e questa piazza.
E' il camminar con lo sguardo sperduto
tanta storia, lettere e arte:
vanto vetusto. Ora solo
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Questo io, quest'uomo
deve scomparire.
Non siamo altro che
mille
e a volte:
un miliardo.
Quell'uomo,
quel
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Con l'orrorre
fra le dita
resta in vita...
Quel fiore
d'un
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Mormorando fra le onde che gli scogli urtano
camminano, marciano e corrono
riconoscibilmente
i ricordi.
Oggi ti accomodi
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| Vedersi
rantolando sotto il lenzuolo,
amaramente
cercando sempre ristoro
dopo
quell'infelice sogno
che la realtà trafigge.
Ritrovarsi
sbattendo le ali contro
quella gabbia
che chiamano Tempo
ora soggeto
di veloce e a un
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| Mezzodì d'estate nel paese.
Il caldo domina,
fra le viuzze deserte:
una piazza roventata,
desolata.
Un quartiere muto, morto,
inerte.
Tutto dorme. Non si sente
che un lontano
rollio di ruote.
Si ritirano
in qualche angoletto
e
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| Spesso accanto alla porta t'ho in vano aspettato
e tutt'ora.
L'osservare un muro è la mia fortuna
e veder quella immobile maniglia,
tortura.
Ad ogni respiro,
l'enorme porta ti pone ora inerme
un rivo
di parole marce, arruginite,
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21 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1 al n° 20.
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