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Ieri pubblicate 23 poesie e scritti 35 commenti.
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Angela Fragiacomo
Le 655 poesie di Angela Fragiacomo
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"Ma chi ti credi di essere?!" domandò lentamente
la musa al muso
- un incipit importante - pensò, e già annegava nel Nilo
la voglia di vino al naso.
- prudono i capelli sul volto
sgrammaticati
minimizzati
nulla
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dimmi di te, di cosa nutri il tuo bisogno -
la poesia mi ha scelta
la forbicicchia
scende lo stipite della finestra
- la mia mente brulica -
solleva la testa, sculetta - penso di colpirla poi...
la grande poesia
il suo corpo longitudinale
- what a
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Insensato tornare qui.
Casa - è dove tu sei.
Manchi -
Che cosa idiota! Appare e vibra una corda rotta.
"manchi" Nulla! Confronto ciò che vivo!
Tu!
Tu! - Non sei!
Esatto: - corda tesa, lucida grancassa d'ebano -
Tu
non
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Non girare la testa.
Non sputare in terra.
Non parlarmi così!
Lo vedi il mio pastrano?
Non vuoi che sia felice?
Non vuoi
la mano?
Non sarò la tua piccola.
Non girare la testa.
Non sputare ora,
non ora
ora ora...
...se ne
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Ho scritto mentre dormivi
ti sei svegliato e ho continuato
a scrivere nella mente
Ho scritto mentre pioveva
ha smesso e ho continuato
a scrivere sul vetro nella mente sulla mente
sulla palla di vetro, dentro –
Scrivo perché posso
dare
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fucili a piombini!
uccideremo gabbiani!
gridano! ascolta! cosa becchettano insolenti?
dal comodo podio
a tre piedi dalle nostre teste: giudicano forse il bianco
incedere?
- zoppichi, come zoppico io,
che a te mi reggo
da quando il conto si
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In prima o in terza persona posso dire che ascolto il ronzio del neon
e il canto del gallo
come l'ascolta la donna qui, seduta e sola alla mia tavola.
Sorseggiamo senza parlare
il caffellatte che tanto ci piace, in due tazze uguali, verdi.
Con la
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petardi e stelle!
- Frecce agli archi!
colpetto di tosse
più forte dei gong
petardi e stelle!
- sollevato da terra
lo schianto spampana -
polvere di Giove!
ciliegie
rosse rosse una a una - innumerevoli
voci innumerevoli - pesci
baci
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i vecchi muoiono
come muoiono i gatti
cent'anni or sono
il tappeto rollante sotto i piedi sudati
il tempo - la lunga lingua
i vecchi muoiono
ti ho perso in un giorno,
da qui a là -
come il bottone che improvviso abbandona
l'ultimo
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“verranno...
verranno
si ciberanno del pane quotidiano
del nostro granaio
perché così fanno! ai Poeti!
Poeti! Chiamati alla fune!
Mieteremo in abbondanza. Poeti!
Fuori dal coro
Dentro la terra
Nelle viscere più oscure della
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Fiori e petali!
ma dove? qui! a fucilare!
rabbocchi
combustibile di cattiva mano -
[perché - domando allo straniero
che di noi nulla... -
all'acero rosso
che di anno in anno s'alza,
ingenuo e forte
- fortuna e sopravvivenza, la sua
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poteva vedere,
leggere i minuscoli gesti
di sua madre
l'ampia gonna volare
la seta macchiarsi d'erba
lumache,
con la punta del dito a coprire lo sguardo
metterle in salvo;
dove
il fischio dei treni dilegua
poteva pensare
come civetta
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un cane randagio s'imbuca alla porta
chiede di te
di te! e
mi lascia
il muso dal muso
randagia
in un buco
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Avete perso! Avete vinto dunque!
avete perso il Cigno -
nella casa del soldato
darà la buona notte - avrà la cruna d'oro
Avete perduto l'amore
- Neverland poetry -
Oh quale ignominia: ignobile paga
di fronte la chiesa
di paese
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la nostra casa?
un palazzo sdraiato, dice
scricchiolio di formaggio roso
uno squittio il mio topolino – e rido
tutte le disgrazie rido
strisciano fuori le larve del mio castello
gli amanuensi liberano le bestie –
ne ho trovato uno
nel cesto delle
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circoncide la mia tristezza
la tua poesia - così si scopre
e tu non sei niente e io non sono niente
da questo posto illuminato ti scrivo
e tu non sei niente e io non sono niente
poiché tu sola puoi
quel nugolo di serpi
tenere a
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Invia un messaggio privato a Angela Fragiacomo.
ride Brontolo e la rosa gialla
ride l'ampolla di gesso con l'acqua benedetta
il tempo s'avvede delle sue falle
e il tempo mi abbatte
Ha origine un mostro con lunghe antenne
dalla foglia che osservo
spingo una carriola di minuti, a ritroso
ne
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questa pace stenta
questo scritto ovvio
questa gerla di steli
questa romanziera d'erba
quest'anticamera umida
questo principio di lena
quest'Afrodite
così aggrappata alla vena
così certa del bello
così
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rompete, per decifrare un grumo di lettere
il salvadanaio dei minuti primi,
vero
datene conto al cielo non a me
- sto battendomi, per voi;
caldo
in questo angolo nascosto
- voglia al polpaccio - bambini che non vedo
ottimo caffè
il
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il mio destino è una pastiglia Valda
è l'angolo sinistro sotto il lavandino
è l'anno della capra
il mio destino fuori, balbetta, banalità
- poco raccomandabile il tipo, indossa ancora la camicia
autoimmune mi punta
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Zeus
Zeno, Perseo, il filo d'Arianna
mancano
ora scopro – sgomenta – che è straccia la mia carta
ora comprendo – sconfitta – che nasce dentro e muore così
quel non so “cosa”
e io sono terra
e germogli tratti;
decisioni
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riconosco la fame dal bene
riconosco la fame dal bisogno
riconosco la tigre e la siepe
opportuna
riconosco tutto
in questo scompiglio di musiche
non è principio il vero scoglio
proseguire piuttosto
un senso lungo il sentiero
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penombra
solo schegge alla finestra
solo una eco chiara a sorprendere il mio sonno
la tua sagoma contro
addosso
dentro
una sabbia sottile scorre
una notte dagli occhi d'oro
ti culla
regolare ti abita
inconscia
del tempo di una
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"prendimi" a rendere
zitte zitte le percussioni!
analgesiche elucubrazioni - mai una declinazione al dubbio
un'esigenza composta o che so, camomilla in fiore -
pretendono - neanche una madre - dalle nostre camicie
e tendi e stira
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"ardore agita le pie comari"
– mi segna la tua giovinezza
come ricordo smarrito –
una brocca nella stanza
lana e cardo nelle mani
trema l'acqua l'acqua trema
acqua dici acqua
– non ha esito, la forma schietta, balla ingoia
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Aprile
- nel bacino di una strada un canovaccio di frappe - dicerie
nulla di cui occuparci
nulla ovvero muse sprovviste di grazia o mie sorelle
- mi muoiono dentro, dentro dico come mosche essiccate -
perché benché simili mi
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cosa sarebbe
al verdetto - quel giorno tu muori -
e fuoco la conoscenza, importuna offendesse le mie libagioni
- se poi e ancora - a riprova un pegno
non maturo al beneficio,
piuttosto l'inutile puntiglio alla perdita, fosse condizione;
cosa
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piantando semi di papavero
perseverava a gridar "gloria" al passaggio dei carri
curava con orgoglio una cicoria un nome e un po' di fave
la fanfara decidua del tempo sul corpo di gentile civetta trovava oblio
e pur tuttavia
al
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ecco, pochezza d'uomo
farsi avanti
l'intralcio dei seni
nell'abbraccio che tanto ci tenta -
com'è che morte svela
quel che siamo quando vivi
ancora
privi d'intendimenti
abusiamo di noi?
il rammarico dei morti
mi logora
-
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la mia generazione gaudente saltella
generosa di cibernetici (autoregolazione
comunicazione) - infiorescenze da estirpare -
la mia generazione folleggia
- occhio buono a poppa, a prua linguale -
mal governo
nulla può alle
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655 poesie trovate. In questa pagina dal n° 31 al n° 60.
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