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«Ho appreso giorni fa che l'Amaryllis/Chiarina alla quale ho dedicato questa mia poesia "follemente barocca" è venuta a mancare un mese fa. Donna forte, la cui storia continua a commuovermi. Nata in Italia, a diciott’anni tornò nel suo paese d’origine con la propria famiglia. Fu però ripudiata perché incinta d’un italiano. Da sola, tornò quindi in Italia. Partorì un bambino che poi morì. Non l’ho mai conosciuta di persona, ma le devo molto. Come scrive Montale: «Mi chiedo spesso […] quali esseri viventi o defunti io potrei rivedere fulmineamente e involontariamente se fossi posto (facciamo gli scongiuri) davanti a un plotone d’esecuzione o se mi trovassi in procinto di affogare, senza possibilità di scampo in vista. Uomini o bestie favorite? Uomini – o donne – che mi furono cari o piuttosto gente di passaggio, individui appena sfiorati, che non sospettarono mai di aver preso tanto posto nella mia coscienza?». Credo che Chiarina sia stata la mia “bestia favorita”, e mi piacerebbe omaggiarla riproponendo questa poesia.» |
Inserita il 17/09/2012 |
Nel chiostro superbo si scorge,
tra melograni di bromo,
un cimitero, e gemendo un'avara
fontana affida i suoi annali
all'effimera brina...
Ivi riposa
l'infanzia, o Chiarina (quando
per celia ti chiamavo Amaryllis
ed il timido sorriso d'una crisalide
molceva i tuoi petali di lino)...
Amaryllis, ospitelieve,
appiè d'adusti sepolcri,
d'auree piume la sua fronte
or adorna (ed impallidisce
puranco l'informe cinabro,
tant'irraggia ardor e beltà).
O cembali, crotali algenti,
tacete: ai lidi piceni
c'invita Amaryllis, al rorido,
umile mirto!
Divina, son ebbro del tuo canto.
Or ch'adagio declina l'estate
(clangore d'altre buccine già scuote
e divelle i foschi cipressi), stanca
ripara l'esule hirundo
nella quiete africana.
Odi, Epher? Dolce, riemerge
dalla marea l'aligera amadriade,
el Grillo bon cantore, il glorioso lare.
Ma i palmizi, fanciulli bizzosi
di miele e d'assenzio,
negano l'ombra d'ogni conforto.
Straniera, gocce d'icore smerigliano l'alba –
tiepido l'Austro discende, ridesta
l'accento leggero d'una
pavana.
S'inturgidisca,
riottosa, la vela! Orsù, quest'onde, altr'onde
solcate, lungi dall'edace, niveo
dolor!
Inane infuria la tormenta
e riecheggiano le selve
del greco Aquilone – fremono
i giunchi ed i nudi sambuchi,
e candidi svettano i colli...
Ma, là, dov'erompono folgori,
or giace la Vita, spumeggia
il mare irrequieto – distilla
la livida terra porfido,
lagrime e disinganno.
Dall'urne bruisce l'arena.
«Soffro, pur vivo, astri crudeli,
voi che dall'alto, indifferenti,
sordi al mio martirio, fulgete!»:
ritorna dagl'orti la leggiadra Amaryllis,
lieta di nuove primavere:
reca un'anfora ricolma d'alloro
e di perle...
Chiarina, spente note d'un valzer –
e l'amore d'un Icaro caduto
sfiorarono il tuo sguardo – i trent'anni
che schiudono l'indifferenza,
o musa berbera, e sanno
d'addii amari...
Sgravata d'un feto degente,
che sugge bile dal tuo seno
di cocciniglia, tra lisi manuali
d'ottica gaulliana, inorridisci, o Chiarina.
(E i nembi orlano d'una trina
di gelo la torre degl'Ercolani)... | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Nota:
"el Grillo bon cantore": citazione dalla frottola "El grillo è bon cantore" di Josquin d'Ascanio.» |
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