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E' nei viottoli sdolcinati
che ho consumato le mie scarpe
per salire sui colli, a volte, colorati
di agonie e lacrime estive
soltanto per vederti
tra i giunchi ombrosi.
Pietre rotolanti,
per sentirne il rumore di fondo
e per rompere i silenzi
di un cuore che viaggia
nei frammenti di lampi profondi.
E tu eri là,
a raccogliere il sole
al suo lento inchino
con le mani protese
come quelle di un bambino
per abbracciarmi
e dimenticare il dolore
di un gioco strano.
Eri lì a giocare con i nomi,
a scrivere come sempre
sul tuo quaderno bianco
mentre il vento accarezzava
il mormorio dei mezzi suoni.
E quando la sera
calava dolcemente sul mare
raccoglievi il tuo cuore
nei riflessi d'argento
ormai vinta.
E' in quella scalinata
di pietra bianca
bruciata dal tempo
che ho lasciato le preghiere
come solo un uomo sa fare
quando incontra il mistero.
E mentre il pendio
mi avvicinava e tu sognavi,
sentivo il cuore che batteva
mentre facevo finta di sentire
la risacca nel suo lento mormorio.
Vorrei vederti ancora
mentre mi saluti
e metti a posto la mia giacca
nei frammenti di dolci mattini.
Quando mi mettevi in mano un panino
ed io correvo a giornata nei campi
e s'alzava il profumo di viole.
Vorrei vederti ancora
mentre leggi poesie
e con la scusa di essere sola
asciughi gli occhi
e nascondi il pianto.
C'è l'inverno che assomiglia
alla notte dei tuoi consigli,
c'è il profumo che consola
in quei fiori preferiti
dove spesso cambia il vento.
Guardo il fondo
nella luce di un richiamo
nei bagliori colorati,
e ti accompagno con un bacio
nell'odore di salgemma.
Mi aspetti come sempre
a braccia aperte,
mi aspetti nel tuo riposo
dolce mamma! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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