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Caro umile e modesto bastoncello di cera,
spesso associato ad un bimbo in preghiera,
hai costituito il miglior mezzo di illuminazione
fintanto che il petrolio ha fatto la sua apparizione.
Ti ha poi sostituita la lampada ad incandescenza,
frutto del progresso della scienza:
dov’é l’alone di fantasia che tu sapevi donare
e che ora è possibile solo rammentare?
Dove sono i giochi che il tuo flusso luminoso
gettava sulle cose in modo quasi disdegnoso?
Riuscivi ad alterare i rilievi e le forme,
facendo immaginare un contorno deforme;
il tuo tremolio produceva effetti
che potevano apparire difetti.
Hai accompagnato, tra amarezze e speranza,
con la consueta tua tolleranza,
la vita quotidiana ed i suoi sentimenti,
fossero essi fuggevoli o seducenti.
Oh, mia cara candela, quante promesse galanti
hai favorito nei colloqui tra amanti!
Quante volte la tua soffusa luce tremula
ha aiutato a trovare la giusta formula!
Col timido pudore della tua anima,
facendo scivolare qualche calda lagrima,
continuavi a bruciare imperterrita
mentre tutto intorno a te era vita.
Sei stata imparziale spettatrice dei vari sentimenti:
dilemmi, battibecchi, equivoci e dialoghi taglienti
alternati da sospiri e baci, apparsi come fatalità,
nell’appassionato clima della umana felicità.
Ti chiamavan “moccolo”, con aria motteggiante,
perché la tua era spesso situazione imbarazzante.
La tua fiammella è stata consolatrice compagnia
nelle lunghe notti di malinconia
portando sollievo, nella solitudine delle speranze,
a chi era facile preda di esterne circostanze.
Come per tutte le cose umane, la transitorietà,
dimostrata con tenerezza, era una tua proprietà:
ti consumavi senza un lamento,
ma fornivi la misura del tempo senza tradimento.
Solo chi non ti conosceva veramente,
e ti sorreggeva con mano titubante,
di una timida colata di cera avea timore,
non considerandola una tua lagrima di dolore.
L’umiltà era la tua debolezza,
quasi fosse una carezza.
Da un semplice alito ti lasciavi spegnere,
confermando la docilità del tuo carattere.
Con fierezza, e dopo qualche ondeggiamento,
cedevi solo alla prepotenza di un soffio del vento.
Se nella sua casa l’uomo ti ha rinnegato
e con la lampadina ti ha rimpiazzato,
scorda l’ingratitudine e a te chiede aiuto
quando teme un amoroso rifiuto.
Con riguardo, allor, ti pone al centro della tavola
sognando il buon esito della sua favola.
Ma c’è anche Colui che mai tradisce
e col tuo tremolio l’altare addolcisce;
se non per direttamente illuminare
la tua presenza altro significato vuol rappresentare.
Nei riti pasquali poi ti scopri indispensabile:
assumendo aspetto austero, sei insostituibile;
afferrata da quella atmosfera di festa
la tua felice presenza è manifesta.
Oh, cara candela, dopo aver conosciuto il successo,
anche tu hai dovuto inchinarti al progresso.
Malgrado il favore che godi presso il buon Dio,
fili e lampadine ti han cosparsa di oblìo,
e, come polvere accumulata,
ti sei sentita dimenticata.
Ma non ti sei smarrita; sopravvivere hai cercato
con altre sembianze, assumendo tono più spigliato.
Ti sei messa l’abito da festa, ti sei profumata,
ti sei fatta più civettuola, con colori mimetizzata.
Hai voluto far rivivere l’antica tua magia
ricorrendo all’ironia e cambiando fisionomia. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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