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Cenere nel sangue...
acidi che formano ulcere...
non più fuoco, ma polvere nell’intestino...
una recisione netta
per perdere
il fumo
che intasa i polmoni...
io non mi riparerò da questa notturna nebbia...
Sembra che da tempo non passi nessuno
dalla silenziosa stazione,
invischiata,
fra le rotaie,
da mille addii
non accettati...
Penso di essere ancora disteso su
queste fredde mattonelle
e di avere ancora frastornata
la testa,
penso ch’io stia pulsando ancora con gli ultimi respiri...
e di avere dell’altro sangue da gettare... mentre gli occhi sono nelle fiamme...
gli occhi sono arsi dalle fiamme, sono scivolati fra le fiamme...
e in realtà resto ancora con le labbra spaccate dal gelo...
e la confusione mi fa perdere spesso l’equilibrio...
in realtà vedo tracce di fronte a me...
la mia testa, piegata su un lato,
irremovibile dalle sue superstizioni,
il mio corpo abbattuto... ed era una fitta foresta...
calpestio innanzi a me...
Stiamo correndo troppo per non voler vedere le nostre sofferenze...
stiamo gocciolando come scintille nel cielo... stiamo gocciolando da questa terra capovolta...
scontrandoci nella nebbia, dettati da un unico senso...
Su incerti piedi, gli irregolari suoni si muovono,
crepitano le parole ed i lamenti,
sono bruciori i ricordi...
antropomorfica reazione della natura...
E il sangue, quello è diventato lago per i miei occhi, lago per le mie vibrazioni, lago per lingue gettate miste all’impazienza... lago che riempie le tracce e ricopre gli aromi...
mentre i brividi avanzano incalzanti su per le ali, si accavallano e adesso spingono più in là i limiti della materia... ed è qui che le labbra si lacerano ulteriormente,
e sono fenditure fra queste montagne... fenditure di sangue, squarci nel palato,
netti,
profondi,
la lingua ne succhierà le perdite stalattitiche...
e le labbra, si esse... meduse che si muovono
sugli scogli che assaporano
il loro veleno,
le labbra, si, loro,
tremano come orecchie che ascoltano il rumore più doloroso...
la mia bocca è solo sangue e saliva e lacrime... e c’è spazio per inconfondibili disattenzioni...
e le mani... quelle sono separate dal corpo, quelle sono impazzite... vorrebbero arrivare laddove la mente può,
ed è nell’invidia che le mani si gettano, nell’accidia...
o più semplicemente nel suicidio...
ed è lì che sentiranno di aver vinto,
ignorando che adesso il corpo a cui appartenevano le cercherà disperatamente... è grazie ad esse che egli si muoveva... e loro lo sapranno mai? hanno rinunciato a rialzarsi... sapranno mai l’importanza che ricoprivano?
toccheranno mai
quel che io adesso sto vedendo,
cogliendo trasparenti fatalità
che si celano dietro
una cornice completa come è la vita...?
forse quelle che metterò ben presto saranno mani più grandi... ali di approvazione e di ultraterrena umiltà...
forse sarò già aldilà di ogni possibile alternativa di scelta... quando metterò le ali, quando le mie mani saranno ombra sui tetti...
Legato a questi binari, il ferro non mi spaventa...
ed io, strisciante sulla ghiaia,
trascinato lungo le rotaie,
non conosco più la rabbia,
lascio solo le mie unghiate,
sintomi di non appartenenza al presente,
sintomi di legami che non hanno visto un sensato capolinea...
sintomi di uno strappo palesemente feroce...
Sangue sulla cenere,
cenere che era carbone,
carbone... pelle degli alberi,
alberi che erano foreste, fitte foreste...
ulcere che aprono varchi agli acidi,
acidi che ho ingerito...
esistono varie prospettive...
resterò agendo...
resterò mosaico del cielo,
io adesso non atterro più... | |
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Peppo |
13/06/2008 23:08| 752 |
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