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Sedea ai miei studi assai
intento, odendo il canto d'un
ugellin che con amor i' curo;
allegra l'aria d'intorno, il suo
cantar facea, e così al viver
suo pensai.
Tra me dicea:"Beato ei
al par di tutta prole di Natura,
beve, e nutresi, e pensier alcuno
non lo preme, se non di cantar,
e il tempo così ingannar suole. "
Sovente allor, quasi suo stato
invidiava, d'ogni pena e
peso schivo.
Nel tempo che ciò in mio
capo fluiva,
un parlar quasi omano
parvemi sentir, i lumi
volti allor al loco da dove tal
romor veniva, veder mi fecero
l'ugellin in atto di discorrer pronto.
Incredulo, ascolto posi
al suo parlar, di sospiri colmo:
"Oh uomo caro, che
di me cura hai,
sovente mio e dei miei simili
stato invidi, in grave
error così cadi.
Vero ècome tu dici che
del viver nostro carco
vi fate, e che di pensier
privi noi altri vivamo,
ma più a fondo il nostro
stato mira,
guarda tali barre che
noi privano, di viaggiar
nel ciel sereno, come gli
altri alati fanno;
per tenervi in allegria
togliete a noi il dono di Natura,
non possiam così l'aria pura
prender, rinchiusi tra queste
quattro mura.
Ecco, quanto voi mal
atto commettete come pena
la prigion avete, ma noi
a niuno cagioniam male, eppure
la liberta', con far crudele,
ci togliete. "
Questo dettomi, d'intorno
calo' il silenzio, si
bagnaro i miei lumi di pianto,
e con far lento le barre aprii,
l'augellin chinato il capo
ver me, in atto di grazie,
le ali mosse, e nel ciel,
gaio si confuse tra
i suoi pari colorati. | |
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Pagine: 50 - Anno: 2009
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