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Il tempo muove, l’attimo che vien è già torpore,
nel ruotare della giostra sfuma ‘gni figura,
che nel passare quella d’appresso, vedi colore
ch’in acquarello emerge mossa tintura.
Baleni andati, ma consumati con ardore,
variopinte tele d’autore fissate di prospetto,
ch’ad ogni passo riguardo con fervore,
sembianze di colei che scalda il petto.
T’amo l’hai detto ed il cuor mio esulta,
perché sapendo ciò ch’è tuo pensiero,
nell’enunciar parola frena e sussulta,
che quanto espresso è solo dir sincero.
Cosa puoi dir nel tender della mano,
ch’il palmo poggia a fronte della mia,
sentir la pelle è l’attributo umano
che nel legame cancella l’utopia.
Quante giornate andate e mai egual vissute,
passi di vita ch’unisce al vero amore,
un silenzioso patto di leggi non volute,
per seguitare insieme in gioia e nel dolore.
Memoria viene del tempo in somme vette,
ad obliare quel mal che dentro t’oscurava,
fugare al vento ogni pensier latente
e ribellar la mente a ciò che ti portava.
Splendidi quei pochi dì di spensierata ebrezza,
di gioia pascolata tra sentieri e sassi,
il sole sul tuo viso leniva ogni tristezza
addentro la natura, nell’avanzar dei passi.
Ti si colmava il cuore di fervido stupore,
nell’osservare quel ch’in vetta è la natura,
colmi respiri d’essenze alpine assaporare
e innanzi a te, la maestosità d’altura.
Desta è la mente e nell’oblìo porta i timori,
pare che, per bizzarrìa dell’alta quota,
o del contesto, che fungon d’inibitori,
ogni pensier funesto và nella mota.
Come sipario ch’in scena detta la fine,
quel che gioia sin d’ora ha offuscato,
cagiona lacrime, che svelan le tue pene
di quanto ci riserva, quel ch’è segnato.
Di quell’estate, la reminiscenza vien marcata
con trepidazione, di ciò ch’avvenir sarebbe stato,
se nel rimuover codesto male fossi aggravata,
avrebbi detto, chi nel maledir avrei cercato.
Non solo negativo, quantunque rilevante,
il ricordo di quei momenti è stretto al cuore,
malgrado fosse per te dolor sfibrante,
mai meno venuto fu, il difettar d’amore.
Al cantar della novella, due anni son passati,
ma ancor recente il ritorno alla memoria,
di quanto fummo per tratti appassionati,
nell’esordir per noi in codesta storia.
Per quanto può mostrare a chi ne legga il tratto,
mai si potrà, seppur con sentimento espresso,
che la parola scritta venga associata all’atto,
nel definir l’amor ch’a lei, mi vien concesso. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«E’ l’ultima parte di un poemetto composto da 89 quartine, che racconta dal primo nostro incontro, ai due anni trascorsi appresso, quel che sono stati i momenti fondamentali, conoscere la sua famiglia, i problemi, i dubbi e cosa più importante i nostri figli.
In questa porzione, è descritta una piccola vacanza estiva sulle dolomiti e lei, sofferente per un male diagnosticato pochi giorni prima, cerca di evadere dai pensieri latenti.» |
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