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Ancor tristezza a tormentar ritorni,
maledetta scompari e lascia che io viva.
Parassita insaziabile mi laceri le carni,
mi sottrai della vita entusiasmo e disio.
Maledetta, lasciami, nella tua nera voragine
trascinata esser non voglio e costretta ancora.
Lasciami ti dico, malefica padrona, che quale Arpia,
sadica rispunti a tormentar le albe mie speranzose.
Lasciami, io voglio vivere, arsura ho di riso e gioia,
la tua vampira ombra sui miei passi caparbi più non sopporto.
Lasciami ti dico e ti comando; sempre fiera
lottatrice fui ed ancor non mi hai annichilita.
Nel tuo oscuro antro captiva non ritorno,
Ove inesorabil incubi compaion, vecchi e nuovi fardelli,
giganti ivi resi, che le membra sempre cercan di schiacciare;
Ove anche il respiro par dura fatica,
Ove il dolor assoluto diventa ed inconsolabile,
Ove ogni anelito di vita si dissolve.
Maledetta, della mia vita hai fatto il tuo trastullo.
Quale bestemmia a me incollata
ogni sentiero hai reso dura salita.
Agli insulsi commenti mi hai esposta
degli ignari di te cui è comodo sentenziar sul dolor altrui,
dei superficiali, che io odio ed invidio,
che si sollazzan a spinger il coltello nella piaga
esigendo improbabil e gratuita allegria,
dei frigidi nel cuore a cui auguro urlando e nella furia
ugual tormento, che conoscenza possa diventare.
Ogni residua forza, ogni entusiasmo metterò
in campo, non puoi fagocitarmi.
Eppure so che ancora tornerai, ancora ed ancora,
mio eterno strazio, mia infinita lotta.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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