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| Mì, anco a 'sto giro ho trovato un bischero:
noe, un'nera de le mi' parti, era uno de Pistoja
ma tante, tutto'l mondo è paese
quande se parla d'omini.
E inzomma sto bistullone
me diciva sempre che me vuliva bene
e che me vuliva porta' a letto
anche se lui già c'aiva n'antra e
du' binzelloni de figlioli.
I mia me dicevano sempre ”sta attenta la mi' cittina
che te s'è 'na boccalona, vacce piano”.
Ma io niente, io c'ho la chiorba dura
peggio de' le pigne verdi se me ce mitto,
e allora avviai a facce l'amore.
Era ganzo, ce se vediva poco
ma se trombava sempre come du' ricci,
ogni tanto me regalava qualche gingillino,
me purtava al cinnema e
s'andava a mangià la nana per pranzo,
e pù la sera artonnava a casa sua
con'l su sgangherato muturicchio,
che se mangiava anco lo sfalto
da quante curriva.
Na' volta che ce se'n cuntrò però
successe 'nantro quarantotto...
a l'ora de venivvia da casa mia
rimase a piedi col su catorcio
che gni fece cilecca per mettesse 'n moto.
Parino... telefanò a uno de' la su' ghenga
per fasse venì a pigliare,
ma 'sto gingillone de l'amico pensò bene
de' portasse dietro anco la moglie de lù
così, tanto per provacce... 'n vè dico come se guardonno
'sti tre quande s'arconobbero... e pu' guardaron me...
e giù botte da orbi... oh dio dio, quante ce se ne dette
(cheppù... la moglie unnaiva mica tutti i torti...
becca e bastonata, il su' marito se la facia co n'antra
e il su' miglior amico gni vulia da' un'untatina...)
e mentre 'n paese veniveno tutti a vedè 'sta picchiantana
al mi' nonno gli prese un concolone,
la mi' nonna se struzzoè co la midolla del pene,
e i mia... i mia parini me l'aivan detto...
e quande me vennero a trovare a l'ospedale
me l'arpeterono tutto'l giorno:
vacche e buoi ognun de' i paesi suoi. |
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«Oggi mi voglio cimentare nella buona e vecchia poesia toscana, ho cercato di riproporre il più fedelmente possibile il gergo della campagna aretina... spero almeno faccia sorridere ” quantè m'ha fatto sbillicare a me per scrivella... ”» |
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