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Tutto é arbitrario e labile:
sono punti di vista il bene e il male
dai confini invisibili
e afferrare é terribile
che la pietra angolare é proprio il dubbio.
Comprendere la vita
toglierle quell’alone di mistero
che mi dava entusiasmo
nell’imboccare gli oscuri percorsi
sconcerta, é calcio in faccia che sconvolge
e alimenta incertezze.
Furono quelli più folli e gli inutili
a darmi dell’inutile e del matto
e poi ladri di amore
hanno additato la mia sventatezza.
Gli idioti hanno ghignato
perché ho confuso i demoni con gli angeli
e spalancato il cuore
a cuculi e formiche e ragni e gazze.
Mi hanno accusato d’insano egoismo
d’aver donato per colmare forre
e mi pesa la colpa:
in altrui zaini ho posato zavorra.
Ma non voglio morire avvolto da tenebre
tiro fuori l’orgoglio, l’amor proprio
la dignità perduta
quando sento d’aver toccato il fondo.
Ho dato intensamente ma non basta.
Esiste però un limite a ogni cosa
e se ricevo schiaffi
porgere l’altra guancia o rimanere
inerme non mi giova:
se i rovi m’invadono o mi strozzano
se la serpe o la iena prova a mordermi
o qualsiasi altro essere
non ci rinuncio a lottare, a combattere
senza riserve e risparmio di forze
restando nella sfera
della decenza, della umanità
che mi caratterizza e mi distingue.
É la parola l’arma,
non é il silenzio ma l’urlo feroce
l’espressione di idee
e la spada caparbia d’alti passi.
Mi riprendo la vita
la cara e maledetta solitudine
con qualche ruga in più
e d’ombre colmi l’anima e i miei occhi. |
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