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E’ come vivere isolati in un ripostiglio,
dimenticati in fondo a un canale melmoso,
in cui affonda il respiro forzato.
Li chiamano gli ultimi,
quelli che impestano l’aria,
fonte di contagio:
mangiano quando capita,
si nutrono di scarafaggi e insetti vari,
mentre serpenti in agguato
stringono nella morsa del veleno.
Le strade vomitano sporche di stracci e pezze
consumate dal fango dei giorni,
ritagli di cartone.
A volte, si contendono un pezzo di pane
il cane e il cialtrone, messo al bando
in pubblica piazza.
Svestito di carezze,
solo il povero divide il suo mantello,
rigato dal tempo in scie di rimpianti.
Dentro la voragine della fame,
nulla ha più senso,
perseguitato dalla sua stessa ombra,
parla con se stesso e impreca al Dio Creatore
di averlo costretto al mondo infame.
Nulla ha più senso,
vivendo in un recondito buco di avidità.
Nulla restituisce il valore del passato bruciato
nelle fiamme del dolore,
per passatempo,
per errore,
per la falsa perdizione.
A che vale l’ignominia versata addosso
come una pentola bollente
sopra un corpo disfatto,
già ridotto in cenere?
I deboli giacciono nelle bare di legno,
in fosse senza nome,
ove nessuno si reca,
o vi porta un fiore.
A volte si nasce per sbaglio,
o è la vita che t’implora con la sua forza,
dona il riscatto
pel sacrificio delle ossa rotte?
Il più grande uomo
non sa di essere piccolo,
fra tanti il più misero. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Daniela, complimenti! (Marinella Fois)
una buona convivenza comune fra simili (Francesco Rossi)
sarebbe il nostro desiderio credo. (Francesco Rossi)
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