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Canto di quella donna, la pulzella
vergine, santa e indomita guerriera;
senza pietà i nemici suoi flagella,
vince una guerra persa; bella e fiera,
terminerà i suoi giorni in una cella
che lascerà per ardere qual cera;
o forse no; ché in ciò che si tramanda
senza risposta è più di una domanda.
"Signora, in piedi innanzi a questa Corte.
Macchiata di magia ed empietà,
la vostra paga può essere la morte
per quelle azioni colme di viltà.
Fidate in Dio; e sia la vostra sorte
nelle Sue mani, e della verità;
del Dio di cui noi siamo simulacro:
giurate orsù su questo Libro sacro.
Chi giudica pretende ogni rispetto!
E il vostro abbigliamento è un’eresia;
che donna vesta da uomo è tanto abietto,
che è sufficiente prova di magia!
Vestite dunque in modo che al cospetto
della Divinità e nostro sia
ben chiara volontà e conoscenza
dei vostri errori, e di resipiscenza!"
" Signori, nacqui umile, scusate;
se offendo, giuro che è senza intenzione;
la Francia era perduta; ed abbuiate
tutte le brame di resurrezione;
le truppe né le forze dispiegate
da Carlo sesto, re della Nazione
potevano arrestare la disfatta.
Da quelle voci allora venni attratta.
Avevo poco più che tredici anni,
in fondo solamente una bambina
e mi si palesarono nei panni
di San Michele e Santa Caterina.
La guerra aveva fatto tanti danni;
il regno che versava già in rovina;
La decisione fu sofferta e dura:
tolsi le vesti e misi l’armatura.
Recatami al cospetto di quel Carlo
che per l’inettitudine svendette
il sacro suolo, piansi per strapparlo
all’immobilità, ma non cedette,
convinto che cercassi di beffarlo!
Oh folle! E sordo alle parole schiette,
lui mise in dubbio la verginità;
fugato questo, nega la realtà:
che mi voleva a capo del francese
schieramento Dio Padre onnipotente.
Di fronte all’evidenza, non si arrese;
Fu il suo delfino, Carlo, consenziente;
e a lui io mi prostrai e a braccia tese
sapendolo comunque diffidente,
"pur donna", dissi, "guiderò la guerra
che ci libererà dall’Inghilterra."
Fui posta innanzi ad una grande armata,
su un candido cavallo. E la purezza
mi rendeva dal popolo ammirata.
Marciammo su Orléans, città e fortezza
che resisteva stanca e inespugnata,
portando speme e gioia e quella brezza
di libertà che corse per la Francia:
per volontà di Dio e della lancia.
E così fu. E Carlo incoronato
a Reims capo del gallico reame;
appena il regno fu riunificato
fui vittima incolpevole di trame
dei Borgognoni. E senza alcun reato
venduta a voi, Inglesi, e a quelle brame
di ferina vendetta, e soffro il giogo;
e per la vostra mano andrò al rogo". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«poemetto in ottave toscane» |
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