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Ah, il tuo riso per primo ricordo, donna,
caldo che scoppiava e di brio contagioso,
i tuoi motti di spirito, di allegria armata,
come quercia possente affrontavi la vita.
Complici eravamo, si proprio due complici,
da suscitar gelosia a volte nei tuoi figli.
Qualcuno disse che in simbiosi eravamo,
che il destino a simil sorte esposto ci avea.
Simil sorte, bimbe, di amore defraudate,
ma natura ti fece tal da non scoraggiarti mai.
Io ti ammiravo, donna, per me eri leonessa,
mai mostravi di scendere negli antri del pianto.
Di attenzioni eri piena che io non conoscevo,
me spartana e muta, intuivi ciò che mai volli dire.
A volte espanderti volevi, é vero, sulle altrui vite,
ma le nostre scelte cardinali non mutammo.
Tristo destino in ingiuste sofferenze ti tagliò la vita
e ci privò tutti di poter ancor di te godere, madre.
Madre si, madre che mai riuscii a chiamare,
nel calore a me sconosciuto madre e compagna.
Il tuo avello diserto, lo confesso, e non mi dolgo,
che mortali spoglie nulla son, anche se omaggiate.
Contano i solchi che si son saputi tracciare,
negli animi di chi abbiamo incontrato nella vita.
E caro mi è immaginare che in un loco sei ove ancora
sui tuoi giardini sorrisi spandi, del mio sposo madre. | |
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