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Nel nascere distratto e sonnolento
di acerbe mattine mi ravviso.
Facoltà di decidere non ho d’un sospirato oziare
né di capovolgere le sorti dei miei giorni.
Obblighi a dismisura e ardui compiti.
Eseguo ordini ad iniziar dalla vita
che facile a me si nega se cedo all’ oscuro
richiamo e alle tempeste che fischiano
nell’anima, come attraverso i vetri
o le persiane rotte alle finestre.
Sparuto un passero sul ramo m’assomiglia
confonde nel cuor suo le stagioni
e spera in briciole sepolte sotto la coltre soffice
o seminate sopra un davanzale...
anche a maggio! Impietoso il vento sferza
ed una pioggia battente suona le grondaie
e si riversa a scrosci sull’asfalto.
Il bavero alzato non è d’imbarazzo
né può crear disagio. Precipita a sera
la temperatura in minime d’invernal rigore.
Dell’infanzia e d’un’altra primavera non restano
che i quadri alle pareti a dipingere i mesi
ed ataviche usanze ora svanite.
E rimembranze del rito magico del mese delle rose
puntuale ad iniziar le danze d’un lungo dì festivo.
Ora invece il sereno ha la durata breve del sonno
del meriggio. Prima è nebbia fitta che lenta
si dissolve, poi è bruma che torbida si posa. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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