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La sera or spande urla e ombre su’ i vecchi cipressi; e i lontani
mirti seccano, fiori de’ le orbe ghirlande de’ sacri
bardi. Oh, le tremule arpe! che fendono i nugoli, e il negro
sogghigno dell’àer! Oh, il cupo lamento del Druido!
Oh voi, sì concitati carmi di disperata
profonda doglia!
Gemete sulle tombe de’ tristi insepolti, sul Fato,
dite i lamenti oscuri di lupi selvaggi di bosco...
e, forse, ne infondete la Gioia dell’Autunno che immerge
in questa vostra sera simposi di mosto gaudente,
di spumeggiante vino che la stagion di suo
vigor illude.
Ma, intorno, le rose si giaccono pallide a’ boccioli
delle brine primiere che l’alba conforta; onde è vano
pensar di raccoglierle, e darle alle effigi sacrate
della Madonna, o a’ mani d’amata fanciulla profana,
o mischiarle nell’onda del calice, a conforto
di tanta pena.
Ma i bardi non si placano che cantano truci pensieri,
e fan vaticinate terribili prossime brume...
Ma i bardi continuano a mescere queste crudeli
profetiche parole, a urlar, chiamar queste nebbie.
Oh! se queste avvolgessero i lassi sepolcri silenti,
le lapidi bianche del glauco sembiante spettrale!
Oh! se il mare errabondo dell’ossa splendesse nel vacuo
del loro sguardo!
Oh! se fosse codesto diggià l’invocato riposo
della Natura spoglia nell’attimo in cui dànzan le ultime
fiamme del Sole! Oh se arse doglianze di Vita scendessero
così presto nel ventre cullato da’ anonimi vermi!
No! andate via, oh bardi! di tal Morte non siate
i seduttori!
E io vi saluto mie ombre, oh amiche dell’ultimo Sole,
d’un Sogno raccolto nel giovine manto d’un fiore...
di vostra fanciulla ridente che danza di fronte
a’ miei occhi sofferenti nel folle silenzio d’un tuono
d’Estate defunta! d’un muto singulto di pietra,
nel cuore! Udite
davver questo saluto... udite! e salvatemi, oh amiche!
Ho paura del Tempo che è giunto vicino a gridare...
a urlare che vergine d’Amore m’avrà questa terra,
che un giorno morrò vecchio, mesto e solitario... esiliato
dalla Gioia, ma nel pianto disceso nel regno funereo...
che è giunto furioso... a urlare che è giunto fremente
il Tempo che annunzia: l’orrendo riposo de’ Morti; e
l’altro Tramonto! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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