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Oh tu, re delle foglie di montagna,
che per le cime sorgi care a Vìshnu
e da Kàli, la Furia, tempestate
con i tuoni furiosi d’una guerra
celeste... oh tu, sì somma ombra di rami
ove l’allegra Baiadera ne attende
Shìva dal volto stupendo... oh mio caro
compare, con la tua linfa secreta
che bevèndola i nervi e il cuòr fremente
di possanza mi invadi... oh Dio dell’India!
qual amarezza sarebbe la Vita
se tu non esistessi in queste vie
terrene, per cui l’Anime errabonde
s’affànnano e si ripòsano, urlando
le sacre preci e profane bestemmie
a quel Dio che tu chiami il saggio Bràhman
e che ora ti condanna, qui facèndoti
bèvere, a reincarnàrti in me, e ne’ miei
Sogni... a discòrrere a questa mia schiatta
con le mie labbra... a dirle, "Oh! se sei stolta!"...
e a sogghignare con i miei versi ardenti
sulla gioia e sul dolore d’una stirpe
malvagia che desìdera rinàscere
verme... Oh tu, amico mio, che i veli togli
a Màya, la bella Dea d’inganni e noia...
e che di Primavera, sotto il guardo
d’una bionda Inglesina, vai a raccògliere -
a te intorno - le nenie melancòniche
delle scure matrone indiane, e i loro
sì leggendari canti, e l’altre fole
de’ i vecchietti sdentati e a’ piedi scalzi...
tu, che pe’ il vento primaverìl t’ergi
il sapòr de’ il moscatello a prèndere,
e che d’Autunno sottrai a noci e màndorle
e al garòfano il gusto... oh caro re
dell’Himalàya, che accompagni il mònaco
meditabondo dall’alba al Tramonto,
cosa sarebbe di me se tu non fossi?...
Infatti, è bello bèverti e riflèttere
seduto al tuo sembiante che si sfuma
in melliflui vapori, e qui, ghermìr
dal Cielo e Idee e Ispirazioni e Desìi...
e cògliere oltre i veli di tua Màya
una Vita più bella e più serena
che non è gioia e dolore. |
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