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Per sette volte ei fu, il Cigno; cantava
su’ una riva del lago, ed era Notte,
si rivolgeva a’ i fiori,
e l’Autunno era vicino... era svelto.
Ma di che mai ei cantava?
La foresta d’intorno lo sa, e dice:
- Lo udii cantàr d’Amore -.
Ma, alfine, ei tacque... inerme, e spirò. Muore.
E il Cigno ha come funebre alveo l’onda,
e il lume della Luna lo sorregge,
lo raggiungono tre petali di rosa:
or l’ala sanguina acqua, e il cuor dolore.
Oh dolce Cigno,
immèrgiti nell’eterno sepolcro
che il lago ti sta aprendo!
I tuoi fiori non t’ascoltano più;
muori per loro.
E voi... voi, fiorellìn della foresta,
al par di lui
dall’Autunno recisi, orsù! Dormite!
con i petali candidi che volano
nell’abbraccio del vento...
con i grembi sepolti
in tanto buio.
Ricercate almèn nel vostro riposo
un quieto Sogno all’eterno dormìr...
voi... voi, figli d’un Fato inesorabile
che non sente pietà!
Ma questa Quiete è beffarda, è menzogna,
fiori! dormite ma vièn la Tempesta.
Qui s’alza il vento, borioso s’infuria,
agita l’onde del lago, le rive...
folgori e tuoni, son gli ultimi, spera!
Le foglie càdon giù.
Urlano i monti la nenia dei corvi,
sono affamati di Morte, di vermi;
sèminan strazio pe’ tristi sentieri...
La Vita non v’è più.
Il cielo inghiotte la Luna che splende.
E tu... tu, valle, singhiozzi e ti frani;
il lago evapora ahi gli aliti arcani.
L’antica Quiete or fu.
Così dicèvan le rune, le pietre:
giumge l’incanto d’estremo Tramonto...
Oh fior, tremate! Più nulla qui v’è.
Ma un canto or si erge.
Un cacciatore dà fiato al suo corno;
e questi suoni suoi, oh come catturano
le vostre Anime, oh fiori!
Siete di nuovo in Vita?...
Sì, siete ancora in Vita;
anche se intorno la Natura culla
una valle, un lago dispersi nel Nulla.
Così avvièn che una vecchia quercia prende
con le sue fronde i segni degli artigli
de’ i picchi; essi hanno incisi i vostri nomi,
o fior, la Vita vostra...
Tremate: è giunta l’ora
di quel che v’è oltre la Morte e il respiro!...
E voi, oh fiori, che avete
visto morìr il Cigno che vi amava...
voi... che lo avete lasciato spiràr,
oh voi, ciechi d’Amore,
cosa direte
a questo vento che vi prende l’Anime?
Fu così immane il tuo canto, oh mio Cigno,
che ora comprendo quale fu il tuo Amore...
E or mi circonda,
m’opprime... Temo.
Salva tu questo fiore!
Dicono i fiori,
sùpplicano i meschini:
- Oh tu, Cigno, ricòrdati che al lago
d’Amor cantavi a noi!
Tante pene soffristi; eppur cantavi;
sette canti spendesti
pria di morìr.
Ricòrdati che dunque tanto amavi
i nostri petali ombrosi e silenti,
che col tuo canto ci volesti un dì
fare parlàr.
Ma sul tuo labbro un giorno non vi fu
più il tuo respìr -.
Il tuo canto si chiuse all’ululato
del lupo oscuro?
Tacque forse pe’ i ghiacci delle valli
rimaste senza Luna
e senza Sole?
Tacesti per la cerva colta adultera
dall’ombre della sera?
Smettesti di cantare per i corvi
rapinatori d’occhi?...
E ora i fiori recisi si gorghèggiano
trascinati dal vento
sull’alme onde del lago.
Sono colpevoli!
Stillano lagrime!...
E il Cigno ‘l prenderà:
- Venite a me! Voi rose rosse- fuoco,
anche se vi struggeste per sì tanta
e gran passione;
voi, viole, melanconiche e serene,
pur se la Notte
v’ha un po’ segnate con violacee tenebre;
margheritine candide e innocenti
che vi piegaste allo zampettàr empio
dei predatori;
voi, ciclamini, anche se silenziosi
vi macchiaste del sangue delle vittime;
venite a me, voi tutti,
fiori miei variopinti che - pur stando
in lagnanze per questo -
il vostro nettare un dì daste all’api.
Ma voi... fior incolori,
cosa volete?
Andàtevene! Annegate nel lago,
per voi non sento Amor! -.
Allora sarà un dì di pianto e strazio
per la foresta e per i fiori suoi:
alcuni poseranno là, oltre il vento...
altri non avràn che la nuda terra.
Sì, è tardi il piangere!
Ma non vi ricordate?...
Una volta una voce disse ai fiori:
- Sarete eterni! E questa è una promessa! -.
Offrite, oh fiori, le vostre preghiere,
schiudete i vostri profumi fulgenti;
quel giorno è dunque giunto.
Come un pezzo di pane che è scagliato
nel lago, qual ristoro d’altri cigni,
fiori! ora lo vedete?
Galleggia inerme, e rigido, e appassito,
e dai fondali i pesci svelti s’alzano
quasi a provàr mangiarlo, ma è pur vano.
E voi!... voi or lo volete assaporàr,
voi che avete compreso
questo suo folle Amor;
come fu la promessa
di quella voce.
Non è ancora sì tanto tardi, oh fiori,
il Cigno a santificàr!
Cigno, che al lago cantasti d’Amore,
cantòr sublime di dolci romanze,
tu... che pur conoscendolo ignorasti
il leggendario mònito a’ tua stirpe:
- Cigno che canta, al finìr, si tramonta -
abbi pietà,
e in tuo sepolcro accogli
il riposo supremo dei tuoi fiori!
Fia Notte; ma la Tempesta si placa,
il freddo vento si riscalda, e càlmasi,
e la montagna non frana più, è salda.
I petali variopinti dei fiori
al Cigno s’avvicinano sereni,
e nella Notte confòndonsi un po‘.
I nembi lìberano allòr la Luna;
ed ella col suo lume
quell’alveo funebre allùmina tosto.
Preludio all’alba,
la tomba è vuota.
Ha vinto Amor!
- Ha vinto Amore? -
il fiorellìn viandante allòr si chiede
mentre oltrepassa la foresta e va
alle rive del lago.
Da lontàn ei ne vièn a contemplàr
il cigno morto; ma più non lo scorge.
Dov’è? Fu Sogno?
L’Amor è dunque una chimera assente
che più si cerca, più non si ritrova?
è davvèr così lontano il suo cielo?
è impossibile stringersi al suo eterno
infinito sorriso?...
E intorno restano i dubbi e le doglie,
e incatenati sono i Sogni e i vespri.
Viandante, ascolta!
Non resta che codesto Desiderio,
eterna lotta a vivere e a morìr!
Oh caro Cigno,
un fiorellino qui vedi, son io!
Ho tanti Autunni ancora, e Primavere,
forse conòscer debbo ancòr l’Estate;
ma l’Inverno è d’intorno.
Ogni giorno che passa, ogni mio petalo
pèrder sua tinta rischia,
e il Tempo è inesorato.
In fin è come se ïèr son sorto,
ed è oggi che vivo,
dimani muoio...
fossero pur mill’anni è questo il vero:
Tutto è nel battito, o Cigno, di tue ale.
Ma quando sarà il giorno
lìberami dai vortici del lago
che inabissare pur Te sì tentò,
la Morte eterna.
E dàcci un bacio... un bacio, uno soltanto,
e scenda a noi il tuo Canto,
il tuo divino Amor.
Amen |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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